Covid e pandemia in Italia

Covid e pandemia in Italia

1024 538 XVII rapporto sulle condizioni di detenzione

 

La pandemia attraverso gli occhi di Antigone

L’emergenza Coronavirus ha profondamento segnato le vite di tutti noi, ha modificato le nostre abitudini, il nostro modo di lavorare e di comunicare. Anche il mondo penitenziario ha subito gli effetti della pandemia e ha dovuto adattarsi a una nuova normalità fatta purtroppo di chiusure al mondo esterno e di un ancor più marcato isolamento delle persone detenute.

Nonostante le precauzioni, la pandemia in carcere è entrata lo stesso. Al primo marzo 2021 erano 410 i detenuti positivi al Coronavirus. I positivi fra lo staff del corpo di polizia penitenziaria erano 562. Fra lo staff amministrativo i positivi erano 49.

Durante la prima ondata i contagi in carcere sono stati relativamente contenuti, con un picco massimo di 160 detenuti positivi e 4 decessi. Diversa è stata invece la seconda fase in cui a dicembre i detenuti positivi sono arrivati a essere più di 1.000 e ai 4 decessi della prima fase se ne sono aggiunti altri 12. Infine da gennaio 2021 a marzo 2021 i numeri dei contagi sono tornati a scendere (a febbraio il numero dei contagi si è mantenuto in media intorno alle 480 unità) anche se con 2 ulteriori decessi che hanno portato il numero totale dei decessi per Covid a 18.

Tuttavia il numero degli attualmente positivi in carcere sul numero del totale dei detenuti è più alto dello stesso dato relativo all’Italia in generale in tutti e tre i mesi nei quali lo abbiamo calcolato, ovvero aprile 2020, dicembre 2020 e febbraio 2021.

Il calcolo è stato eseguito considerando, per ciascuna delle due categorie (popolazione detenuta e popolazione libera), prima la media delle persone positive nei giorni del mese (somma delle positività in ogni giorno diviso per il numero dei giorni del mese) nonché la media delle presenze in carcere durante quel mese, e poi calcolando il tasso medio di quel mese per 10.000 persone. Ecco i tassi medi di positivi su 10.000 persone nei mesi considerati:

Aprile 2020: nelle carceri italiane 18,7 ogni 10.000 persone- in Italia 16,8 ogni 10.000 persone

Dicembre 2020: nelle carceri italiane 179,3 – in Italia 110,5

Febbraio 2021: nelle carceri italiane 91,1 – in Italia 68,3

Ripercorriamo ora le tappe principali delle vicende legate al Coronavirus in Italia parallelamente al lavoro portato avanti da Antigone in questi mesi.

La prima ondata

La pandemia da Coronavirus ha fatto capolino in Italia a fine gennaio 2020, quando ancora si pensava che questo virus proveniente da tanto lontano non ci riguardasse più di tanto. Le prime restrizioni in ambito penitenziario risalgono a fine febbraio, quando il DAP inizia a sospendere ingressi, attività e colloqui nelle zone più colpite dal virus che in quel momento erano circoscritte ad alcune aree nel Nord Italia. Per alcune settimane le sospensioni di colloqui con familiari e avvocati, ricezioni dei pacchi, attività lavorative, di istruzione e formazione avvengono a macchia di leopardo; per questo motivo Antigone sente la necessità di raccogliere tutte le informazioni provenienti dai penitenziari italiani in una mappatura che viene pubblicata sul sito. Il telefono di Antigone comincia a suonare molto più frequentemente del solito fra parenti e avvocati che chiedono o danno informazioni su un particolare istituto o che denunciano di non aver potuto effettuare un colloquio.

Si arriva così all’8 e il 9 marzo, i giorni più caldi della primavera del 2020, non solo perché sono stati i primi due giorni di un lockdown durato oltre due mesi, ma anche a causa delle rivolte avvenute in 49 istituti penitenziari. Il decreto dell’8 marzo, oltre a disporre un lockdown totale per tutto il paese, ordina la sospensione dei colloqui, dei permessi e di tutte le attività che prevedono l’ingresso di personale non facente parte dell’Amministrazione Penitenziaria. Per controbilanciare queste restrizioni, viene prevista l’estensione delle telefonate e delle videochiamate oltre i limiti previsti dall’Ordinamento Penitenziario (anche grazie all’acquisizione da parte del DAP di 3.200 telefoni cellulari, in parte forniti da un donatore privato grazie alla mediazione di Antigone). Ma nei sovraffollati penitenziari, in cui confusione, tensione e panico stavano montando ormai da settimane, la notizia del lockdown è il fiammifero che fa scoppiare rivolte e proteste in tutta Italia.

Il triste bollettino di quelle due giornate non si limita a danni materiali alle celle o alle suppellettili di alcune carceri, ma reclama anche le vite di 13 detenuti che, secondo quanto riportato da fonti ufficiali (ma i fatti sono ancora sotto indagine), avrebbero fatto irruzione nelle infermerie sottraendo del metadone per poi andare in overdose. A questo punto il telefono di Antigone squilla senza sosta e a chiamare sono soprattutto familiari di detenuti che, disperati, dicono di non avere più notizie da giorni dai loro cari ristretti in carcere: temono siano rimasti feriti durante le rivolte, che siano stati trasferiti senza alcun preavviso o, addirittura, che siano deceduti e che non gli sia ancora stato comunicato. La loro angoscia di quei giorni è solo lontanamente immaginabile. Con il passare dei giorni, a queste telefonate disperate iniziano ad aggiungersi segnalazioni di presunte violenze e torture che sarebbero state messe in atto da alcuni agenti di polizia penitenziaria quando però le rivolte erano già cessate. Le presunte violenze includerebbero pestaggi, abusi, insulti e umiliazioni che si sarebbero conclusi con innumerevoli trasferimenti. I penitenziari coinvolti sarebbero Milano-Opera, Pavia, Melfi e Santa Maria Capua Vetere. Dopo aver raccolto diverse testimonianze, Antigone deposita quattro diversi esposti contro la polizia penitenziaria per ipotesi di tortura, abusi e violenze e nel caso di S.M. Capua Vetere contro i medici per ipotesi di omissione di referto, falso e favoreggiamento. Gli eventi sono attualmente sotto indagine.

Conoscendo i rischi a cui le malattie infettive espongono i detenuti, Antigone insieme ad altre associazioni elabora alcune proposte indirizzate al DAP, alle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, al Ministro della Giustizia e alla Magistratura di Sorveglianza. Le proposte contengono alcune misure volte alla riduzione della popolazione detenuta (che in quel momento si aggira intorno ai 61.230 detenuti per 50.931 posti disponibili), a prevenire il contagio negli istituti (grazie alla distribuzione di presidi sanitari e la sanificazione degli ambienti) e ad alleviare l’isolamento dei detenuti (concedendo di poter effettuare chiamate e videochiamate più frequenti e l’utilizzo della posta elettronica).

Nelle prime settimane di marzo la popolazione detenuta inizia a diminuire grazie a un minor numero di arresti e a un maggior utilizzo delle alternative alla detenzione da parte della magistratura. Qualche giorno dopo seguono le due misure elaborate dal Governo nel decreto del 17 marzo: una modifica leggermente le disposizioni già esistenti in materia di detenzione domiciliare mentre con la seconda viene concesso ai detenuti in semilibertà di non fare rientro in istituto e di spendere la notte a casa; misure assolutamente insufficienti per evitare di trasformare i penitenziari in lazzaretti. Infine, anche il Procuratore Generale della Corte di cassazione pubblica alcune riflessioni rivolte ai pubblici ministeri riguardanti le scelte che devono operare in merito alle misure cautelari e all’esecuzione della pena detentiva.

Nei mesi seguenti il lavoro di Antigone prosegue su più fronti. Sui social vengono pubblicati settimanalmente dei video-aggiornamenti sulla diffusione del virus nelle carceri. Sul sito viene creata una pagina ad hoc su carcere e Coronavirus in cui confluiscono tutte le informazioni prodotte dall’associazione, tra cui i dossier sul suo lavoro e due modelli per la richiesta di detenzione domiciliare che gli stessi detenuti possono compilare autonomamente. Viene creata la task force del difensore civico che per la prima volta riunisce le forze del difensore e quelle dei volontari degli sportelli legali delle carceri romane, rimasti inattivi per via della sospensione di tutti gli ingressi. La task force risponde quotidianamente alle richieste di detenuti e familiari dando informazioni e sostegno. Antigone si attiva anche a livello internazionale e partecipa a iniziative di ricerca e webinar con delegazioni di organizzazioni internazionali e organi di garanzia dei diritti umani, che raccolgono informazioni su quanto sta accadendo in Italia. Inoltre, grazie all’Osservatorio Europeo, Antigone rimane in contatto con ONG in altri paesi e pubblica aggiornamenti settimanali su quanto avviene nelle carceri europee.

A metà maggio, quando Antigone pubblica il suo XVI rapporto che racconta tutta la prima ondata (che in quel momento sembra volgere alla fine), il numero dei detenuti è sceso a circa 52.600.

La fase 2

Con l’arrivo dell’estate, le misure deflattive vengono interrotte e la popolazione detenuta, che non era comunque diminuita sufficientemente per potersi dire superato il problema del sovraffollamento, torna a crescere. Con la diminuzione dei contagi, si assiste a delle timide aperture di un sistema penitenziario in cerca di una nuova normalità. I colloqui vengono ripresi in presenza seppur con schermi divisori e con un numero limitato di visitatori e le telefonate e le videochiamate vengono ancora concesse ai detenuti per rimanere in contatto con le proprie famiglie. Invece, le attività ricreative, sportive e di formazione professionale che prevedono l’ingresso in carcere di personale esterno fanno molta più fatica a ripartire per la paura che il virus riesca a entrare negli istituti. Questa è la situazione restituita dal pre-rapporto che Antigone, come di consueto, pubblica in estate.

In questo periodo riprendono anche le visite degli osservatori di Antigone all’interno degli istituti penitenziari. All’osservazione delle condizioni di detenzione, si aggiunge anche il monitoraggio delle misure per arginare la diffusione del Coronavirus. Fra agosto e novembre le visite effettuate sono oltre 30.

La seconda ondata

A ottobre entra in vigore il c.d. decreto ristori, analizzato da Antigone in un breve documento, in cui vengono varate misure inerenti la semilibertà, i permessi premio e la detenzione domiciliare. In novembre, con l’impennata dei contagi sia dentro che fuori dal carcere viene pubblicato il decreto che dividerà l’Italia in colori: nelle regioni arancioni e rosse i colloqui con i familiari sono di fatto interrotti. In questa situazione complessa Antigone lancia altre proposte volte innanzitutto a ridurre in maniera incisiva la popolazione detenuta e a mettere in sicurezza le persone sanitariamente a rischio, ma anche a rendere non rischiosa e piena di senso la vita in carcere.

A questo punto Antigone sente la necessità di riprendere gli incontri settimanali di video-aggiornamento sull’andamento del virus in carcere e di pubblicare una nuova mappatura per raccogliere notizie relative al Coronavirus provenienti dai vari istituti d’Italia. A dicembre Antigone riunisce in un numero dell’omonima rivista le esperienze di molti paesi sulla gestione del virus.

Sembra che durante la prima ondata il numero limitato di detenuti positivi al Coronavirus sia stato dovuto più alla fortuna che alle misure messe in atto. Infatti se durante la prima ondata i detenuti positivi al Covid-19 nelle carceri erano arrivati ad un picco massimo di circa 160 detenuti, ben diversa è la seconda ondata, in cui i detenuti positivi sono arrivati ad essere più di 1.000 a dicembre, con diversi istituti dove si registrano veri e propri focolai con decine di reclusi positivi. Con l’anno nuovo i numeri dei contagi tornano a scendere e a febbraio il numero dei detenuti positivi si mantiene in media intorno alle 480 unità. Il totale dei detenuti deceduti, da 4 nella prima ondata, sale a 18 nella seconda. Anche il DAP comincia a pubblicare sul suo sito i numeri del contagio fra detenuti e personale penitenziario, segnale di trasparenza che risulta particolarmente apprezzato.

Gli ultimi importantissimi sviluppi sono relativi alla vaccinazione della popolazione detenuta contro il Covid-19. Innumerevoli istituzioni internazionali, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione Europea, hanno identificato le persone che vivono all’interno di luoghi di privazione della libertà come gruppi prioritari per la vaccinazione contro il Covid-19 per l’impossibilità di mantenere il distanziamento sociale. Antigone è intervenuta su questo punto inviando un documento a diverse autorità fra cui il Ministro della Salute, il Commissario Straordinario per l’Emergenza, l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministro della Giustizia e il Comitato tecnico scientifico. Nel documento vengono evidenziati diversi motivi per cui i detenuti dovrebbero essere inseriti nei gruppi prioritari per la vaccinazione. Innanzitutto per l’impossibilità di mantenere il distanziamento sociale a causa del sovraffollamento. A questo si aggiungono le ragioni sanitarie fra cui la velocità di diffusione delle malattie infettive e degli agenti patogeni negli istituti penitenziari e un’elevata incidenza di malattie pregresse nella popolazione detenuta. Il terzo ordine di motivazioni riguarda la possibilità di riprendere la vita penitenziaria, ormai da un anno prosciugata di tutte quelle attività che riempiono di senso l’esecuzione della pena.

Antigone non è l’unica a spingere per la vaccinazione dei detenuti e del personale penitenziario e il 21 gennaio il Commissario Straordinario per l’Emergenza annuncia che i detenuti saranno vaccinati dopo il personale sanitario e gli anziani over 80. A inizio marzo partono infatti le prime vaccinazioni di detenuti e personale in alcune regioni.

Nel guardare a un futuro tornato alla normalità, la speranza di Antigone è che alcuni sviluppi positivi portati dalla pandemia (come l’ingresso della tecnologia in carcere o la necessità di mantenere bassi i numeri dei detenuti) non vengano dimenticati ma che aiutino a costruire un nuovo sistema penitenziario più moderno e umano.