Focus suicidi

Dossier su suicidi e decessi in carcere nel 2024 e nei primi mesi del 2025

Il 2024 è l’anno con più morti in carcere di sempre. Picco di un’emergenza in corso ormai da più di tre anni

L’emergenza morti in carcere non dà segni di arresto. Anzi, continua a peggiorare. Nel 2024 sono stati almeno 91 i casi di suicidi commessi da persone private della libertà. Tra gennaio e maggio 2025, almeno 33. “Almeno” perché numerosi sono i decessi con cause ancora da accertare, tra i quali potrebbero quindi celarsi altri casi di suicidio.

Il 2024 passa così alla storia come l’anno con più suicidi in carcere di sempre.

Il 2024 passa così alla storia come l’anno con più suicidi in carcere di sempre, superando addirittura il record del 2022 quando l’emergenza ha avuto inizio. Il 2024 passa alla storia anche come l’anno con più decessi in carcere in generale. Sono state complessivamente 246 le persone che hanno perso la vita nel corso della loro detenzione.

I numeri fin qui citati provengono dal conteggio elaborato da Ristretti Orizzonti nel Dossier “morire di carcere”. Questa è la fonte a cui facciamo riferimento ogni volta che affrontiamo il tema. Non si tratta dell’unico conteggio a disposizione, ma è quello che scegliamo di seguire in quanto tiene conto di decessi esclusi dal rilevamento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, per ragioni a nostro avviso puramente formali. L’analisi sui suicidi e i decessi in carcere realizzata dal Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, tramite dati estrapolati dagli applicativi del DAP, non include alcuni decessi perché ad esempio avvenuti in ospedale dopo che la persona aveva commesso il gesto suicidario in carcere. Non includono alcuni decessi avvenuti per asfissia da gas o per sciopero della fame, in quanto difficile accertare se vi fosse o meno un intento suicidario. Per questi motivi, esistono conteggi diversi del fenomeno. Per il Garante Nazionale, e quindi l’amministrazione penitenziaria, i suicidi avvenuti nel 2024 sono 83 mentre. Otto in meno rispetto al conteggio di Ristretti Orizzonti, che noi scegliamo invece di seguire1.

Il tasso di suicidi dentro e fuori il carcere, in Italia e in Europa

Nel 2024 con 91 suicidi e una popolazione detenuta media di 61.507 persone, tale tasso è pari a 14,8 casi ogni 10.000 persone detenute.

Per misurare l’andamento del fenomeno, oltre al numero in termini assoluti, è necessario rivolgersi al cosiddetto tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero dei decessi e la media delle persone detenute nel corso dell’anno. Nel 2024 con 91 suicidi e una popolazione detenuta media di 61.507 persone, tale tasso è pari a 14,8 casi ogni 10.000 persone detenute. Dopo quello del 2022, quando i casi di suicidi sono stati 85 ma la popolazione detenuta media era inferiore a quella attuale, il tasso di suicidi del 2024 è il valore più alto mai registrato.

Disaggregando il tasso per nazionalità, vediamo come l’incidenza dei suicidi sia maggiore tra le persone di origine straniera. Con 41 suicidi per una popolazione detenuta media di 19.374 persone, il tasso relativo alle sole persone straniere è pari a 21,2 casi ogni 10.000 persone, quasi il doppio di quello relativo alle sole persone italiane, pari a 11,9 casi.

La portata del fenomeno suicidario in carcere si evince solamente se messo a confronto con il fenomeno suicidario in libertà. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità2, il tasso di suicidi in Italia nel 2021 era pari a 0,59 casi ogni 10.000 abitanti. Lo stesso anno, il tasso di suicidi in carcere era pari a 10,6 ogni 10.000 persone detenute, ossia 18 volte più grande.

Se già nel 2021 la distanza tra i due fenomeni aveva dimensioni enormi, con lo scoppio dell’emergenza questa distanza ha assunto una portata ancora maggiore. Confrontando l’ultimo dato disponibile relativo alla popolazione detenuta (tasso di suicidi pari a 14,8 nel 2024) con il più recente relativo alla popolazione libera (tasso di suicidi pari a 0,59 nel 2021)3 vediamo come oggi in carcere ci si levi la vita ben 25 volte in più rispetto alla società esterna.

Il tasso dei suicidi in libertà e quello dei suicidi in carcere hanno inoltre un andamento opposto. Se il primo negli ultimi anni registra una costante decrescita – passando da 0,82 casi nel 2016 a 0,59 al 2021 – il secondo, al netto delle annuali oscillazioni, è significativamente aumentato rispetto al passato.

L’Italia si colloca ben al di sopra della media europea per quanto riguarda i suicidi in carcere.

A rendere ancora più marcata la distanza tra quanto accade in carcere e in libertà, è il confronto di entrambi i fenomeni suicidari con il resto d’Europa. L’Italia è in generale considerato un paese con un tasso di suicidi basso. Secondo Eurostat4, il tasso di suicidi in Italia del 2021 (0,59) si colloca ben al di sotto della media europea, pari a 1,02 casi ogni 10.000 abitanti. L’Italia si colloca invece ben al di sopra della media europea per quanto riguarda i suicidi in carcere. Secondo l’ultimo dato del Consiglio d’Europa5, nel 2022 il tasso di suicidi nelle carceri italiane era più del doppio della media europea: 15 casi ogni 10.000 persone detenute, a fronte di una media di 7,2 casi.

Oltre ai suicidi, aumentano anche i decessi per altre cause. Segno di un carcere sempre più malato

Il 2024 è stato l’anno con il maggior numero di decessi avvenuti complessivamente in carcere.

Sia secondo il dossier di Ristretti Orizzonti che secondo l’analisi elaborata dal Garante Nazionale, il 2024 è stato l’anno con il maggior numero di decessi avvenuti complessivamente in carcere. In questo caso il conteggio differisce di un solo numero, con un totale di 246 decessi per Ristretti Orizzonti e di 245 per il Garante Nazionale. Un numero impressionante di vite terminate in stato di privazione della libertà, lontane dai propri affetti.

Tra gennaio e maggio 2025, i decessi complessivi sono stati 100: dieci in più rispetto allo stesso periodo del 2024.

Ai suicidi, si aggiungono le morti avvenute per cause naturali, quelle per cause ancora da accertare e gli omicidi commessi in carcere. Secondo il Garante Nazionale, nel 2024 i decessi per cause naturali sono stati 142, i decessi da accertare 18 e gli omicidi 2. Il maggior numero di decessi per cause naturali è avvenuto negli Istituti più grandi d’Italia: dodici decessi nella Casa Circondariale di Napoli Poggioreale, dieci nella Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso e otto nella Casa di Reclusione di Milano Opera.

124 suicidi in carcere tra il 2024 e il 2025

Sommando i suicidi avvenuti nel 2024 e quelli avvenuti tra gennaio e maggio 2025 si arriva ad un totale di 124 casi. Proviamo di seguito a mettere insieme alcune informazioni su ognuno di questi, limitandoci ovviamente solo alla sfera detentiva. Le informazioni provengono dal dossier di Ristretti Orizzonti, dall’analisi del Garante Nazionale, da fonti di stampa e da segnalazioni arrivate alla nostra associazione.

Aggregare le informazioni consente non solo di descrivere meglio il fenomeno in generale, ma di analizzare singoli aspetti interni ad esso. Ogni vicenda racchiude in sé elementi specifici che, se raggruppati, fanno emergere in maniera chiara circostanze ricorrenti, sulle quali riflettere e proporre azioni concrete.

Numerosi sono i casi di suicidi tra le persone da poco entrate in carcere. Circa la metà è avvenuta nei primi sei mesi di detenzione.

Ad esempio, come vedremo, numerosi sono i casi di suicidi tra le persone da poco entrate in carcere. Circa la metà è avvenuta nei primi sei mesi di detenzione. Un’azione concreta, in tal senso, sarebbe la previsione di servizi di accoglienza strutturati, affinché la persona abbia la possibilità di ambientarsi alla nuova condizione e il personale il tempo necessario ad identificare eventuali problematiche e fattori di rischio. Numerosi sono i casi di suicidi che avvengono invece a ridosso del fine pena. Come per la fase dell’ingresso, anche per quella dell’uscita dal carcere andrebbero investite risorse specifiche e ragionato su servizi di graduale preparazione al rilascio. Particolare attenzione andrebbe anche dedicata a tutti quei momenti della vita penitenziaria in cui le persone si trovano separate dal resto della popolazione detenuta, perché in isolamento o sottoposte a regimi più rigidi. Ridotti contatti umani e situazioni di chiusura hanno gravi effetti sulla salute fisica e psichica della persona. Non è un caso che numerosi siano i suicidi avvenuti in queste circostanze. Abolire forme di segregazione, avrebbe sicuramente un ampio impatto nella riduzione del rischio suicidario.

Ovviamente azioni di questo genere risultano complesse in un carcere alle prese con una grave situazione di sovraffollamento e in costante carenza di spazi, risorse e personale. Qualsiasi intervento che non parta anzitutto da una riduzione della popolazione detenuta avrà purtroppo effetti limitati. Serve una chiara volontà politica per arginare questa emergenza. Volontà che, ad oggi, è totalmente assente.

Le persone

Tra le 124 persone che si sono tolte la vita in carcere, molte erano giovanissime. Tante le persone di origine straniera. Molte le situazioni di marginalità sociale.

Tra le 124 persone che si sono tolte la vita in carcere, molte erano giovanissime. Tante le persone di origine straniera. Molte le situazioni di marginalità sociale. Alcune avevano disagi psichici, altre passati di tossicodipendenza. Molte persone avevano alle spalle precedenti tentativi di suicidi e altri gesti autolesivi.

Genere

Quattro sono le donne toltesi la vita in carcere, due nel 2024 e due nel 2025. La prima era detenuta a Bologna, aveva 55 anni, originaria della Repubblica Slovacca, con un fine pena di circa un anno e mezzo. La seconda era detenuta a Torino da circa due mesi in attesa di primo giudizio, era italiana, di Caltanissetta, aveva 63 anni. La terza e la quarta donna sono entrambe decedute nel mese di marzo 2025, entrambe detenute con una condanna definitiva in un carcere lombardo, Mantova e Milano Bollate. Erano tutte e due italiane, avevano rispettivamente 58 e 52 anni.

Età

L’età media delle persone che si sono tolte la vita tra il 2024 e il 2025 è di 41 anni. La fascia più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni, con 33 casi di suicidi. Segue quella dei più giovani, con 32 suicidi commessi da ragazzi di età compresa tra i 20 e i 29 anni. Vi sono poi le fasce tra i 40 e i 49 e quella tra i 50 e i 59, rispettivamente con 25 e 24 suicidi. Sono 10 le persone che avevano dai 60 anni in su. I più giovani erano quattro ragazzi di appena 20 anni. Il primo è deceduto nel carcere di Teramo a marzo 2024. Era un ragazzo di etnia rom, fragile e con alcune diagnosi complesse. Era sordo sin dalla tenera età, ragion per la quale gli era stata riconosciuta un’invalidità civile. Gli altri tre sono morti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro tra fine giugno e inizio luglio 2024. Provenivano tutti dal nord Africa, uno dall’Algeria, uno dalla Tunisia e uno dal Marocco. Erano detenuti rispettivamente a Novara, Firenze e Pavia. Tutti e tre per reati contro il patrimonio. Negli stessi giorni perdeva la vita anche un uomo di 82 anni, in una cella d’isolamento della Casa Circondariale di Potenza. Era detenuto da circa una settimana. E’ la persona più anziana ad essersi tolto la vita in carcere nel 2024.

Nazionalità

Delle 124 persone decedute, 56 erano straniere (il 45,2%). Tenendo conto che la percentuale di stranieri in carcere è ad oggi leggermente inferiore a un terzo della popolazione detenuta totale (31,6%), risulta evidente come l’incidenza del fenomeno suicidario sia significativamente maggiore tra le persone straniere rispetto a quelle italiane. Per quanto riguarda le aree geografiche, 31 persone provenivano dal nord Africa (12 Marocco, 9 Tunisia, 7 Egitto, 3 Algeria); 16 dall’Europa orientale (7 Romania, 3 Ucraina, 3 Albania, 2 Macedonia, 1 Slovacchia); 4 dall’Asia (1 Afghanistan, 1 Bangladesh, 1 India, 1 Cina); 3 dall’Africa Occidentale (2 Nigeria; 1 Ghana), 1 dal Sud America (Ecuador) e 1 dal Medio-oriente (Palestina).

Posizione giuridica

Delle persone che si sono tolte la vita, 53 erano state condannate in via definitiva (il 43% del totale), mentre 49 erano in attesa di primo giudizio (il 40%). Dieci persone avevano una posizione giuridica mista con almento una condanna definitiva, mentre una persona aveva una una posizione giuridica mista ma senza alcun definitivo. Cinque erano le persone appellanti, due le ricorrenti. Una persona era internata in via provvisoria. Una persona era in misura di sicurezza presso una REMS. Per due persone non è stato possibile reperire informazioni relative alla posizione giuridica.

Disagio psichico, dipendenze e situazioni di marginalità

Da fonti di stampa è possibile recuperare informazioni relative ai trascorsi di vita di alcune delle persone decedute in carcere. Si tratta di informazioni sommarie, disponibili solo in alcuni casi e impossibili da verificare, essendo estratti da articoli e testimonianze. Sono tuttavia importanti per raccontare la complessità dei percorsi di molte persone, le marginalità sociali che spesso le caratterizzano. Dai dati a disposizione, sembrerebbe che almeno 17 delle 123 persone decedute soffrissero di patologie psichiatriche. Almeno 6 avevano un passato di tossicodipenza. Dall’analisi del Garante Nazionale, emerge come almeno 26 fossero le persone senza fissa dimora.

Precedenti eventi critici

Grazie alla relazione del Garante Nazionale, è possibile accedere ad informazioni relative a precedenti eventi critici riguardanti le persone che si sono poi tolte la vita. Poco più della metà, 63 persone su 124, erano state coinvolte in eventi critici. Di queste, almeno 27 avevano già provato a levarsi la vita in precedenza. Risulta inoltre che 16 persone erano state sottoposte in precedenza alla misura della “grande sorveglianza”; 7 erano sottoposte alla misura al momento del suicidio.

I luoghi

Tra il 2024 e il 2025 il fenomeno suicidario ha interessato in totale 64 carceri. Esattamente un terzo dei 189 Istituti penitenziari presenti in Italia. Diversi fattori possono potenzialmente avere un impatto sull’incidenza del fenomeno. Le dimensioni della popolazione detenuta possono ad esempio incidere in termini di maggiore o minore probabilità. Conta anche la tipologia di Istituto, tenendo presente che le Case Circondariali – soprattutto quelle cittadine – di solito ospitano situazioni di maggiore criticità e per questo registrano solitamente un maggior numero di eventi critici rispetto alle Case di Reclusione e in generale ad Istituti dove si scontano periodi più lunghi di detenzione. Altri fattori possono poi dipendere dalle condizioni di detenzione del singolo carcere, in termini di vita penitenziaria e di risorse a disposizione.

Istituti penitenziari

Gli Istituti dove è avvenuto il maggior numero di suicidi tra il 2024 e il 2025 sono le Case Circondariali di Napoli Poggioreale e di Verona. In entrambe le carceri sono avvenuti 6 casi di suicidio. A Poggioreale i primi tre sono avvenuti nel giro di una settimana a gennaio 2024, il quarto a novembre 2024, mentre il quinto e il sesto a marzo 2025. Tutti e sei erano giovani uomini, di età compresa tra i 28 e i 38 anni. Anche a Verona si sono verificati quattro suicidi nel 2024 e due a marzo 2025, a distanza di un giorno dall’altro.

Cinque suicidi sono avvenuti nelle Case Circondariali di Prato, Genova Marassi e Cagliari. Sia a Genova che a Prato i casi sono stati quattro nel 2024 e uno nel 2025, mentre a Cagliari tre nel 2024 e due nel gennaio del 2025. Segue, con 4 casi di suicidi, la Casa Circondariale di Roma Regina Coeli.

Nove sono gli Istituti dove i casi di suicidi tra il 2024 e il 2025 sono stati 3: Firenze Sollicciano, Modena, Paola, Parma, Pavia, Teramo, Terni, Torino e Venezia.

Condizioni di detenzione e altri eventi critici

In tutti e quindici gli Istituti citati si registra una situazione più o meno grave di sovraffollamento.

In tutti e quindici gli Istituti citati si registra una situazione più o meno grave di sovraffollamento. In otto Istituti, si supera il tasso medio nazionale – calcolato sui posti effettivamente disponibili – pari a al 133%. Tra questi svettano le Casa Circondariali di Verona (186%), Roma Regina Coeli ( 184%) e Venezia (171%). Seguono la Casa Circondariale di Modena (155%), di Napoli Poggioreale (154%), Firenze Sollicciano (146%), Teramo (142%) e Terni (140%).

Nella Casa Circondariale di Verona sono presenti solo 4 “educatori”, o Funzionari giuridico pedagogici (FGP), uno ogni 153,5 persone detenute. A Regina Coeli il rapporto è di un Funzionario ogni 103 persone detenute, a Poggioreale di uno ogni 92. Si tratta di carichi di lavoro enormi, calcolando che la media nazionale è di circa 61 persone detenute ogni FGP. A Poggioreale critica anche la situazione dei servizi di salute mentale: ogni cento persone detenute sono previste meno di 4 ore di servizio psichiatrico e meno di 8 ore di servizio psicologico a settimana. Molti Istituti versano in condizioni disperate. Emblematico il caso di Firenze Sollicciano, che per criticità strutturali e igienico-sanitarie dovrebbe da tempo esser chiuso.

Secondo i dati del Garante Nazionale, undici degli Istituti interessati da diversi casi di suicidi sono anche tra gli Istituti dove si è verificato il maggior numero di tentativi di suicidi nel 2024. Tra questi, particolarmente alto il dato di Firenze Sollicciano (69 tentati suicidi) e Roma Regina Coeli (63 tentati suicidi). Firenze, Genova Marassi, Modena e Napoli Poggioreale sono anche tra gli Istituti dove è stato registrato il numero più alto di atti di autolesionismo.

Ambienti detentivi dove avvengono più suicidi

Tramite l’analisi del Garante Nazionale e, nei casi non conteggiati, da fonti di stampa, è possibile risalire anche alle sezioni dove si trovavano le persone al momento del gesto suicidario.

In almeno 93 casi – ossia il 75% – le persone erano detenute in una sezione a custodia chiusa.

Il dato sconcertante è che in almeno 93 casi – ossia il 75% – le persone erano detenute in una sezione a custodia chiusa. Appartengono a questa categoria diversi ambienti detentivi, alcuni dove l’orario di apertura delle celle è ridotto rispetto ad altre sezioni, altri dove è quasi del tutto inesistente. Nella prima circostanza rientrano le sezioni ordinarie, diventate a custodia chiusa in applicazione della circolare sulla riorganizzazione della media sicurezza del luglio 2022. Sono almeno 30 i suicidi avvenuti in queste sezioni. A questi si aggiungono 7 suicidi avvenuti in sezioni “protette”, dove sono collocate persone separate dal resto della popolazione detenuta perché considerate a rischio in relazione al reato commesso o a caratteristiche personali. Nella seconda categoria rientrano invece gli ambienti detentivi dove la persona trascorre quasi la totalità della giornata chiusa in cella. Sono almeno 20 i casi di suicidi avvenuti all’interno di celle d’isolamento. Almeno 17 quelli in sezioni ex art. 32, ossia dove l’amministrazione colloca persone considerate difficili da gestire. Particolarmente drammatico il dato relativo alle sezioni di accoglienza, dove almeno 12 persone si sono tolte la vita, presumibilmente dopo un breve periodo di detenzione. Almeno 5 persone sono decedute in ambienti sanitari a custodia chiusa: 2 in articolazioni per la salute mentale; 2 in infermeria; e 1 in una sezione chiamata per “minorati psichici” (art. 111 DPR 30 giugno 2000, n. 230). Due persone sono decedute in ambienti dove non di rado si registrano situazioni di isolamento di fatto: una era all’interno di una sezione di transito, l’altra in una camera situata nell’area colloqui, probabilmente utilizzata in maniera impropria come spazio detentivo. Una persona si è tolta la vita all’interno di un ospedale, dove era ricoverata per un precedente tentativo di suicidio. Un’altra persona era in una REMS.

Regioni per numero di suicidi

Complessivamente, la regione che ha registrato il maggior numero di suicidi in carcere tra il 2024 e il 2025 è la Campania (15 casi), seguita dalla Lombardia (14 casi), le due regioni italiane che ospitano il maggior numero di persone detenute, rispettivamente il 14% e il 12% dell’intera popolazione detenuta totale. La maggior incidenza di suicidi sembrerebbe quindi riflettere la presenza più elevata di persone detenute. Seguono, con 11 suicidi ognuna, il Lazio, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto.

Il momento

Sono almeno 62 i casi di suicidi avvenuti nei primi 6 mesi di detenzione, di cui almeno 14 nel primo mese e almeno 11 nella prima settimana.

Sempre grazie all’analisi del Garante Nazionale e ad alcune fonti di stampa, possiamo ricostruire un altro importante aspetto del fenomeno, ossia in che fasi del percorso detentivo avvengono con più frequenza gli atti suicidari. Sono almeno 62 i casi di suicidi avvenuti nei primi 6 mesi di detenzione, di cui almeno 14 nel primo mese e almeno 11 nella prima settimana. L’ingresso in istituto è tipicamente uno dei momenti più complessi della fase detentiva, dove invece di ricevere particolare sostegno la persone è nella maggior parte dei casi abbandonata, spesso in sezioni d’accoglienza chiuse e fatiscenti. Soprattutto per chi non ha una rete di riferimento, particolarmente complessa è anche la fase del rilascio a fine pena o nella fase di accesso a una misura alternativa alla detenzione. In totale 39 persone avevano un fine pena sotto i tre anni, di cui 15 sotto un anno.

Per quanto riguarda i mesi dell’anno in cui sono avvenuti il maggior numero di suicidi, nel 2024 come spesso accade il picco è stato registrato nei mesi estivi con 14 suicidi nel mese di luglio (quasi un suicidio ogni 2 giorni). Nel 2025 il mese peggiore per ora è stato quello di marzo, con 12 suicidi.

Le modalità

Infine, un breve accenno alle modalità con le quali sono avvenuti i suicidi accertati tra il 2024 e il 2025. La maggior parte (105) sono avvenuti per impiccamento. Seguono i casi di asfissia da gas (7), di soffocamento (6), precipitazioni (3) e una morte avvenuta come esito di sciopero della fame (1). Come indicato in premessa, in alcune circostanze, come nel caso di asfissia e soffocamento, è difficile accertare l’intento suicidario, a meno che la persona non abbia lasciato messaggi o manifestato in qualche altro modo il suo proposito. Sono questi i decessi che spesso non vengono conteggiati negli elenchi ufficiali dell’amministrazione penitenziaria e del Garante Nazionale.

Le storie

In carcere da 2 mesi per una rapina da 55 euro

“La sua morte poteva essere evitata se il magistrato di sorveglianza avesse considerato che si trattava di un soggetto fragile, come avevamo documentato. Tra l’altro aveva restituito tutto”. Così parla l’avvocato del signore deceduto a gennaio 2025 nel carcere di Vigevano. Aveva 55 anni, di origini calabresi, da molti anni in Lombardia e dipendente dell’azienda di trasporti di Milano. Era stato arrestato il 3 dicembre per una rapina che aveva fruttato un bottino di appena 55 euro. Non soltanto aveva restituito i soldi, ma aveva anche risarcito il danno alla parte offesa. Già in passato aveva commesso atti autolesivi, soffriva di uno stato depressivo. Avrebbe finito di scontare la pena nel 2027.

Due uomini vicini al fine pena

Un uomo italiano di 45 anni si è suicidato a settembre 2024 nel carcere di Imperia. Soffriva di problemi psichiatrici. Aveva una pena brevissima di soli 6 mesi, sarebbe uscito a gennaio 2025. Una precedente carcerazione durata un anno tra il 2016 e il 2017 per piccoli reati (furto, resistenza). A febbraio 2025 un uomo italiano di 52 anni si è tolto la vita nel carcere di Frosinone. Era in Istituto da circa un anno, dopo averne trascorsi cinque anni a Regina Coeli. Sarebbe tornato in libertà tra poco. Era seguito dal Servizio per le Dipendenze e, a fine gennaio, l’équipe dell’istituto lo aveva proposto per una misura alternativa in comunità. Secondo il Garante dei diritti delle persone detenute del Lazio, Stefano Anastasia, l’uomo non aveva nessuno ad attenderlo fuori e nell’ultimo anno non aveva ricevuto visite o effettuato colloqui.

Ennesimo suicidio nella sezione femminile di Torino. Il quarto in meno di 2 anni

“Ho incontrato quella donna la mattina di Pasqua. Mi è rimasta impressa perché era molto composta. Era solo preoccupata per il marito. Perché voleva sapesse che lei dal carcere di Brissogne era stata trasferita in quello di Torino, niente di più”. Monica Gallo, garante comunale per i diritti delle persone detenute, ricorda così la donna di 63 anni in attesa di giudizio toltasi la vita a maggio 2024 nel carcere delle Vallette. “È la quarta negli ultimi due anni, un numero sconcertante. Ad agosto era venuto in visita nella sezione femminile il ministro della Giustizia Nordio facendo promesse di miglioramento delle condizioni. È passato un anno e non è successo nulla. Anche le agenti della penitenziaria sono disperate perché con le recluse si instaura comunque un rapporto umano”. Nell’estate del 2023 tre donne si erano tolte la vita nella stessa sezione.

Una storia di marginalità sociale, conclusa in una cella di isolamento

Un altro giovane uomo di 27 anni, originario della Tunisia, è deceduto a dicembre 2024 in una cella di isolamento del carcere di Piacenza. Prima era stato detenuto a Modena e Ferrara. Aveva alle spalle reati di spaccio e furto, era una classica storia di marginalità. A febbraio avrebbe avuto l’udienza per chiedere l’affidamento in prova e probabilmente avrebbe iniziato a lavorare. Non ce l’ha fatta però ad aspettare. Era provato, sotto stress, e l’isolamento non era d’aiuto, spiega il suo legale.

9 suicidi nel carcere di Verona negli ultimi due anni e mezzo

Nella Casa Circondariale di Verona sono avvenuti sei suicidi tra il 2024 e il 2025. Se guardiamo ancora indietro, troviamo altri tre casi nel 2023, per un totale di 9 suicidi in soli due anni e mezzo. Un numero particolarmente alto, soprattutto per un Istituto di dimensioni medio-grandi. Un Istituto però alle prese da anni con una gravissima situazione di sovraffollamento, una delle più gravi a livello nazionale.

Affetto da schizofrenia, in carcere da solo 2 settimane. Fuori dal conteggio dell’amministrazione perché è morto in ospedale

Un ragazzo tunisino di 28 anni si è tolto la vita nel carcere di Genova Marassi. Arrestato in stato confusionale, all’udienza viene richiesta una perizia psichiatrica mai eseguita. Sembra soffrisse di schizofrenia. Si trovava in carcere da un paio di settimane, in cella con altre 5 persone. Stava male, pare fosse andato in escandescenza in alcune occasioni rompendo oggetti. Il fratello maggiore, anche lui detenuto a Marassi, aveva chiesto di metterlo in cella insieme a lui per stargli accanto. Pare però non sia stata concessa questa possibilità. Il 15 novembre, quando gli altri compagni erano usciti per l’ora d’aria, ha commesso il gesto suicidario. È poi deceduto, dopo 74 ore, nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Martino. Per questa ragione non rientra nel conteggio ufficiale dell’amministrazione.

Morto a 18 anni tra il fumo e le fiamme di una cella a San Vittore

Non rientra nei conteggi ufficiali neanche una vicenda particolarmente tragica, con protagonista un giovanissimo ragazzo deceduto lo scorso settembre nel carcere di San Vittore. Aveva 18, di origini egiziane. È morto in una cella invasa da fumo e fiamme, a causa di un incendio appiccato insieme al compagno di detenzione. Era già stato assolto in due diversi processi – da minorenne – perché giudicato incapace di intendere e di volere. Per una rapina da maggiorenne era stato condotto a San Vittore in custodia cautelare. “A 15 anni era finito in un campo di detenzione in Libia. Era poi arrivato in Italia da solo, viaggiando su un barcone con mani e piedi legati. Non sapeva né leggere né scrivere e non conosceva una parola di italiano. Gli era stato diagnosticato un politrauma per le violenze subite ed era stato definito pericoloso per sé e per gli altri”, ha raccontato l’avvocata che lo assisteva. “Aveva dei problemi importanti di sofferenza psichica, ma la sua ansia di fuga appariva in certi momenti incontenibile. La sua sofferenza era emotivamente comprensibile, razionalmente imperscrutabile. È morto a 18 anni, in un carcere bolgia, sovraffollato e pieno di sofferenza mentale”. Queste le parole dei gestori di una comunità che lo aveva ospitato ancora minorenne.

Tre suicidi a Regina Coeli nel 2024: tutti nuovi giunti nella VII sezione

La settima sezione di Regina Coeli è famosa per essere la peggiore dell’Istituto. Interamente a regime chiuso, ospita al suo interno le persone appena arrivate (cd. nuovi giunti), quelle considerate di difficile gestione (ex art. 32 OP) e quelle attenzionate per rischi autolesivi (sottoposte alla misura della grande sorveglianza). Non è un caso se la maggior parte dei suicidi del carcere romano siano avvenuti proprio in questa sezione. Nel 2024, tutti e tre i casi riguardavano persone in carcere da periodi brevi. Il primo era un uomo cinese di 36 anni, detenuto da appena un mese e sottoposto alla grande sorveglianza. Il secondo aveva da poco compiuto 31 anni, di origini pakistane, in carcere da alcuni mesi ma comunque ancora collocato tra i nuovi giunti. Il terzo era un uomo di cinquant’anni, arrestato tre settimane prima. Era la sua prima volta in carcere.

Un giovane uomo a cui il carcere ha levato la speranza

Un uomo di trent’anni, originario di Siracusa, si è tolto la vita nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso a luglio 2024. “Non ho un lavoro. Non ho nulla. Nessuno crederà in me”. Le parole confidate ai suoi avvocati. Stava scontando una pena definitiva per reati legati allo spaccio. Aveva manifestato difficoltà all’inizio della detenzione, legate alla solitudine e alla lontananza dalla figlia adolescente. Sarebbe tornato libero nel 2026. “Non so cosa sia successo dall’oggi al domani. Siamo in una situazione carceraria disastrosa. Servirebbe un supporto di vicinanza, di ascolto e di attenzione ai detenuti. Ma gli operatori sono pochi e chi è fragile viene abbandonato a sé stesso”. Così racconta l’avvocata che lo seguiva.

  1. Il 3 dicembre 2024 l’On. Giachetti ha presentato un’interrogazione parlamentare chiedendo chiarezza in merito ai numeri degli eventi suicidari, alla luce della significativa discrepanza tra quanto monitorato dall’osservatorio di Ristretti Orizzonti e i dati resi noti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Nella risposta scritta, pubblicata il 9 aprile 2025, si attesta: “È necessario precisare, inoltre, che nel computo complessivo, non vengono inseriti i decessi avvenuti al di fuori degli Istituti di pena, cioè riferiti a quei soggetti che, al momento del decesso, si trovavano a vario titolo all’esterno della struttura penitenziaria. Per quanto riguarda i decessi definiti nell’atto ispettivo come «conseguenti alle manifestazioni di protesta/sciopero della fame», si rappresenta che gli stessi sono registrati nell’ambito dell’evento «decessi per cause naturali», in quanto le cause e/o concause effettive del decesso vengono accertate solo a seguito di esame medico legale”.
  2. Istituto Superiore di Sanità, Giornata per la Prevenzione del Suicidio, 10.09.2024.
  3. Il fenomeno suicidario in Italia non risulta aver subito grandi variazioni nel corso degli ultimi anni, registrando complessivamente un andamento in diminuzione (tasso di suicidi in Italia 2016: 0,82; 2019: 0,67). Non essendo disponibile il dato relativo al 2024, è comunque presumibile che non si discosti molto rispetto a quello del 2021.
  4. Eurostat, Deaths by suicide in the EU, 09.09.2024.
  5. Council of Europe Annual Penal Statistics, SPACE I – 2023.