Isolamento ed eventi critici

La modalità più classica e maggiormente diffusa di isolamento penitenziario consiste nella sanzione disciplinare di isolamento conosciuta anche come “esclusione dalle attività in comune”.

L’isolamento penitenziario è un dispositivo irrinunciabile per il governo della popolazione penitenziaria che, negli anni, ha assunto manifestazioni e funzioni diverse. La modalità più classica e maggiormente diffusa di isolamento penitenziario consiste nella sanzione disciplinare di isolamento conosciuta anche come “esclusione dalle attività in comune”. Come prevede l’art. 39 o.p., tale esclusione non può perdurare per più di 15 giorni e non può essere eseguita senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario, attestante che il soggetto detenuto può sopportarla. Il medico è poi tenuto a monitorare lo stato di salute della persona sottoposta alla sanzione di isolamento per tutta la durata dell’esecuzione del provvedimento.

Nei casi di estrema urgenza la sanzione di isolamento può essere imposta alla persona detenuta in via cautelare, ex art. 78 reg. es., direttamente dal Direttore dell’istituto penitenziario, senza attendere la deliberazione del Consiglio di disciplina.

Secondo la previsione dell’art. 73 comma 8 del reg. es., non possono essere utilizzate sezioni o reparti di isolamento “per casi diversi da quelli previsti per legge”, ovvero per ragioni sanitarie, giudiziarie e, appunto, disciplinari (ex art. 33 o.p.).

Tuttavia, il dato formale viene smentito costantemente dalla prassi penitenziaria, così come hanno potuto constatare gli Osservatori di Antigone durante le visite realizzate nel corso del 2024. Di seguito, vediamo in che modo la normativa sull’isolamento penitenziario viene disattesa nella quotidianità carceraria.

A causa del sovraffollamento crescente, è sempre più frequente che i reparti di isolamento vengano utilizzati per ospitare detenuti comuni, proprio per far fronte alla mancanza di posti.

In primo luogo, a causa del sovraffollamento crescente, è sempre più frequente che i reparti di isolamento vengano utilizzati per ospitare detenuti comuni, proprio per far fronte alla mancanza di posti disponibili all’interno dell’istituto penitenziario. Presso la Casa circondariale di Velletri, ad esempio, le persone presenti nella sezione di isolamento al momento della visita non stavano scontando un provvedimento di esclusione delle attività comuni; al contrario, l’isolamento – così come la sezione nuovi giunti e la sezione transito – erano utilizzate come ulteriori sezioni di allocazione delle persone. I provvedimenti di isolamento non venivano pertanto eseguiti. Una situazione simile è stata osservata anche presso l’istituto penitenziario di Isernia o quello fiorentino di Sollicciano.

A Santa Maria Capua Vetere al momento della visita, nessuna delle persone presenti nella sezione destinata all’isolamento stava formalmente scontando la sanzione disciplinare di isolamento.

Ancora più abituale risulta la collocazione nei reparti di isolamento di quei detenuti che, pur in assenza di un provvedimento formale di isolamento ex art. 33 o.p., poichè etichettati come problematici dall’istituzione penitenziaria per differenti ragioni, vengono trasferiti nelle sezioni di isolamento. Si tratta probabilmente del fenomeno più rilevante che abbiamo potuto osservare durante le visite svolte nel 2024 e che trova conferma anche in quelle realizzate nei primi cinque mesi del 2025. A esempio presso la Casa circondariale di Frosinone, dove la sezione destinata all’isolamento è composta da 10 stanze, al momento della visita, nessuno dei detenuti presenti si trovava in isolamento in virtù dell’esecuzione di un provvedimento di isolamento disciplinare, bensì erano tutti detenuti che presentavano difficoltà di permanenza all’interno delle sezioni ordinarie. A Santa Maria Capua Vetere al momento della visita, nessuna delle persone presenti nella sezione destinata all’isolamento stava formalmente scontando la sanzione disciplinare di isolamento. Pertanto, ciascuna cella risultava occupata da persone ivi allocate in regime ordinario, in apparente stato di sofferenza psichica. A Lanciano vi sono due sezioni di isolamento, ognuna composta da 6 celle. Al momento della vista non c’erano persone in isolamento disciplinare, bensì unicamente detenuti che, per varie ragioni, non potevano trovare collocazione altrove nell’istituto. Tuttavia, l’elenco è ancora lungo; la medesima dinamica è stata constatata a Potenza, Salerno, Pausania, Secondigliano, Foggia, Catanzaro, Cassino, Sollicciano ecc.

Si noti che la Casa circondariale “Lorusso e Cotugno” di Torino è l’unico istituto penitenziario visitato dagli osservatori di Antigone nel 2024 in cui la sezione di isolamento è occupata unicamente da detenuti destinatari di una sanzione disciplinare di esclusione dalle attività in comune.

A causa del sovraffollamento, spesso la sanzione di isolamento viene eseguita nella cella ordinaria del detenuto.

A causa del sovraffollamento, spesso la sanzione di isolamento viene eseguita nella cella ordinaria del detenuto, evitando quindi il trasferimento presso una sezione ad hoc. E’ quanto accade nella Casa circondariale di Volterra e in quella di Ravenna. Si tratta di una buona pratica che più volte è stata suggerita da organismi internazionali a tutela dei diritti delle persone private della libertà, in quanto permetterebbe di non sradicare il detenuto dalla propria cella, per relegarlo in una sezione differente privandolo dei contatti con le altre persone detenute. L’isolamento, infatti, è una condizione nociva per la salute sia fisica che psichica delle persone private della libertà che vi sono sottoposte; per tale ragione la regola 43 delle Mandela Rules proibisce l’isolamento prolungato, ovvero quello che eccede le due settimane. Dal 2022 Antigone, insieme a PHRI, sta portando avanti una campagna globale per il superamento dell’isolamento penitenziario. Sul punto si rimanda all’approfondimento.

Sebbene anche l’isolamento volontario dovrebbe essere evitato, presso la Casa di reclusione di Parma, ad esempio, sono gli stessi detenuti che, pur di sfuggire alle sezioni sovraffollate per avere una cella singola e per evitare la convivenza forzata in condizioni spesso poco dignitose con troppi detenuti, chiedono di essere trasferiti in una sezione di isolamento.

Generalmente però le sezioni di isolamento, proprio perché separate dal resto e sulla carta deputate ad ospitare i detenuti che hanno meritato una sanzione disciplinare o che comunque vengono considerati come cause di turbativa dell’ordine interno, versano in cattive condizioni.

Generalmente però le sezioni di isolamento, proprio perché separate dal resto e sulla carta deputate ad ospitare i detenuti che hanno meritato una sanzione disciplinare o che comunque vengono considerati come cause di turbativa dell’ordine interno, versano in cattive condizioni. Per fare un esempio, la cella della sezione di isolamento visitata presso la Casa di reclusione di Porto Azzurro presentava un mobilio molto scarno e condizioni fatiscenti. In cella era presente numerosa immondizia che si presume fosse lì da parecchio tempo. A Cosenza, una delle celle utilizzate per l’isolamento era priva di qualunque arredo; la persona, quindi, giaceva a terra, appoggiata a una coperta. In questo caso, si tratta di una vera e propria cella liscia.

Se invece ci soffermiamo sui dati quantitativi inerenti l’isolamento disciplinare rilevati nel 2024, ma inerenti il 2023, osserviamo una vera e propria impennata nei provvedimenti di isolamento comminati rispetto a quelli emanati nel 2022. Le schede dell’Osservatorio di Antigone contengono il riferimento all’anno precedente rispetto al momento della visita per il numero dei provvedimenti di isolamento disciplinare; ciò ha lo scopo di rendere comparabili ed aggregabili i dati raccolti durante le visite svolte in momenti diversi dell’anno, che altrimenti non lo sarebbero.

La media dei provvedimenti di isolamento emanati ogni 100 detenuti nel 2023 è pari a 20,9; viene così quasi duplicato il dato relativo al 2022, ovvero 11,8.

La media dei provvedimenti di isolamento emanati ogni 100 detenuti nel 2023 è pari a 20,9; viene così quasi duplicato il dato relativo al 2022, ovvero 11,8. Tuttavia è bene segnalare che si tratta di un dato differente rispetto a quello dei provvedimenti di isolamento eseguiti, proprio perchè spesso negli istituti sovraffollati non vi sono spazi disponibili dove far eseguire le sanzioni di isolamento.

Gli istituti che registrano il maggior numero di provvedimenti di isolamento disciplinare comminati in rapporto alla popolazione penitenziaria, superando ampiamente il dato medio nazionale, sono quelli di Genova Marassi con 146, Carinola con 92,6 e Perugia con 85,3. Mentre gli istituti con pochi o nessun provvedimento di isolamento sono quelli di piccole dimensioni, come ad esempio la Casa di reclusione a custodia attenuata di Altamura (capienza regolamentare di 52 posti) e la Casa circondariale di Gorizia (capienza regolamentare di 73 posti).

È’ sempre più evidente come coloro che si trovano nelle sezioni di isolamento, così come coloro che risultano coinvolti in eventi critici, siano i detenuti con minori risorse e che incarnano tutti gli elementi tipici della marginalità sociale.

Tuttavia, l’utilizzo dell’isolamento è solo uno degli elementi da cui si evince la crisi attuale che attraversa il sistema penitenziario italiano, la quale inevitabilmente si materializza in un aumento della tensione all’interno degli istituti penitenziari e, ovviamente, in un’intensificazione della sofferenza sperimentata dalle persone detenute. È’ sempre più evidente come coloro che si trovano nelle sezioni di isolamento, così come coloro che risultano coinvolti in eventi critici, siano i detenuti con minori risorse e che incarnano tutti gli elementi tipici della marginalità sociale.

Il trend in crescita è confermato dai dati più recenti pubblicati dal Garante Nazionale; gli isolamenti disciplinari sono stati 1946 nel 2024 e 1909 nel 2023, registrando quindi un aumento dell’1,9%.

Negli ultimi due anni gli eventi critici sono aumentati in maniera considerevole. Tale crescita non deve essere però erroneamente interpretata come la causa di legittimazione delle chiusure e dell’esigenza di un approccio “muscolare” da parte dell’istituzione, bensì – assieme ad altri fattori – come l’effetto di tali chiusure (sul punto si veda l’approfondimento).

Secondo i dati dell’Osservatorio di Antigone, la media degli atti autolesivi ogni 100 detenuti è passata dal 18,1 nel 2022 al 21 nel 2023. La Casa circondariale di San Vittore, non a caso l’istituto più sovraffollato d’Italia, è anche il carcere in cui si sono registrate più condotte autolesive: 119,7 ogni 100 detenuti. Secondo quanto si apprende dai dati pubblicati dal Garante nazionale, la sofferenza delle persone detenute che più di frequente sfocia in atti di violenza auto-diretta è più acuta nelle grandi case circondariali. Oltre a San Vittore, tra i primi cinque istituti in cui nel 2024 il fenomeno dell’autolesionismo si è verificato maggiormente, troviamo anche le Case circondariali di Sollicciano e Secondigliano. La stessa cosa accade per quanto riguarda i tentati suicidi (al posto di Secondigliano, in questo caso, vi è l’altro grande circondariale di Napoli, ovvero Poggioreale). Se guardiamo anche ai dati rilevati dall’Osservatorio di Antigone, la media dei tentati suicidi ogni 100 detenuti nel 2023 purtroppo supera ampiamente il dato corrispondente del 2022, passando dal 2,4 al 2,9.

Anche in questo caso, la tendenza in aumento si evince dai dati pubblicati dal Garante nazionale, secondo i quali nel 2024 l’autolesionismo è aumentato del 4,1% rispetto al 2023, mentre i tentati suicidi sono cresciuti addirittura del 9,3%.

È rilevabile anche una connessione tra l’entità del fenomeno autolesionistico e la presenza di persone detenute con problemi psichici.

Dall’attività di monitoraggio svolta dagli osservatori di Antigone, è rilevabile anche una connessione tra l’entità del fenomeno autolesionistico e la presenza di persone detenute con problemi psichici; presso la Casa di lavoro di Vasto, dove il 90% dei detenuti è affetto da disturbi psichiatrici, il dato sull’autolesionismo è pari a 61,76 ogni 100 detenuti, quello dei tentati suicidi è pari a 20 ogni 100 detenuti. Un caso paradigmatico è quello rappresentato dalla Casa di reclusione di Parma; durante la visita, la Direzione ha riferito un trend in crescita rispetto agli eventi critici; gli atti di autolesionismo, ad esempio, da 226 nel 2023 sono stati 276 nel 2024. A motivare l’aumento del disagio in istituto avrebbero contribuito le cattive condizioni di detenzione dovute, tra le altre cose, al malfunzionamento della caldaia, ma anche l’aumento dei detenuti giovani e stranieri la cui presenza avrebbe modificato gli equilibri interni dell’istituto, tradizionalmente popolato da persone più anziane e con un diverso profilo criminale. Inoltre la scelta, sulla base di specifici protocolli Asl, di ridurre l’utilizzo di alcuni farmaci (come ad esempio il Lyrica) ha comportato difficoltà soprattutto per coloro provenienti da istituti fuori regione, dove le scelte di somministrazione dei farmaci sono diverse. Anche l’area sanitaria ha segnalato l’aumento delle criticità legate ad un elevato numero di pazienti con problematiche di tossicodipendenza e dipendenza da farmaci e di soggetti stranieri privi di rete sul territorio, con problemi di abuso o comportamentali.

Secondo i dati del Garante Nazionale anche tutte le manifestazioni di protesta collettiva sono aumentate nel 2024. I dati raccolti sono dati assoluti, per cui per essere correttamente interpretati è necessario considerare che anche la popolazione detenuta è aumentata nel 2024 rispetto al 2023 del 2,7%. Gli scioperi della fame e/o sete hanno registrato un aumento in termini assoluti del 35%; il rifiuto del vitto/delle terapie del 21%; l’astensione dalle attività del 7%; le battiture del 39%, il rifiuto di rientrare nelle celle del 64% e gli atti turbativi dell’ordine e della sicurezza (macrocategoria dai contenuti non sempre chiari) addirittura del 72%. Anche le aggressioni tra persone detenute registrano una crescita pari al 7% e quelle commesse nei confronti del personale di polizia penitenziaria del 22%.

In conclusione, il quadro proposto sembra configurarsi come il risultato di una vera e propria strategia della tensione volta a destabilizzare il mondo penitenziario in favore di un approccio più repressivo. Peccato che tale processo si stia realizzando a discapito di tutte le soggettività che abitano il carcere; in primis delle persone detenute, ma anche degli operatori penitenziari.