di Susanna Marietti
Negli ultimi anni Antigone si è impegnata in una campagna mondiale per l’abolizione dell’isolamento in carcere, portata avanti assieme all’organizzazione Physicians for Human Rights Israel.
Negli ultimi anni Antigone si è impegnata in una campagna mondiale per l’abolizione dell’isolamento in carcere, portata avanti assieme all’organizzazione Physicians for Human Rights Israel. Se il diritto internazionale afferma che l’isolamento penitenziario debba essere una misura estrema, e se lo limita a un massimo di quindici giorni e lo proibisce del tutto in alcuni casi particolari, lo riconosce tuttavia come misura a volte inevitabile per mantenere la sicurezza in carcere. Come se non esistessero alternative. Il diritto internazionale ci dice insomma cosa non si deve fare rispetto all’isolamento, quali sono i limiti del suo utilizzo. Ma non ci dice invece cosa si dovrebbe fare al suo posto, al fine di superarne del tutto l’applicazione.
È per colmare questa lacuna che Antigone e Physicians for Human Rights Israel hanno lavorato all’”International Guiding Statement on alternatives to solitary confinement” (IGS), un documento che propone linee guida a livello globale per ridurre e infine superare l’uso dell’isolamento nelle carceri. L’IGS – che è accompagnato dal “Background brief”, un testo di approfondimento che fornisce ulteriore contesto – è basato sulle riflessioni di un gruppo multidisciplinare di esperti a livello internazionale. L’augurio è che l’IGS possa divenire parte della soft law internazionale.
Indebolire la pratica dell’isolamento significa smantellare le forme più estreme e pericolose di detenzione. Pericolose per la stessa dignità umana.
La necessità di pensare a linee guida globali per superare l’uso dell’isolamento carcerario nasce dal lavoro quotidiano di Antigone. L’isolamento è uno degli aspetti centrali dell’attività di monitoraggio del nostro Osservatorio. Negli ultimi anni abbiamo imparato a prestare sempre più attenzione ai luoghi della prigione in cui si pratica l’isolamento, formale o di fatto. Si tratta dei luoghi maggiormente a rischio di abusi e violazioni dei diritti umani. Ci siamo resi conto di come il tema dell’isolamento sia centrale – in senso quasi geometrico, come il perno di un ventaglio ideale – per offrire una lettura dei sistemi penitenziari attuali. Ecco coinvolge infatti molti argomenti critici che riguardano il carcere: la tortura, l’uso della forza, il sistema disciplinare, la custodia cautelare, la salute mentale, la salute in generale, l’autolesionismo, i suicidi, le categorie vulnerabili, le situazioni difficili, la formazione del personale, la garanzia dei diritti fondamentali in ogni forma di vita carceraria. Indebolire la pratica dell’isolamento significa smantellare le forme più estreme e pericolose di detenzione. Pericolose per la stessa dignità umana, come appare tragicamente evidente in ogni cella di isolamento.
In passato si riteneva che l’isolamento potesse portare alla riabilitazione, che si potesse destrutturare la mente del detenuto per poi ricostruirla con il lavoro e la religione. Oggi sappiamo con certezza che effettivamente l’isolamento destruttura la mente delle persone, in quanto la devasta, ma è ben lontano dal ricostruirla. Fin dalla seconda metà del Novecento, numerosi studi hanno mostrato i tanti effetti dannosi dell’isolamento, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Tra questi: stati di confusione, allucinazioni, paranoia, depressione, problemi di memoria e concentrazione, ansia, disturbi da stress post-traumatico, intenzioni autodistruttive, rabbia, problemi cardiovascolari, abbassamento della vista, complicazioni gastriche. Tali effetti possono comparire dopo pochi giorni e persistere a lungo dopo la fine dell’isolamento. L’isolamento aumenta il rischio di morte prematura.
Anche sul piano della vita penitenziaria l’isolamento ha effetti dannosi. Possiamo dire che mina lo scopo stesso della pena detentiva. Innanzitutto, aumenta l’aggressività: è dimostrato che l’isolamento non riduce, ma anzi accresce la violenza in carcere. In secondo luogo, aumenta il rischio di tortura. Infine, aumenta la recidiva: i detenuti isolati a lungo disimparano la vita sociale, rendendo più difficile il reinserimento nella comunità.
Gli effetti nocivi dell’isolamento sono riconosciuti a livello internazionale. Già dal 1990 le Nazioni Unite hanno invitato a superare l’isolamento come misura punitiva. Il Principio 7 dei Basic Principles for the Treatment of Prisoners (adottati dall’Assemblea Generale nel dicembre 1990) afferma: “Si devono intraprendere e incoraggiare sforzi volti all’abolizione dell’isolamento come punizione, o alla limitazione del suo utilizzo”. In generale gli standard internazionali concordano – e sempre di più negli ultimi anni – sul fatto che l’isolamento dovrebbe essere evitato il più possibile e, in certi casi e in certe forme, proibito del tutto. Le fonti più rilevanti in tal senso sono:
– Istanbul Statement on the Use and Effects of Solitary Confinement (2007);
– Rapporto intermedio del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla tortura (2008);
– Rapporto intermedio del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla tortura (2011);
– 21° Rapporto Generale del CPT (2011);
– Mandela Rules delle Nazioni Unite (2015);
– Regole penitenziarie europee (2020, con revisioni sulle regole sull’isolamento e la separazione);
– Consensus Statement from the Santa Cruz Summit on Solitary Confinement and Health (2020).
Ma nonostante la consapevolezza dei suoi effetti dannosi, l’isolamento è ancora ampiamente usato nei sistemi penitenziari di tutto il mondo, anche nei confronti di categorie vulnerabili.
Ma nonostante la consapevolezza dei suoi effetti dannosi, l’isolamento è ancora ampiamente usato nei sistemi penitenziari di tutto il mondo, anche nei confronti di categorie vulnerabili. Ben lontano dall’essere una misura di ultima istanza, è troppo spesso impiegato come strategia di controllo o persino come strumento ordinario di gestione del carcere, di fronte a una popolazione detenuta selezionata sempre più in base a caratteristiche sociali di marginalità. Oggi l’isolamento è la risposta dei sistemi penitenziari a un’ampia varietà di situazioni diverse. L’uso eccessivo dell’isolamento è un problema giuridico ma anche culturale. Troppo spesso esistono aree grigie dove vigono regole informali, forme di isolamento di fatto che sfuggono a ogni categorizzazione.
Il diritto internazionale dei diritti umani non vieta l’isolamento in generale. Ciò che è vietato è l’isolamento prolungato, cui si aggiungono divieti specifici per determinate categorie di detenuti. Per quanto si affermi che debba essere utilizzato solo come ultima risorsa, il diritto internazionale, gli organi di monitoraggio, le autorità e gli esperti internazionali hanno generalmente sempre interpretato tale misura come inevitabile in alcune circostanze per mantenere la sicurezza in carcere. La mancanza di alternative all’isolamento finisce per rafforzare l’idea che esso sia uno strumento necessario. Noi riteniamo invece che delle possibili alternative esistano. E sono quelle che l’IGS si propone di offrire.
Nel gennaio 2022 Antigone e Physicians for Human Rights Israel hanno convocato un gruppo internazionale multidisciplinare di esperti con l’obiettivo di riflettere collettivamente sulle alternative all’isolamento carcerario.
È per questo che nel gennaio 2022 Antigone e Physicians for Human Rights Israel hanno convocato un gruppo internazionale multidisciplinare di esperti con l’obiettivo di riflettere collettivamente sulle alternative all’isolamento carcerario. La discussione si è svolta da remoto ed è stata seguita da un intenso scambio via email durato oltre un anno. Tra i partecipanti c’erano Alan Mitchell, medico e presidente del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura, David C. Fathi, responsabile carceri dell’American Civil Liberties Union, Grazia Zuffa, psicologa attiva nel campo delle politiche sulle droghe e delle carceri che ci ha lasciati di recente e che ricordiamo con stima e affetto, Peter Scharff Smith, professore di sociologia del diritto all’Università di Oslo e grande esperto di isolamento penitenziario, Sharon Shalev, fondatrice di SolitaryConfinement.org e il cui lavoro pionieristico ha offerto al mondo per la prima volta un quadro completo sull’uso e le conseguenze dell’isolamento nonché una cornice teorica organica per comprenderne l’impatto sui diritti umani.
Il gruppo di lavoro non ha voluto adottare un approccio esclusivamente teorico, coinvolgendo solo studiosi che affermano dalle proprie scrivanie che si può fare a meno dell’isolamento. Alla stesura dell’IGS ha partecipato ad esempio Rick Raemisch, che in passato ha diretto il sistema penitenziario del Colorado e ha concretamente eliminato l’uso dell’isolamento dalle carceri da lui gestite. Fu nominato dopo che il suo predecessore era stato ucciso da un uomo con problemi di salute mentale che aveva passato sette anni in isolamento ed era stato rilasciato direttamente in comunità, una pratica frequente in molti paesi. Quando Raemisch vietò l’isolamento finanche nella struttura per persone con gravi problemi psichiatrici, fu detto che avrebbe portato a uccidere qualcuno. Ma col tempo i dati dimostrarono il contrario: gli eventi critici diminuirono di oltre l’80%.
Tra i firmatari del documento finale ci sono anche Juan Mendez, ex Relatore speciale ONU sulla tortura e Mauro Palma, già presidente del CPT e del Consiglio europeo per la Cooperazione Penologica del Consiglio d’Europa (PC-CP) nonché fondatore di Antigone.
Tra i firmatari del documento finale ci sono anche Juan Mendez, ex Relatore speciale ONU sulla tortura che nel 2011 presentò il rapporto sull’isolamento che fissava il limite dei quindici giorni, e Mauro Palma, già presidente del CPT e del Consiglio europeo per la Cooperazione Penologica del Consiglio d’Europa (PC-CP) nonché fondatore di Antigone.
Negli scorsi mesi, Antigone e PHRI hanno lavorato con decisione alla diffusione dell’IGS, che ha ricevuto grande interesse da parte sia di organizzazioni della società civile che di autorità internazionali. Tra marzo e maggio 2023, nell’ambito delle Nazioni Unite l’IGS è stato presentato a Ginevra al Comitato Contro la Tortura (CAT), al Sottocomitato per la Prevenzione della Tortura (SPT), al Comitato per i Diritti Umani, al Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria e a vari Relatori speciali (sulla tortura, sui diritti delle persone con disabilità, sulla salute). È stato inoltre presentato all’ICRC (Comitato Internazionale della Croce Rossa), all’APT (Associazione per la Prevenzione della Tortura) e all’OMCT (Organizzazione Mondiale contro la Tortura).
In maniera enormemente significativa, il 24 e 25 settembre 2024 il Consiglio d’Europa ha deciso di tenere a Strasburgo l’incontro multilaterale dal titolo “Solitary confinement in prisons and its alternatives: a human rights perspective”. L’incontro ha riunito alti funzionari dei servizi carcerari di 35 Stati membri. Il Consiglio d’Europa ha esplicitamente affermato di averlo organizzato sulla base del nostro documento.
Due premesse prima di lasciarvi alla lettura dell’IGS. La prima: il documento non si colloca fuori dal mondo e le misure suggerite partono dalla constatazione che l’isolamento è ancora di fatto praticato. Il gruppo di lavoro ha affrontato la situazione reale dei sistemi carcerari. Quando auspicabilmente l’isolamento penitenziario sarà stato superato, alcune delle raccomandazioni contenute nell’IGT non saranno più necessarie. In generale, le linee guida indicano un percorso per gradi. Non va dunque vista come una contraddizione la circostanza che venga regolamentato qualcosa che contemporaneamente si desidera abolire.
Seconda premessa: il gruppo di lavoro ha adottato un approccio olistico. Abbiamo assunto che l’isolamento non sia un fenomeno isolato e che il suo uso eccessivo derivi da problemi strutturali più ampi e da fallimenti sistemici tanto del sistema penitenziario che dei servizi territoriali. L’Appendice dell’IGS, insieme al “Background brief”, si concentra su tali problemi strutturali: l’uso eccessivo del carcere, dove il sovraffollamento aumenta le tensioni e conduce a misure punitive; la criminalizzazione indebita e sproporzionata di gruppi svantaggiati, dove le disuguaglianze sociali si riflettono in una sovra-rappresentazione delle persone vulnerabili nelle carceri, incluse quelle con disabilità mentali, sovra-rappresentate anche in isolamento; la carenza di tutele socio-sanitarie nella comunità, dove troppo spesso il carcere diventa l’ultima frontiera del welfare; il fallimento del principio di normalizzazione, per il quale il carcere dovrebbe riflettere le condizioni di vita esterne; la mancata tutela del diritto alla salute in carcere.
L’IGS si divide in quattro sezioni, cui si aggiungono un Preambolo e l’Appendice che abbiamo appena menzionato. Senza poter entrare qui nei dettagli del documento, rimandiamo alla lettura dello stesso IGS, facilmente reperibile sul sito di Antigone. Diremo solo che la Sezione A si occupa di documentazione e supervisione, in quanto il punto di partenza per contrastare l’uso dell’isolamento è conoscerlo. La Sezione B è in un certo senso il cuore dell’IGS e intende offrire alternative concrete all’isolamento nei diversi contesti in cui oggi viene usato. È un cuore, tuttavia, che sarebbe impraticabile senza le altre sezioni: il documento è interconnesso e ogni sezione necessita delle altre. È infatti grazie alla consapevolezza dei fattori strutturali (Appendice), alle misure di documentazione e supervisione (Sezione A), ai piani individualizzati (Sezione C) e alla formazione del personale (Sezione D), che le alternative diventano realizzabili.
Si può fare a meno dell’isolamento carcerario. Esistono alternative al suo utilizzo. Ed è su questa strada che i sistemi penitenziari di tutto il modo devono impegnarsi. Antigone e PHRI hanno lavorato all’International Guiding Statement on alternatives to solitary confinement al fine di metterlo a disposizione delle autorità carcerarie, dei governi, dei legislatori, delle autorità sanitarie. Noi le carceri le conosciamo, le visitiamo da tanti anni. Abbiamo imparato sempre più a fondo i danni dell’isolamento. Come organizzazioni di società civile, non vogliamo limitarci ad avere una voce critica, ma vogliamo abbracciare un ruolo attivo e proattivo anche nell’ambito della legislazione. Ci auguriamo che l’IGS divenga presto uno standard di riferimento a livello internazionale.