Numeri della detenzione

Se si pensa che le nostre carceri hanno una capienza media di circa 300 posti, significa che la popolazione detenuta sta crescendo dell’equivalente di un nuovo carcere ogni due mesi.

Al 30 aprile 2025 erano 62.445 le persone detenute nelle carceri italiane, 164 in più del mese precedente. Se si pensa che le nostre carceri hanno una capienza media di circa 300 posti, significa che la popolazione detenuta sta crescendo dell’equivalente di un nuovo carcere ogni due mesi, un dato esorbitante per poter pensare di rispondere con una qualunque strategia di edilizia penitenziaria.

Le donne detenute erano 2.703, il 4,3% delle presenze, mentre gli stranieri erano 19.660, il 31,6%.

Come per gli anni passati anche per il 2024 tutti i valori si presentano in crescita. Rispetto alla fine del 2023 sono aumentate le presenze (+2.261), tanto delle donne (+196) che degli stranieri (+1.059), e sono aumentati anche gli ingressi (+2.756).

Qualche segnale positivo si registra invece per i primi mesi del 2025 visto che, per la prima volta dalla fine della pandemia, si registra un calo negli ingressi (-1.172). Ci si augura che questa tendenza, se si dovesse consolidare, possa avere progressivamente un impatto positivo sulle presenze, ma non è affatto scontato che questo andamento prosegua, visto soprattutto il costante impegno di questo Governo ad introdurre nuovi reati, ad allungare le pene previste per quelli esistenti, e di fatto a portare in carcere più gente possibile, come finora ha fatto purtroppo con successo.

A fronte di queste presenze la capienza regolamentare è di 51.280 posti, un dato addirittura in lieve calo rispetto alla fine del 2024.

A fronte di queste presenze la capienza regolamentare è di 51.280 posti, un dato addirittura in lieve calo rispetto alla fine del 2024, e dunque il tasso di affollamento ufficiale sarebbe del 121,8%, ma come sappiamo i posti non disponibili per inagibilità o ristrutturazioni sono almeno 4.500, e dunque il tasso medio effettivo di affollamento è almeno del 133%. Ma si tratta appunto di un tasso di affollamento medio. Delle quasi 190 carceri italiane quelle non sovraffollate sono ormai solo 36, mentre quelle con un tasso di affollamento uguale o superiore al 150% sono ormai 58. Ad oggi gli istituti più affollati sono Milano San Vittore (220%), Foggia (212%), Lucca (205%), Brescia Canton Monbello (201%), Varese (196%), Potenza (193%), Lodi (191%), Taranto (190%), Milano San Vittore femminile (189%), Como (188%), Busto Arsizio (187%), Roma Regina Coeli (187%), Treviso (187%).

Nonostante l’aumento delle presenze, continua a calare la percentuale delle persone detenute in custodia cautelare. I detenuti con sentenza passata in giudicato, che erano il 71,7% alla fine del 2023, sono saliti al 73,5% alla fine del 2024. Restano comunque più di un quarto dei presenti le persone in attesa di giudizio e presunte innocenti.

Nel dettaglio le persone in attesa di primo giudizio erano 9.475, il 15,3% dei presenti, gli appellanti 3.225, il 5% dei presenti, e i ricorrenti in cassazione 1.881, il 3%.

Come sempre la percentuale delle persone in custodia cautelare cambia significativamente se si guarda ai soli stranieri. Nel loro caso le persone in custodia cautelare sono il 28% dei presenti, mentre se si guarda ai soli detenuti italiani le persone in custodia cautelare sono il 23% dei presenti.

La custodia cautelare in carcere rappresenta la misura cautelare personale coercitiva più usata (28,9% del totale delle misure).

Dalla relazione al Parlamento sulle Misure Cautelari Personali e la Riparazione per Ingiusta Detenzione (anno 2024) apprendiamo che la custodia cautelare in carcere rappresenta la misura cautelare personale coercitiva più usata (28,9% del totale delle misure), seguita dagli arresti domiciliari “senza braccialetto elettronico” (15,6%) e dagli arresti domiciliari “con braccialetto elettronico” (6,6%). Nei procedimenti definiti (anche se non in via definitiva) nello stesso anno in cui è stato emesso il provvedimento, nel 12% dei casi in cui è stata emessa una misura cautelare personale coercitiva l’esito è stata l’assoluzione o il proscioglimento.

Al 31 dicembre del 2024 le persone in carcere con meno di un anno di residuo pena erano 8.087, il 17,5% dei definitivi, un dato sostanzialmente in linea con gli ultimi 4 anni. Ed erano 15.593, il 33,7% dei presenti definitivi, quelli con un residuo pena compreso tra uno e tre anni. In pratica, delle 46.232 persone in carcere con una condanna definitiva, la maggior parte (51,2%), aveva meno di tre anni da scontare, una soglia di pena che in astratto consentirebbe per moltissimi di loro l’accesso ad una misura alternativa alla detenzione.

Piuttosto stabile, ma non per questo meno impressionante, anche il numero di persone che è in carcere per eseguire una condanna inferiore ad un anno.

Si tratta perlopiù di soggetti particolarmente fragili, spesso privi di difesa tecnica e plurirecidivi. Tossicodipendenti che commettono piccoli reati per i quali nessun’altro entrerebbe in carcere.

Alla fine del 2024 erano 1.373, il 3% dei definitivi, un numero che può apparire piccolo, ma che rappresenta una grave disfunzione. Da un lato infatti la legge italiana prevede vari meccanismi per evitare che questo si verifichi (ad es. sospensione condizionale, ordine di esecuzione sospeso), e dall’altra a questo numero apparentemente piccolo corrisponde un turnover elevato, vista la breve durata di queste permanenze. Si tratta perlopiù di soggetti particolarmente fragili, spesso privi di difesa tecnica e plurirecidivi. Tossicodipendenti che commettono piccoli reati per i quali nessun’altro entrerebbe in carcere.

Sempre a fine 2024 erano 7.988, il 17,2% dei definitivi, le persone in carcere per eseguire una condanna superiore ad un anno ma inferiore a tre. Ed anche in questo caso siamo di fronte ad una soglia di pena per la quale chi ha adeguati strumenti di difesa non finirebbe in carcere potendo fruire di strumenti come la sospensione condizionale o l’affidamento in prova dalla libertà.

L’età della popolazione detenuta continua ad aumentare, ma lo fa in modo irregolare. Gli ultra quarantacinquenni, che nel 2010 erano solo il 26,1% dei presenti, poco più di un quarto, alla fine del 2024 erano il 42,2%, quasi la metà. Gli infraventicinquenni nel 2010 erano il 10,4%, ed hanno raggiunto la percentuale minima, del 5,8%, nel 2022, ma da allora sono tornati ad aumentare ed alla fine del 2024 rappresentavano il 6,4% delle presenze, ed addirittura il 10,4% degli stranieri detenuti.

I detenuti diventano dunque sempre più vecchi, ma crescono al tempo stesso anche i giovanissimi.

I detenuti diventano dunque sempre più vecchi, e questo pone notevoli e prevedibili nuove sfide, sia in tema di domanda di salute, sia in tema di percorsi di reinserimento. Ma crescono al tempo stesso anche i giovanissimi, ed anche questo tema è sentito dagli istituti come molto problematico. Da un lato perché, anzitutto per la mancanza di spazio, è difficile garantire la separazione tra adulti e giovani adulti che sarebbe prevista per legge. Dall’altro perché gli istituti generalmente non hanno un’offerta di attività e di supporto specifica per questi ragazzi, spesso segnati da gravi e diverse fragilità.

I dati presentati fino ad ora sono ovviamente solo una piccola parte di quelli contenuti in questo rapporto, e descrivono solo in parte le caratteristiche fondamentali della popolazione detenuta, del sistema penitenziario italiano e di chi ci lavora, e le difficoltà che questo sistema attraversa. I dettagli ulteriori si trovano nei singoli contributi dedicati a ciascuno di questi temi in questa edizione del rapporto, e per ragioni di brevità qui conviene rimandare alla loro lettura.

Questo contributo non si può però concludere senza almeno un rimando al titolo del rapporto stesso, al carcere italiano rimasto senza respiro, schiacchiato tra sovraffollamento e crescenti chiusure, in angosciante attesa del prossimo grave incidente, del prossimo imminente suicidio.

La sofferenza in carcere sta infatti crescendo drammaticamente. Nel 2024 l’autolesionismo è aumentato del 4,1% rispetto al 2023, mentre i tentati suicidi sono cresciuti addirittura del 9,3%. Tra gli istituti in cui si sono verificati più tentati suicidi troviamo Milano San Vittore, Napoli Secondigliano, Firenze Sollicciano e Roma Regina Coeli. Rispetto agli atti di autolesionismo troviamo ancora Milano San Vittore, Firenze Sollicciano, Napoli Secondigliano e Napoli Poggioreale. Non a caso si tratta delle più grandi case circondariali del paese, a dimostrazione di come il sovraffollamento incida nella produzione di eventi critici.

E come è noto sono in aumento da tempo anche i suicidi.

Anche quest’anno a questo tema è stato dedicato nel rapporto un focus ad hoc, ma vale la pena qui ricordare come nel 2024 sono stati almeno 91 i casi di suicidi commessi da persone private della libertà. Tra gennaio e maggio 2025, almeno 33. Il 2024 passa così alla storia come l’anno con più suicidi in carcere di sempre, superando addirittura il record del 2022. E, come si vede sopra, i suicidi crescono non solo in numero assoluto, ma anche in rapporto alle presenze.

A fronte di questa crescente sofferenza ci si aspetterebbe che il carcere si impegni ad approntare nuove e più efficaci risposte ai bisogni e alle fragilità di chi è detenuto. Ma di tutto questo non si vede traccia né nel dibattito pubblico né nella vita degli istituti, che si caratterizza invece per la crescente chiusura.

Queste crescenti chiusure, assieme al sovraffollamento e alle cattive condizioni di detenzione, stanno trasformando il carcere in una polveriera.

Con la Circolare di riorganizzazione del circuito di Media sicurezza del 18 luglio 2022, e la conseguente differenziazione tra sezioni a trattamento intensificato e sezioni ordinarie, si supera completamente quel modello di carcere delineatosi dopo la condanna del governo italiano con la sentenza Torreggiani della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che insisteva sulle celle aperte e la sorveglianza dinamica. Oggi la gran parte di chi è in carcere è detenuto in regime a celle chiuse e queste crescenti chiusure, assieme al sovraffollamento e alle cattive condizioni di detenzione, stanno trasformando il carcere in una polveriera. Aumentano infatti le manifestazioni di protesta collettiva

Secondo i dati del Garante, nel 2024 rispetto al 2023 gli scioperi della fame e/o sete hanno registrato un aumento in termini assoluti del 35%; il rifiuto del vitto/delle terapie del 21%; l’astensione dalle attività del 7%; le battiture del 39%, il rifiuto di rientrare nelle celle del 64% e gli atti turbativi dell’ordine e della sicurezza (macrocategoria dai contorni non sempre chiari) addirittura del 72%. Anche le aggressioni tra persone detenute registrano una crescita pari al 7% e quelle commesse nei confronti del personale di polizia penitenziaria del 22%.

Ma l’aumento degli eventi critici emerge con evidenza anche dalle nostre visite. Capita infatti sempre più spesso che alcuni di questi eventi si verifichino quando i nostri osservatori sono in istituto, spettatori impotenti della drammatica quotidianità penitenziaria. E, come si vede sotto, il fenomeno è confermato anche dai dati che, durante quelle visite, raccogliamo.

Come abbiamo provato a dimostrare in un approfondimento ad hoc, non c’è nessuna evidenza che le crescenti chiusure abbiano prodotto maggiore sicurezza. Appare semmai evidente il contrario: il pugno di ferro in risposta agli incidenti che in carcere si verificano quotidianamente, la diffusione del regime a celle chiuse o la crescente diminuzione delle ora d’aria si accompagnano ad una crescita, e non ad un calo, delle conflittualità. E il nuovo delitto di rivolta penitenziaria, appena introdotto dall’ennesimo Decreto Sicurezza, lascia presagire un futuro ancora più buio.