Misure alternative e di comunità

141.539. Questo il numero dei soggetti in carico presso gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) stando agli ultimi dati aggiornati al 15 Marzo 2025 del Ministero della Giustizia. Di questi 97.009 (68,5%) erano in carico per misure di vario tipo e 44.530 (31,5%) per indagini e consulenze. Del totale, l’89,1% erano uomini e il restante 10,9% donne.

Il grafico sopra vuole mostrare come tra le varie misure, quelle ad avere un maggior peso di utilizzo (con un aumento, rispetto al 15 Marzo 2024, del 13,8%), sono state le misure alternative alla detenzione, tra cui in particolare l’affidamento in prova al servizio sociale e la detenzione domiciliare. A seguire, nonostante il leggero calo rispetto l’anno precedente, vi è la messa alla prova e le sanzioni di comunità, come la violazione della legge sugli stupefacenti e la violazione del codice della strada. Esponenziale l’aumento, del 142,6%, delle pene sostitutive. Si è passati da 2.638 soggetti in carico alla fine del 2023 a 6.028 nel 2024, fino ai 6.399 al 15 aprile 2025.

È possibile osservare come le donne abbiano più accesso, in proporzione, a un qualche tipo di misura.

A fronte di un’esigua, rispetto a quella maschile, popolazione femminile detenuta (4,3% del totale), è possibile osservare come le donne abbiano più accesso, in proporzione, a un qualche tipo di misura. Questo è dovuto tra i vari fattori anche al tipo di crimine generalmente commesso che prevede pene più leggere. La percentuale di donne in carico si attesta al 11,1%. Del totale unicamente femminile, la maggior parte di loro è in messa alla prova con il 38,10%, segue poi l’affidamento in prova al servizio sociale con il 28,8%. I valori più esigui si ritrovano nella semilibertà, solo 39 donne (0,36%) e con unicamente 2 casi di libertà controllata (0,02%).

A fronte di un totale di 112.677 italiani, gli stranieri erano 28.862, quindi il 20,4% del totale

Importante è anche fare riferimento ai soggetti in carico a seconda della loro nazionalità e quindi comprendere il divario tra componente straniera e italiana. A fronte di un totale di 112.677 italiani, gli stranieri erano 28.862, quindi il 20,4% del totale. L’analisi statistica dei dati fornita dal Ministero della Giustizia, non fornisce, come per i cittadini italiani, la suddivisione secondo la tipologia di misura. Nonostante questo è possibile osservare come a fronte del totale complessivo, la percentuale di italiani che usufruiscono di un qualche tipo di misura è significativamente maggiore (circa il 79.61%). La maggior parte degli stranieri proviene dal continente Europa (12.356) come per l’Albania (3.962) e Romania (3.670); seguono poi quelle del continente africano (10.589), in particolar modo dal Marocco con 4.346 soggetti.

Se si guarda invece alla popolazione detenuta, stando agli ultimi dati disponibili del 30 aprile 2025, gli stranieri presenti sono 19.740, il 31,6%, una percentuale assai maggiore di quelli in misura alternativa, a dimostrazione della loro maggiore difficoltà ad accedere alle alternative alla detenzione. La maggior parte di loro proviene da paesi quali il Marocco (4.331), Tunisia (2.143), Nigeria (1.044) ed Egitto (987) ma anche dell’Est Europa come Romania (2.156) e Albania (1.918).

Una postilla va apposta anche per quanto riguarda l’età dei soggetti in un qualche tipo di misura. Il numero più consistente sia per le donne che per gli uomini, riguarda le fasce 40-49 anni (35.336); 30-39 anni (32.734) e 50-59 anni (30.423).

In undici anni, da quando venne introdotta la legge 64/2014, il numero di persone in carico al UEPE per l’esecuzione di una qualche misura è più che triplicato, passando da 31.865 a 97.009.

In undici anni, da quando venne introdotta la legge 64/2014, il numero di persone in carico al UEPE per l’esecuzione di una qualche misura è più che triplicato, passando da 31.865 a 97.009. Se fino al 2019, la crescita è stata abbastanza costante, dopo il leggero calo del 2020 causa covid-19, le persone a cui è stato permesso di averne accesso ha subito un’impennata. Questo è possibile notarlo in particolare a partire dal 2022, anno in cui il d.lgs n.150/2022 ha sia esteso i criteri di ammissibilità per la messa alla prova (pena non superiore nel massimo a sei anni e disponibilità a percorsi riparatori) sia la possibilità di farne richiesta da parte del pubblico ministero.

Se ci si sofferma sulle singole misure, presentate nel grafico, è possibile notare come: l’affidamento in prova dopo il 2020 ha visto una crescita esponenziale arrivando nel 2025 a 33.356 casi. La detenzione domiciliare è aumentata durante il 2020, dato che indica una maggior apertura nella concessione della misura sia per i soggetti dichiarati incompatibili con il regime carcerario a causa delle loro precarie condizioni di salute sia come strumento deflattivo. L’aumento successivo è stato lieve e costante. Al contrario la semilibertà ha subito un crollo nell’anno della pandemia, passando da 1.028 casi del 2019 a 748. Ha ripreso a crescere dall’anno successivo, anche se in maniera lieve. Un andamento decisamente diverso è quello relativo al lavoro di pubblica utilità per violazione legge sugli stupefacenti. Se pre pandemia, l’andamento dei numeri era stato sempre in crescita, successivamente è diventato altalenante. Trend confermato anche per il biennio 2024-2025, con una decrescita del 10,4%. L’andamento in negativo, per lo stesso biennio considerato precedentemente, vale anche per il lavoro di pubblica utilità per violazione del codice della strada. Si è infatti passati da 9.787 soggetti in carico nel 2024 a 8.596 nel 2025, fino al 15 Marzo. Infine, per ritornare a una delle misure più applicate, ossia la messa alla prova, anche questa è tornata ad aumentare del +35% post covid, per poi vedere un trend di stabilità arrivando a 26.770 soggetti nel 2025.

A fronte del ben già noto problema del sovraffollamento delle carceri italiane, che ha raggiunto la media del 132,6%, è interessante andare ad analizzare la distribuzione, per le singole regioni, delle persone in carico per una qualche misura di comunità.

Guardando sempre ai dati dell’anno passato infatti, a fronte di un aumento della popolazione detenuta di quasi duemila persone, quelle in carico per un qualche tipo di misura di comunità è salito di più di dodicimila unità.

Questo nonostante sia meno afflittivo, aumenta il cosiddetto net widening penale, finendo per allargare in modo capillare la rete di controllo e includere sempre più un numero maggiore di persone nel sistema penale.

Il grafico mostra sia il numero di detenuti presenti in carcere per ogni singola regione sia il numero di persone in carico agli UEPE per l’esecuzione di una misura. A partire da questi dati, è stato poi calcolato il rapporto tra essi. La media nazionale, di tale rapporto, nel 2023 era di 0,7 detenuti per ogni persona in una misura di comunità, diventata poi 0,6 nel 2024. Guardando sempre ai dati dell’anno passato infatti, a fronte di un aumento della popolazione detenuta di quasi duemila persone, quelle in carico per un qualche tipo di misura di comunità è salito di più di dodicimila unità. In sintesi, i dati mostrano un sistema penale in evoluzione e la diminuzione del rapporto tra queste due categorie suggerisce come oltre all’aumento delle persone ristrette all’interno del carcere, siano aumentate esponenzialmente le persone sotto il controllo penale esterno. Questo nonostante sia meno afflittivo, aumenta il cosiddetto net widening penale, finendo per allargare in modo capillare la rete di controllo e includere sempre più un numero maggiore di persone nel sistema penale.

Il rapporto delle singole regioni si discosta in maniera differente dalla media nazionale. Le regioni in cui si ricorre maggiormente a questo tipo di misure, probabilmente per una maggiore disponibilità di servizi, rimangono le regioni del centro-nord come il Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Trentino Alto Adige e Veneto. Tra le regioni del Sud invece spiccano la Calabria, Puglia e Sardegna. Ma in particolar modo la Sicilia con 10.742 in carico e una popolazione detenuta di 7.101 soggetti.