«Le persone costituiscono la risorsa più importante d’Europa» (Consiglio d’Europa, 2006).
Nel contesto carcerario, il diritto all’istruzione consente alla persona detenuta di costruire e mostrare un’immagine di sé diversa da quella che comunemente viene associata al mondo della detenzione. La Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2006 sottolinea l’importanza di garantire a tutti – compresi i detenuti – l’accesso alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, fondamentali per lo sviluppo personale, l’inclusione sociale e l’occupabilità.
All’interno delle carceri, l’istruzione degli adulti si basa su una collaborazione strutturata tra i CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti) e gli istituti scolastici di secondo grado.
I CPIA sono istituzioni scolastiche autonome, che organizzano percorsi di primo livello, finalizzati all’alfabetizzazione, all’apprendimento della lingua italiana e al conseguimento della licenza di scuola primaria e secondaria di primo grado. Per quanto riguarda l’istruzione di secondo livello (scuola superiore), non sono i CPIA a erogarla direttamente: questa viene invece svolta dagli istituti scolastici di secondo grado (come licei, istituti tecnici o professionali). I CPIA svolgono però un ruolo fondamentale di coordinamento: stipulano accordi di rete con le scuole superiori e collaborano alla progettazione didattica, alla definizione dei percorsi individuali degli studenti detenuti e al funzionamento complessivo del servizio formativo. Questa organizzazione è regolamentata dal DPR 275/1999 e dal DPR 263/2012, che stabiliscono come devono essere strutturati i rapporti tra CPIA, istituti di secondo grado e gli altri soggetti coinvolti, come enti locali e strutture accreditate. ( Decreto Interministeriale, Linee guida CPIA, 12 marzo 2015).
Nell’anno scolastico 2023-2024 sono stati erogati in totale (primo livello + secondo livello) 1.711 corsi scolastici, coinvolgendo 19.250 persone iscritte.
Gli ultimi dati elaborati dal Ministero della Giustizia e pubblicati il 30 giugno 2024, mostrano che nell’anno scolastico 2023-2024 sono stati erogati in totale (primo livello + secondo livello) 1.711 corsi scolastici, coinvolgendo 19.250 persone iscritte (di cui 8.965 stranieri) e che la percentuale dei detenuti iscritti che è riuscita ad ottenere la promozione si è attestata al 43,9%.
In riferimento agli stranieri, secondo i dati messi a disposizione dal Ministero della Giustizia, la maggior parte degli stranieri iscritti si concentra nel primo livello (7.410 detenuti stranieri). Tra questi 4.580 hanno partecipato a corsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana, e 1.693 sono stati promossi, ovvero il 36,96% del totale degli studenti stranieri iscritti ai corsi precedentemente citati.
Comparando i dati più recenti con quelli in riferimento all’anno precedente è possibile elaborare un grafico comparativo con alcune osservazioni e considerazioni.
Nonostante il numero di corsi e iscritti sia relativamente stabile nei due anni, la performance complessiva è in calo. Aumentano lievemente gli iscritti e i promossi, ma calano le performance in %. I periodi del primo livello mostrano un calo della percentuale di promossi. Nel 2022-2023 la percentuale di promossi al primo livello si attesta al 37,6%, mentre nel 2023-2024 i promossi corrispondono al 34,6%. Il secondo livello si conferma più efficace del primo in termini di promozioni, ma anche qui si rileva una flessione. Nel 2022-2023 la percentuale di promossi del secondo livello è del 61,3% contro i 56,9% dell’anno 2023-2024. Potrebbero esserci vari fattori dietro questo calo: maggiore difficoltà nei programmi, cambiamenti organizzativi, o situazioni socio- educative più complesse tra i detenuti.
Non è da sottovalutare la drastica diminuzione dei corsi erogati, da 1.760 corsi nel 2022-2023 a 1.711 nel 2023-2024, i corsi di secondo livello sono diminuiti di 47 unità, mentre è rimasto quasi invariato il numero di corsi organizzati di primo livello, 950 nel 2023-2024 e 952 nell’anno precedente.
Il regolamento di esecuzione adottato con DPR 230/2000 ha introdotto diverse agevolazioni per gli studi universitari, come riporta l’art. 44 in merito alla possibilità per gli studenti di essere assegnati a camere e reparti adeguati per potersi concentrare nello studio, e/o di tenere nella propria camera libri, pubblicazioni ed altri strumenti didattici.
Un aspetto positivo è l’aumento progressivo, nel susseguirsi degli anni, degli studenti universitari. Un ruolo chiave è svolto dai responsabili delle università impegnate in carcere.
Un aspetto positivo è l’aumento progressivo, nel susseguirsi degli anni, degli studenti universitari. Un ruolo chiave è svolto dai responsabili delle università impegnate in carcere, che hanno sviluppato un percorso di confronto culminato nell’aprile 2018 coinvolgendo gradualmente alcuni atenei universitari e strutturando così la CNUPP (Conferenza Nazionale Universitaria Poli Penitenziari). L’azione ha avviato un percorso di collaborazione, di confronto, di condivisione sulla base di esperienze vissute, idee, good practices, problemi comuni, al fine di promuovere una serie di proposte volte al miglioramento dell’esperienza di studio per le persone ristrette garantendo loro uno standard qualitativo di formazione. La CNUPP al momento comprende 47 Università che sono presenti sul territorio nazionale con modi e con gradi di intensità diverse in base ai numeri di iscritti e alle attività didattiche erogate. Suddividendoli per regione è possibile rilevare le aree geografiche con una maggiore densità di studenti iscritti.
Nell’ottica di offrire maggiori opportunità per intraprendere studi di livello accademico, si sono istituiti in molte regioni i Poli universitari penitenziari (PUP). Il Polo Universitario Penitenziario è la struttura organizzativa (didattica e amministrativa) attraverso cui un’università si impegna a garantire, mediante misure e agevolazioni dedicate, l’effettivo esercizio del diritto allo studio universitario per le persone private o limitate nella loro libertà personale. Questo include detenuti/internati in istituti penitenziari, soggetti in detenzione domiciliare o in esecuzione penale esterna. Affinché un PUP possa esistere, sono necessarie due condizioni fondamentali: una struttura dedicata all’interno dell’ateneo e un’attività didattica continuativa e articolata all’interno di una o più sedi penitenziarie.
Oltre a perseguire le finalità proprie della didattica (prima missione dell’università), il PUP può promuovere e integrare anche iniziative di ricerca (seconda missione) e attività di Public Engagement (terza missione), tutte orientate a favorire la formazione e il reinserimento sociale e lavorativo delle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale. (Linee guida per l’organizzazione dei Poli Universitari Penitenziari negli atenei, CNUPP, giugno 2023).
Queste realtà sono state rese possibili e a protocolli d’intesa tra il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP) e/o i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione penitenziaria (PRAP) e le diverse sedi universitarie del territorio (Ministero della Giustizia). Il bilancio del monitoraggio svolto dalla CNUPP sull’anno accademico 2024-2025 è il seguente: 1.835 persone detenute iscritte a corsi universitari (1.768 uomini e 67 donne); gli stranieri che hanno intrapreso un percorso universitario sono 189.
Nell’ultimo anno si è registrato un considerevole aumento di persone iscritte all’università, con un incremento complessivo del 7,5% rispetto all’anno accademico 2023-2024.
Nell’ultimo anno si è registrato un considerevole aumento di persone iscritte all’università, con un incremento complessivo del 7,5% rispetto all’anno accademico 2023-2024. Disaggregando il dato, vediamo come si sia registrato un lieve calo delle donne iscritte, passate da 71 a 67, mentre aumentano le persone straniere, che passano da 177 a 189, un dato positivo motivato da un ampliamento del coinvolgimento delle università nei confronti degli studenti, con corsi e attività didattiche, laboratori, esercitazioni che hanno coinvolto un’utenza mista (gli studenti “liberi” e gli studenti ristretti); quindi una promozione di interazione, di dialogo, di confronto tra percorsi di vita differenti.
Importante in tal senso l’inserimento negli ultimi tre anni del dato specifico relativo agli stranieri all’interno del monitoraggio della CNUPP, in quanto consente di avere consapevolezza del processo di integrazione della persona straniera nel contesto educativo. È altresì fondamentale andare a rilevare il numero di donne che negli anni ha avuto accesso all’istruzione. Mettendo a confronto il numero di iscritti universitari con la popolazione detenuta maschile e femminile, vediamo come sul totale dei detenuti uomini gli iscritti universitari rappresentano il 3%, mentre sul totale delle detenute donne il 2,5%.
Analizzando e incrociando i dati forniti dal DAP al 31 dicembre 2024 con il monitoraggio CNUPP 2024-2025, è emerso che, se erano 10.272 i giovani presenti negli istituti penitenziari nella fascia di età 18-30 anni, ovvero il 16,6% dei presenti, questi però rappresentano solo il 9% degli iscritti ai corsi universitari. Gli iscritti ai corsi universitari in carcere hanno infatti un’età media più elevata rispetto al complesso della popolazione detenuta. La fascia più rappresentata è quella tra i 41 e i 50 anni, con il 30% degli iscritti.
Rispetto al totale degli iscritti ai corsi universitari, 1.604 si trovano dislocati in 119 istituti penitenziari. Di questi, 868 (ossia il 54,1%) sono nel circuito di media sicurezza, 644 (il 40,1%) nel circuito di alta sicurezza, 52 in regime di 41 bis, 34 collaboratori di giustizia e 2 in Istituti penali per minorenni. Rientrano tra gli iscritti ai PUP anche 231 persone in esecuzione penale esterna (compresi semiliberi) e 4 studenti ospitati in una REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza).
Sul totale degli studenti iscritti (1.835) l’88,9% degli studenti ha optato per un corso di laurea triennale.
Sul totale degli studenti iscritti (1.835) l’88,9% degli studenti ha optato per un corso di laurea triennale. Il 5,6% è iscritto a un corso di laurea magistrale e un altro 5,6% a un corso di laurea magistrale a ciclo unico. Una persona risulta iscritta ad un corso di dottorato.
Per quanto riguarda le aree disciplinari, la CNUPP riporta che tra gli iscritti ha prevalso l’area letteraria-artistica (27%), seguita dall’area politico sociale (17%), da quella giuridica (12%) e da quella economica (9%). Vi sono poi i corsi in materie agro-alimentari, psico-pedagogiche e storico-filosofiche (ogni area con l’8% degli iscritti). Chiudono i corsi in area STEM e medico-sanitaria, rispettivamente con il 6% e il 4% degli iscritti.
Emergono alcune criticità, come la difficoltà di far coincidere le disponibilità degli istituti scolastici esterni con le esigenze organizzative del carcere, nonché l’insufficienza di detenuti necessari a costituire una classe.
Nel corso del 2024, l’Associazione Antigone ha effettuato 95 visite negli istituti penitenziari italiani. Da queste ispezioni è emerso che nel 94,7% delle strutture sono presenti spazi dedicati esclusivamente alla scuola e alla formazione, mentre nel 4,2% tali spazi risultano assenti. Per quanto riguarda le biblioteche, il 55,9% degli istituti ne dispone e le utilizza anche come spazi comuni, come sale lettura o aule studio. Nel restante 43%, invece, la biblioteca è presente ma non viene adibita ad uso collettivo (Osservatorio Antigone). Nella maggior parte delle carceri visitate, vengono regolarmente garantiti corsi di alfabetizzazione e percorsi scolastici di livello superiore. Tuttavia, emergono alcune criticità, come la difficoltà di far coincidere le disponibilità degli istituti scolastici esterni con le esigenze organizzative del carcere, nonché l’insufficienza di detenuti necessari a costituire una classe. Esemplificativi sono i casi della Casa Circondariale di Treviso e della Casa di Reclusione di Bolzano, dove non è possibile iscriversi né alla scuola superiore né all’università, a causa proprio di queste problematiche.
Sui 50 Istituti penitenziari in cui sono presenti più di 10 iscritti a corsi universitari, secondo la CNUPP solo 14 dispongono di “sezioni dedicate” per gli studenti, ovvero camere o reparti adeguati allo svolgimento dello studio e locali comuni, la cui assegnazione avviene ove possibile sulla base di decisioni prese dalla direzione dei singoli istituti. Di queste 14, 10 sono sezioni diurne e notturne, mentre 4 solo diurne, ossia il cui accesso è limitato alle sole ore di studio e attività.
Secondo il monitoraggio della CNUPP realizzato per l’anno accademico 2023-2024, tra gli studenti detenuti non collocati in sezioni dedicate l’83% può usufruire degli spazi e strumenti per lo studio.
Il grafico che segue evidenzia come lo studio in carcere sia condizionato sia da limiti strutturali che da vincoli legati ai regimi di detenzione. L’accesso a internet è fortemente limitato, non solo negli istituti con sezioni di alta sicurezza, dove le restrizioni sono ancora maggiori, ma in generale essendo previsto solo in 9 Istituti penitenziari. La scarsa presenza di celle singole, anch’esse disponibili in solo 9 istituti, riflette un problema di sovraffollamento, che ostacola lo studio individuale. Nonostante ciò, è positivo che in molti Istituti (66) si possano tenere materiali accademici in cella e accedere a spazi comuni come sale colloqui (in 47 Istituti ) e sale studio (in 43 Istituti).
Le università, attraverso il costante impegno di docenti e tutor, svolgono un ruolo chiave nell’accompagnare le persone private della libertà in un percorso di crescita, emancipazione, responsabilizzazione, rispetto e tolleranza. L’università può diventare uno strumento di soft power, capace di mitigare il peso della detenzione e offrire ai detenuti una via per riappropriarsi della propria identità e progettare il futuro. Le esperienze attualmente attive, come i poli universitari sono nate dal basso, grazie all’incontro tra più soggetti: da un lato, i detenuti stessi, o chi si fa portavoce dei loro desideri e bisogni – come avvocati, volontari o familiari – e dall’altro la sensibilità e disponibilità dei singoli docenti o gruppi di docenti universitari che si rendono disponibili ad accogliere le richieste di avvio, ripresa o prosecuzione degli studi. A ciò si aggiunge il sostegno, non scontato, delle direzioni penitenziarie e dei responsabili del PRAP, e talvolta l’appoggio dei magistrati di sorveglianza, che insieme contribuiscono ad agevolare la realizzazione dei percorsi universitari.