Al 29 aprile 2025 le persone detenute in regime 41-bis comma 2 o.p. erano 742, pari all’1,19% della popolazione penitenziaria complessiva. Il numero più elevato di persone sottoposte al regime speciale – ben 243, circa un terzo del totale – è collocato in istituti penitenziari del Provveditorato Lazio-Abruzzo e Molise. Seguono poi le regioni Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta con 115 persone in 41-bis, 109 in Toscana e Umbria, 100 in Lombardia, 93 in Sardegna, 63 in Emilia Romagna e Marche ed infine 18 nel Provveditorato del Triveneto. Un anno fa (al 4 aprile 2024) erano 16 in meno. Nel gennaio 2019, i detenuti in regime speciale erano 748; un numero molto alto che si mantiene, dunque, stabile nel tempo.
Vi è un un considerevole numero di persone soggette costantemente al regime dell’articolo 41-bis comma 2 o.p. da oltre 20 anni, a volte dall’inizio della detenzione.
La reiterazione del regime speciale è dovuta al fatto che i provvedimenti di rinnovo della misura di durata di 2 anni – successivi alla prima applicazione della durata di 4 anni – vengono approvati in maniera pressoché automatica. Il fondamento della misura probabilmente più afflittiva prevista dal nostro ordinamento dovrebbe essere strettamente legato alla comprovazione della permanenza dei legami tra il soggetto detenuto e l’organizzazione criminale. Tuttavia, come segnala il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute nel suo rapporto tematico del 2023, vi è un un considerevole numero di persone soggette costantemente al regime dell’articolo 41-bis comma 2 o.p. da oltre 20 anni, a volte dall’inizio della detenzione. Infatti, per il rinnovo automatico del regime speciale è sufficiente “l’assenza di ogni elemento in senso contrario” alla capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva.
Un ulteriore tema di preoccupazione sollevato dal Garante nazionale riguarda l’applicazione del regime speciale fino alla fine della detenzione in caso di pene temporanee. A causa delle misure di sicurezza estreme a cui il detenuto è sottoposto al fine di – almeno sul piano formale – spezzare qualsivoglia tipologia di contatto con la criminalità organizzata, la persona detenuta in 41-bis non ha alcuna occasione di rapporto con il mondo esterno. Risulta evidente, pertanto, che il rilascio direttamente da una condizione di separazione produce il risultato di riconsegnare alla vita libera persone cui non sono stati forniti i necessari strumenti che rendono concretamente possibile la reintegrazione.
Sul tema delle proroghe del regime 41-bis il 10 aprile 2025 si è pronunciata anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU nel caso Morabito c. Italia.
Sul tema delle proroghe del regime 41-bis il 10 aprile 2025 si è pronunciata anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU nel caso Morabito c. Italia. Il ricorrente è un signore novantenne condannato per associazione di tipo mafioso, arrestato nel 2004 dopo una lunga latitanza che si trova in carcere da 21 anni, tutti trascorsi in regime 41-bis. I giudici di Strasburgo hanno espresso dubbi su come una persona che soffre di un indiscusso declino cognitivo e a cui è stato addirittura diagnosticato il morbo di Alzheimer (e che è anche incapace di comprendere la propria condotta o di seguire un’udienza) possa allo stesso tempo avere una capacità sufficiente per mantenere o riprendere contatti significativi con un’organizzazione criminale. Né tali perplessità, né il rischio delle possibili conseguenze del regime di 41-bis sullo stato di salute di una persona già in condizioni precarie sarebbero stati affrontati e valutati seriamente, sottoponendo quindi il ricorrente, secondo la Corte Edu, ad un trattamento inumano e degradante.
Gli ultimi dati disponibili ci dicono che a fine febbraio 2023 le persone ristrette in aree riservate erano 35.
La sospensione delle ordinarie regole di trattamento giustificata dall’esigenza di bloccare i contatti tra la persona detenuta e la criminalità organizzata assume, nella materialità della detenzione, ulteriori risvolti paradossali. A ciascun detenuto in 41-bis viene assegnata una cella singola, nella quale trascorre circa 21 o 22 ore al giorno. Inoltre, ogni detenuto viene inserito in un gruppo di socialità composto da un totale di 4 detenuti, che saranno gli unici detenuti con cui potrà interagire – oltre agli agenti del GOM – all’interno delle cosiddette “sale della socialità”. In virtù dell’art. 32 reg. esec. sono anche previste anche delle “Aree riservate” pensate per coloro che ricoprono posizioni apicali all’interno delle organizzazioni mafiose, come sottocategoria ancora più afflittiva all’interno del regime più restrittivo previsto dall’ordinamento penitenziario. Costoro non sono ammessi ai gruppi di socialità a quattro, bensì per loro la vita si declina in un modello a due, all’interno del quale, paradossalmente, un detenuto è inserito nell’area riservata per fungere da “dama di compagnia” dell’altro. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che a fine febbraio 2023 le persone ristrette in aree riservate erano 35.
Con sentenza 30/2025 del 18 marzo 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato incompatibile con gli artt. 3 e 27, co. 3 della Costituzione la limitazione per i ristretti al 41-bis della permanenza all’aperto per una durata non superiore a due ore al giorno di cui all’art 41-bis del comma 2 quater lett. f) o.p. La limitazione a due ore d’aria giornaliere determina per i giudici della Consulta “un improprio surplus di punizione” che non trova giustificazione; per tale ragione, la sentenza sancisce che anche per i detenuti in regime 41-bis trova applicazione l’art. 10 o.p, il quale prevede l’accesso all’aria per una durata non inferiore alle quattro ore al giorno.
Ancora più incomprensibile appare il divieto di affissione ai muri della cella di qualsiasi cosa, ad eccezione di una singola fotografia famigliare, oppure la possibilità di utilizzare pentole e pentolini con dimensioni speciali.
Tra gli effetti del processo di normalizzazione di un regime che dovrebbe essere, invece, speciale, e di come le persone detenute in 41-bis siano percepite come qualcosa di assolutamente separato dal resto della popolazione penitenziaria, si rinviene anche la mancanza di dati aggiornati e di informazioni rispetto le condizioni materiali di vita e le violazioni dei diritti patite dai detenuti in 41-bis. Le sezioni dedicate al regime 41-bis, unitamente a quelle che ospitano i collaboratori di giustizia, sono le uniche che non possono essere visitate dagli Osservatori di Antigone.
Far sapere ai cittadini come noi sappiamo trattare e incalziamo chi sta dietro quel vetro e non lo lasciamo respirare.
Il governo, oltre ad aver recentemente annunciato una revisione del regime 41-bis, presumibilmente in un’ottica ancora più afflittiva, con il c.d. Decreto Carceri (d.l. 92/2024) ha imposto l’esclusione dei detenuti soggetti al regime 41-bis dall’accesso ai programmi di giustizia riparativa. Esemplificative di questa politica penitenziaria voluta dall’esecutivo in materia di detenuti con legami con la criminalità organizzata sottoposti al regime 41-bis e inseriti nel circuito dell’Alta sicurezza risuonano le parole pronunciate dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Costui in occasione della presentazione di nuove auto dai vetri oscurati e con misure di sicurezza amplificate ha affermato di provare “un’intima gioia” per “veder sfilare questo potente mezzo che dà prestigio, con sopra il Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria e far sapere ai cittadini come noi sappiamo trattare e incalziamo chi sta dietro quel vetro e non lo lasciamo respirare”.
Il DAP torna ad insistere, peraltro utilizzando un linguaggio particolarmente inquietante, sul fatto che i detenuti in AS non possono avere alcuna libertà di movimento all’interno della sezione.
L’approccio securitario e repressivo nei confronti delle persone recluse per reati vincolati alla criminalità organizzata si evince anche dal testo della circolare emanata dal DAP il 27 febbraio 2025, tramite la quale si disciplina la quotidianità detentiva in AS. La circolare ribadisce che “l’apertura delle celle detentive nei circuiti AS assumerà sempre e comunque la connotazione di mezzo e non di fine, con la logica conseguenza che tutti gli operatori penitenziari dovranno porre ogni sforzo esigibile per evitare che le celle rimangano aperte […] e pertanto le camere detentive e i locali comuni in cui si effettua la socialità dovranno rimanere chiusi”. In realtà la custodia chiusa per il circuito AS era già stata ribadita con la circolare 3663/6113 del 23 ottobre del 2015, ma nella prassi le Direzioni avevano un margine di adattamento del dettato formale. Con questa nuova circolare il DAP torna ad insistere, peraltro utilizzando un linguaggio particolarmente inquietante, sul fatto che i detenuti in AS non possono avere alcuna libertà di movimento all’interno della sezione, con l’obiettivo di evitare la “supremazia criminale” di questi. La nuova normativa che impone la custodia chiusa sempre e comunque in AS ha comportato problematiche rilevanti rispetto all’accesso dei detenuti in Alta sicurezza alle attività universitarie ad esempio, ma anche dai lavori di redazione, come quelli portati avanti dopo anni di collaborazione da Ristretti Orizzonti presso la Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova.
Eppure, sulla base dell’attività di monitoraggio dell’Osservatorio di Antigone, le sezioni dedicate all’AS sono sempre state tendenzialmente le meno problematiche, in quanto occupate solitamente da detenuti con pene lunghe, abituati all’ambiente penitenziario, spesso con possibilità di accedere ad esperienze di studio e lavorative.
Al 29 aprile 2025 le persone detenute nel macro circuito AS erano 9.343, pari al 14,96% del totale delle persone detenute secondo dati pubblicati dal Garante nazionale. La maggior parte di queste (1.596) è collocata in carceri campane. Il circuito AS si struttura in 3 sottocircuiti: AS1 a cui sono assegnate le persone appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso, nei cui confronti sia venuto meno il decreto di applicazione del regime 41-bis; AS2 in cui vengono inseriti i soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza e AS3 per le persone imputate o condannate per reati previsti dall’art. 4-bis comma 1 della Legge sull’Ordinamento Penitenziario, in particolare per il reato di associazione mafiosa previsto dall’art. 416 bis del Codice Penale.
Come si evince dai dati raccolti durante le visite realizzate dall’Osservatorio di Antigone nel 2024, il circuito nettamente più numeroso è quello dell’AS3, il quale ospita il 96,97% delle persone detenute classificate in AS. Le presenze nel sottocircuito AS2 calano drasticamente, arrivando a rappresentare appena l’1,77% e quelle in AS1 sono l’1,26%.
Durante il 2024 abbiamo visitato la Casa di reclusione di Saluzzo, un istituto interamente dedicato ad ospitare detenuti di AS3, così come la Casa di reclusione di Asti, quella di Fossombrone e di Pausania. Si tratta di istituti che tendenzialmente non soffrono della problematica del sovraffollamento. Le sezioni più numerose di AS2 invece sono quelle visitate presso la Casa di Reclusione di Rossano e di Sassari-Bancali. Le uniche due sezioni visitate dove erano collocati detenuti in AS1 sono state quelle di Parma (con 38 persone) e di Catanzaro (con 12 persone).