L’art. 15 o.p. prevede che il trattamento del condannato e dell’internato debba essere svolto “agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia”.
La legge sull’ordinamento penitenziario dà espressione normativa all’idea che le relazioni affettive del ristretto rappresentino un aspetto importante della sua vita e un bene di alto valore umano che deve essere protetto dai danni derivanti dalla carcerazione: l’art. 15 o.p. prevede che il trattamento del condannato e dell’internato debba essere svolto avvalendosi di vari strumenti (quali istruzione, lavoro, attività culturali, ricreative e sportive…) e “agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia”. I due principali strumenti di cui l’ordinamento penitenziario si avvale a tal fine sono i colloqui (visivi e videochiamate) e le telefonate. È tuttavia importante segnalare che, nonostante la rilevanza della materia, la disciplina di alcuni suoi profili rilevanti non trova collocazione all’interno della legge sull’ordinamento penitenziario, bensì è affidata al regolamento esecutivo e a quanto disposto all’interno delle circolari dell’Amministrazione penitenziaria, così sollevando dubbi sulla tollerabilità di un sistema che rimette ad atti subordinati alla legge il compito di disciplinare posizioni soggettive che trovano riconoscimento e protezione come diritti fondamentali nella Carta costituzionale (artt. 2, 29, 30 e 31 Cost.).
I colloqui visivi rappresentano uno dei più importanti strumenti giuridici con cui la disciplina penitenziaria riconosce e garantisce il diritto fondamentale del detenuto al mantenimento delle relazioni affettive tramite contatto diretto. Il colloquio è occasione di contiguità tra il ristretto e la società libera: in quest’ottica, la sua importanza non afferisce esclusivamente alla tutela dell’interesse personale del ristretto, ma si ricollega anche alla prospettiva di partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa. La materia è disciplinata dagli articoli 18 o.p. e 37 reg.esec. e prevede un numero di sei colloqui al mese da un’ora, che scendono a quattro nei confronti dei condannati per uno dei reati di cui all’art. 4-bis o.p. Esistono tuttavia ipotesi in cui tali limiti possono essere superati, in presenza di particolari circostanze (grave infermità, figli fino a 10 anni…). L’ordinamento penitenziario non disciplina dettagliatamente la dinamica del momento delle visite. L’unica indicazione in tal senso è all’art. 18 o.p., che ne prevede lo svolgimento in appositi locali sotto il controllo a vista, ma non auditivo, del personale di custodia. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio di Antigone nel 2024, 73 dei 95 istituti visitati (circa il 77%) disponevano di un’area verde per colloqui nei mesi estivi.
La Corte ha affermato che la persona detenuta può essere ammessa a svolgere i colloqui intimi con il coniuge.
Si segnala il recente intervento della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 10/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 o.p. nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia (cd. colloqui intimi). La Corte ha affermato che la persona detenuta può essere ammessa a svolgere i colloqui intimi con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona stabilmente convivente. A più di un anno dalla sentenza, in nessun istituto è oggi garantito il diritto all’intimità intra-muraria tramite la concessione di colloqui intimi non sottoposti a colloquio visivo, ma sembra lecito aspettarsi un’accelerazione di marcia grazie alla recentissima circolare del DAP, contenente le nuove linee guide per l’attuazione della sentenza n. 10/2024, che dicono che gli spazi idonei dovranno essere individuati dai provveditorati regionali, gli organi periferici del DAP che si occupano delle carceri nelle varie regioni, ma non indica un limite di tempo entro il quale dovranno farlo. Venerdì 18 aprile nel carcere di Terni si è svolto il primo colloquio intimo in un carcere italiano: un detenuto ha incontrato la propria compagna per due ore in uno spazio non controllato dalla polizia penitenziaria e con un letto matrimoniale.
Importante appuntare ciò che il regolamento esecutivo (art. 37, comma 9) prevede in materia dei cd. colloqui straordinari: “quando ricorrano particolari circostanze possono essere concessi colloqui anche al di fuori dei limiti stabiliti”. La possibilità di concedere i colloqui al di là dei sei mensili è tuttavia raramente applicata, nonostante il DAP (Circolare 8 luglio 1998, n. 3478/5928) auspichi un utilizzo più estensivo dello strumento, specificando che le “particolari circostanze” possono essere identificate in “specifici eventi di rilevante significato e gravità che tocchino il detenuto o i suoi congiunti o conviventi”, ma che le stesse si configurano anche in mere “situazioni critiche e difficili, non riconducibili ad un singolo evento”, rispetto alle quali il colloquio straordinario si configura “come mezzo di superamento e di alleggerimento”.
Se i contatti visivi rappresentano la modalità privilegiata per coltivare le relazioni affettive in regime intramurario, le telefonate si rivelano uno strumento altrettanto prezioso.
Se i contatti visivi rappresentano la modalità privilegiata per coltivare le relazioni affettive in regime intramurario, le telefonate si rivelano uno strumento altrettanto prezioso, soprattutto per coloro che si trovano nell’impossibilità di ricevere visite in carcere: si pensi ad esempio alla popolazione detenuta femminile, che per ragioni logistiche non gode pienamente di quel principio di territorialità che dovrebbe garantire l’espiazione della pena in luoghi più possibile prossimi al luogo di residenza della famiglia, o alle persone detenute straniere, i cui affetti sono rimasti nei Paesi d’origine.
Ciascuna chiamata non può eccedere la durata di dieci minuti.
Il diritto di fruire della corrispondenza telefonica è circoscritto entro precisi limiti, definiti dall’art. 39 reg.esec. Normalmente, ciascuna chiamata non può eccedere la durata di dieci minuti, senza possibilità di prolungamento. I ristretti per reati comuni sono ammessi a effettuare una telefonata a settimana, mentre i detenuti per uno dei delitti ex art. 4-bis o.p. possono effettuare non più di due telefonate al mese.
L’emergenza legata al Covid-19, con la conseguente necessità, da un lato, di incentivare le forme di comunicazione a distanza rispetto ai colloqui in presenza e, dall’altro, di consentire più contatti tra le persone detenute e l’ambiente esterno, ha portato all’introduzione di alcune significative novità normative con riferimento ai colloqui e alle telefonate.
Numerosi istituti penitenziari utilizzano la piattaforma Skype o, in alternativa, fanno svolgere le videochiamate mediante Whatsapp.
Sul primo versante, il d.l. n. 11 del 2020 ha previsto una disciplina particolare dei “colloqui a distanza” (videochiamate) tra le persone detenute e l’esterno, stabilendo che, su richiesta dell’interessato o quando la misura risulti indispensabile per la salvaguardia della salute, i colloqui con i congiunti o altre persone possono essere svolti a distanza mediante gli strumenti di cui dispone l’Amministrazione penitenziaria o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata in deroga ai limiti stabiliti dal regolamento penitenziario. Sulla scia di tali indicazioni, numerosi istituti penitenziari utilizzano la piattaforma Skype o, in alternativa, fanno svolgere le videochiamate mediante Whatsapp. Con una circolare del 2022 trasmessa dal DAP (Circolare 26 settembre 2022, n. 3696/6146) gli strumenti di comunicazione introdotti in via sperimentale durante l’emergenza pandemica sono destinati a diventare l’ordinaria regola operativa, per assicurare il diritto costituzionale a mantenere relazioni socio-familiari. La circolare sottolinea che “la videochiamata deve essere sicuramente confermata come modalità di fruizione dei colloqui visivi” e qualificata non più come forma sperimentale, bensì stabilizzata con disposizione di ordine generale.
I dati raccolti nel 2024 dall’Osservatorio di Antigone relativi all’uso dei colloqui a distanza si mantengono abbastanza stabili rispetto all’anno precedente: nel 2023, quasi nel 40% degli istituti visitati venivano svolte videochiamate da oltre tre quarti delle persone detenute, nel 2024 la percentuale è stata pari al 39%. Si rileva che solo presso la Casa circondariale di Castrovillari “Rosetta Sisca” nessun detenuto è ammesso a svolgere i videocolloqui.
Sul versante delle conversazioni telefoniche non sostitutive dei colloqui, la l. n. 70 del 2020 ha stabilito che l’autorizzazione possa essere concessa oltre i limiti ordinari stabiliti dall’art. 39 o.p. e disposta fino a una volta al giorno, in considerazione di motivi di urgenza o particolare rilevanza. Pur con i necessari distinguo riciclabili dalle norme vigenti, ci si poteva attendere la conferma di un approccio più aperto alle cd. telefonate straordinarie; invece, negli ultimi due anni il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha sistematicamente sollecitato i suoi territori a rientrare nell’ambito delle telefonate “ordinarie”. Con il recente intervento contenuto nella l. n. 92 del 2024, si prevede che entro sei mesi con decreto siano apportate modifiche al regolamento di esecuzione per garantire che il numero di telefonate settimanali mensili passi da quattro a sei.
Nel 2024 dei 95 istituti visitati, il 34% autorizzava oltre tre quarti delle persone detenute allo svolgimento di telefonate straordinarie.
Dai dati raccolti dall’Osservatorio di Antigone è emerso che nel 2024 dei 95 istituti visitati, il 34% autorizzava oltre tre quarti delle persone detenute allo svolgimento di telefonate straordinarie, un dato in crescita rispetto all’anno precedente, in cui avveniva nel 19% degli istituti. Inoltre, in tutti gli istituti visitati nel 2024 almeno una porzione della popolazione detenuta, per quanto in proporzioni variabili, era autorizzata a svolgere chiamate straordinarie. Questo dato si discosta da quello registrato nel 2023, quando invece risultavano 7 istituti in cui nessun detenuto accedeva all’istituto.
A dispetto delle attese per un ammodernamento delle strutture penitenziarie e per un maggiore riconoscimento del diritto alla comunicazione e alla formazione digitale, il sistema carcerario italiano nel 2024 non ha compiuto passi avanti concreti in questa direzione.
A chiusura del presente contributo, si intende far notare anche come il trend relativo all’accesso a internet per le persone detenute mostri una sostanziale stabilità nel corso degli ultimi anni, nonostante ci si aspetterebbe una maggiore apertura e digitalizzazione, coerentemente con quanto accade nel mondo esterno. Si fa qui riferimento all’utilizzo di internet con finalità diverse dallo svolgimento delle videochiamate, come ad esempio la facilitazione dello studio. Ad esempio, presso la Casa di reclusione di Alghero, l’accesso al web permette lo svolgimento degli esami in modalità online per gli iscritti all’università. A Rebibbia femminile il PC è utilizzato per visione e interazione con programmi registrati, come RAI EDU. Ancora, presso la Casa circondariale di Secondigliano, le persone detenute iscritte al Polo Universitario dispongono di computer portatili e possono utilizzare internet in maniera “pilotata”. Similmente, anche negli istituti penitenziari di Bologna e Sassari l’accesso al sito di ateneo è concesso agli studenti del PUP. Dopo un picco positivo nel 2020 (22,7% di istituti con accesso al web), dato comprensibile alla luce dell’emergenza pandemica in corso, sembrerebbe che le strutture penitenziarie non abbiano mantenuto le implementazioni e i progressi fatti, rivelando una tendenza altalenante ma priva di miglioramenti strutturali: nel 2024, solo il 13,7% degli istituti visitati consentiva l’accesso a internet, un dato addirittura inferiore a quello registrato nel 2022 e nel 2023. Parallelamente, la percentuale di istituti che non offrono alcuna forma di accesso rimane stabilmente elevata, superando il 75% nel 2024. Questi numeri indicano che, a dispetto delle attese per un ammodernamento delle strutture penitenziarie e per un maggiore riconoscimento del diritto alla comunicazione e alla formazione digitale, il sistema carcerario italiano nel 2024 non ha compiuto passi avanti concreti in questa direzione.