L’impossibilità di uscire dal perimetro detentivo e la ridotta disponibilità di ambienti e attrezzature sportive al suo interno, si traducono in un deficit di attività motoria, con conseguenze gravi sul piano della salute fisica e mentale
Il carcere è un ambiente patogeno, che sottopone la sua popolazione a varie forme e gradi di disagio psicologico e che per sua costituzione intrinseca costringe a una staticità e a un’immobilità spaziale quasi assoluta: l’impossibilità di uscire dal perimetro detentivo e la ridotta disponibilità di ambienti e attrezzature sportive al suo interno, si traducono in un deficit di attività motoria, con conseguenze gravi sul piano della salute fisica e mentale. Da qui l’urgenza di attuare politiche e programmi per l’attività sportiva nei contesti detentivi, che costruiscano spazi con attrezzature idonee per la pratica sportiva, che rendano disponibili istruttori con competenze specifiche nel campo dell’attività motoria e delle diverse discipline sportive, che misurino e monitorino le condizioni di salute e di benessere psicofisico delle persone ristrette. Gli istituti penitenziari rappresentano un contesto in cui l’attività sportiva si rivela uno strumento dotato di molteplici valenze. Lo sport può innanzitutto aiutare a costruire una dimensione di incontro tra le persone recluse, configurandosi altresì come strumento utile alla costruzione di posture relazionali e comunicative dotate di una valenza risocializzante, nonché funzionale nell’ottica del furo reinserimento nello spazio libero.
Nell’ordinamento penitenziario italiano (l. n. 354/1975), lo sport rientra tra le attività “trattamentali” ritenute rilevanti per le persone detenute: l’articolo 27 riconosce infatti la funzione rieducativa delle attività sportive e la loro utilità ai fini del reinserimento. Sul territorio, tuttavia, non vi è una strutturazione omogenea, essendo l’organizzazione dello sport – al pari di quanto previsto per le attività sociali e ricreative – demandata alle singole amministrazioni degli istituti, attraverso l’istituzione di una commissione che riunisce il direttore, i rappresentanti dei detenuti e i soggetti attivi a fini pedagogici (educatori, assistenti sociali, ecc.). Il riferimento, per quanto generale. al valore della pratica sportiva e alle sue modalità organizzative è poi stato ribadito in anni recenti dalle modifiche apportate dalla riforma del 2018 (d.l. n. 128/2018).
I programmi delle attività sportive sono rivolti, in particolare, ai giovani; per il loro svolgimento deve essere sollecitata la collaborazione degli enti nazionali e locali preposti alla cura delle attività sportive
Per cogliere meglio il perimetro concettuale con cui la pratica sportiva in carcere è stata pensata dal legislatore, occorre fare riferimento altresì al secondo ‘pilastro’ della normativa italiana vigente sull’ordinamento penitenziario, il Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà (d.P.R. n. 230 del 30 giugno 2000). Due articoli risultano particolarmente rilevanti nel campo. L’art. 16 («Utilizzazione degli spazi all’aperto»), al comma 1, recita: «Gli spazi all’aperto, oltre che per le finalità di cui all’articolo 10 della legge, sono utilizzati per lo svolgimento di attività trattamentali e, in particolare, per attività sportive ricreative e culturali secondo i programmi predisposti dalla direzione». L’art. 59 («Attività culturali, ricreative e sportive»), al comma 2, specifica: «I programmi delle attività sportive sono rivolti, in particolare, ai giovani; per il loro svolgimento deve essere sollecitata la collaborazione degli enti nazionali e locali preposti alla cura delle attività sportive».
Si può dunque affermare che la pratica sportiva, oltre a essere soggetta a una definizione e programmazione locale da parte di ogni singolo istituto di pena, è significativamente vincolata dalla capacità e dalla possibilità di costruire partnership con gli enti e le associazioni usualmente deputati alla promozione, all’organizzazione e alla gestione delle attività sportive nel contesto sociale ‘civile’ e ordinario che vive all’esterno del carcere. Inoltre, la pratica sportiva è prevalentemente concepita come attività da svolgersi negli spazi all’aperto frequentabili dai detenuti solo in momenti prestabiliti della giornata.
Nulla è esplicitamente prescritto in merito alle dotazioni necessarie agli istituti di pena per garantire condizioni utili a un’adeguata pratica sportiva, dal punto di vista sia degli spazi dedicati, sia delle attrezzature tecniche. Anche lo sport, quindi, così altre pratiche quotidiane dell’abitare in carcere, sconta il limite strutturale di una normativa che ne riconosce un valore alto, ma che risulta poi incapace di definire e prescrivere in modo chiaro ed esplicito le caratteristiche, le configurazioni e le dimensioni minime degli spazi necessari a garantire standard accettabili per la vita dei detenuti. Tale limite ha contribuito, nel tempo, a causare un generale deficit di cultura progettuale nel campo dell’edilizia penitenziaria nazionale.
Nonostante i limiti di cui sopra, l’Osservatorio di Antigone ha tuttavia registrato un miglioramento sui numeri relativi alla pratica sportiva nel corso degli anni. Dei 95 istituti visitati nel 2024, circa il 50% garantiva alle persone detenute l’accesso settimanale a una palestra e a un campo sportivo, mentre il 22% garantiva tale possibilità ad esclusione di alcune sezioni particolari (isolamento, transito, ecc.). “Solo” 20 istituti visitati non garantivano l’accesso settimanale alla palestra e 21 al campo sportivo.
Per quanto possano apparire come numeri comunque ancora non soddisfacenti, si deve notare che rispetto agli anni trascorsi alcuni progressi sono stati registrati: si pensi ad esempio che nel 2021 gli istituti che non garantivano l’accesso settimanale a un campo sportivo erano 39 e gli istituti che non disponevano della palestra erano 43, dati sono migliorati sia nel 2022, abbassandosi rispettivamente a 29 e 31, che nel 2023, ulteriormente abbassandosi a 26 e 25.
Anche nel 2024 il Ministro per lo Sport e i Giovani, tramite il dipartimento per lo Sport, ha promosso il progetto “Sport di tutti – Carceri”
In continuità con gli anni precedenti, anche nel 2024 il Ministro per lo Sport e i Giovani, tramite il dipartimento per lo Sport, ha promosso il progetto “Sport di tutti – Carceri”, un’iniziativa che si inserisce nell’ambito di un protocollo di intesa sottoscritto con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità. L’obiettivo del progetto è quello di supportare le associazioni e le società sportive dilettantistiche (ASD/SSD) e gli Enti del Terzo Settore di ambito sportivo, per promuovere la salute e il benessere psico-fisico, facilitando il recupero dei detenuti attraverso lo sport quale strumento educativo e di prevenzione del disagio sociale.
In generale, gli sport più praticati sono: rugby, yoga, calcio e calcetto a 5 (che a volte coinvolge detenuti esterni per la partecipazione a tornei di calcetto, come accade a Lanciano o a Catanzaro), corsi di fitness, pallavolo (Chiavari), atletica (Castrovillari), corsi per arbitro (Foggia), ping pong, soft rugby (si segnala che spesso, ad esempio nella Casa circondariale di Paola, l’attività è richiesta da più persone di quelle che poi effettivamente la frequentano, a causa della sovrapposizione con altri impegni, tra cui colloqui con i familiari e gli avvocati, lavoro, ecc.), pallacanestro (Modena), danza.
Da uno sguardo più ravvicinato sugli istituti si registrano alcune esperienze particolarmente positive. Ad esempio, nella casa di reclusione femminile di Trani è attivo il progetto “Rugby oltre le sbarre” (promosso dall’ASD Bisceglie Rugby) nonché un corso di yoga tenuto dall’associazione “Liberation Prison Project”, che tramite pratiche di integrazione tra corpo, respiro e mente, ha lo scopo di far utilizzare il tempo della reclusione come un cammino di sviluppo psicofisico e di trasformazione interiore. A Salerno il progetto “Sport in carcere” coinvolge circa 80 detenuti, dall’alta sicurezza alla media sicurezza, in attività di vario genere. A Rebibbia una parte importante dell’attività sportiva è quella realizzata dalla Polisportiva Atletico Diritti. In particolare, nel 2018 è nata una squadra di calcio a 5 (futsal) che si allena e gioca nel carcere femminile: iscritta al torneo Amatori CSI, la squadra si allena una o due volte a settimana e gioca ogni settimana contro una squadra ospite. Inoltre, grazie alla Polisportiva, dal 2021 è attiva una sezione di tennistavolo, che si allena nella sala teatro dell’istituto. Altro esempio virtuoso è rappresentato dal progetto “Mettiamoci in gioco”, che dal 2015 presso la Casa Circondariale di Lanciano coinvolge i detenuti in un campionato di calcio a cinque di serie D.