di Pasquale Prencipe
Il titolo del presente contributo non è una metafora o uno slogan: oggi migliaia di detenuti restano senza respiro, in apnea. La crisi del sistema penitenziario è solo una delle criticità che le riforme dell’attuale Governo hanno aggravato. Non solo i diritti dei detenuti restano in apnea, ma i diritti di tutti. Dal Decreto Cutro al Decreto Caivano, sino ad arrivare al manifesto della propaganda securitaria. Il decreto legge sicurezza va oltre la concretizzazione del manifesto programmatico dell’attuale Governo Meloni: in un lungo articolato, 39 articoli, ampio e disomogeneo per le materie trattate, il Governo innalza una barriera protettiva contro ogni forma di dissenso, attuando una criminalizzazione a tappeto. Si tenta di capitalizzare il consenso, attraverso una visione panpenalistica, introducendo reati e aggravanti, i quali avrebbero il precipuo obiettivo di salvaguardare la “sicurezza” dei cittadini. Ma l’effetto concreto del decreto è invece l’aver determinato un costante stato di insicurezza e di paura.
Antigone ha capito sin da subito che si trattava del più grande attacco alla libertà di protesta della storia della Repubblica
Nel novembre 2023 iniziò a circolare la bozza di un potenziale disegno di legge governativo (n° 1660) recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”. Antigone ha capito sin da subito che si trattava del più grande attacco alla libertà di protesta della storia della Repubblica. Una riforma che aveva la chiara intenzione di colpire il dissenso, introducendo nuovi reati e aggravanti, tra cui il neo delitto di rivolta penitenziaria. Un ritorno al carcere fascista, con un delitto che punisce anche gli atti di resistenza passiva delle persone detenute che protestano in carcere. Il ddl venne poi presentato alla Camera il 22 gennaio 2024, iniziando l’iter legislativo parlamentare per la sua approvazione.
Insieme ad ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) pubblicammo un documento sugli aspetti più preoccupanti del disegno di legge, presentandolo alla Camera dei deputati il 17 maggio 2024. Un documento in cui si evidenziano i profili di criticità della riforma, evidenziandone i contrasti con alcuni principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, e de-costruendo la riforma e mostrando come le norme del ddl spingessero verso una criminalizzazione delle lotte sociali, trasformando in reati comportamenti che hanno a che fare con il disagio e la marginalità sociale, oltre che con le disuguaglianze economiche e con le grandi questioni sociali. Il documento è stato poi tradotto in varie lingue e diffuso alla stampa estera.
Parallelamente però al cammino parlamentare del ddl, si è creata una grande rete tra Associazioni, comunità e varie realtà sociali, unite con l’intento comune di opporsi alla riforma
Nonostante i vari e vani tentativi di bloccare la riforma da parte delle opposizioni, il ddl venne approvato il 18 settembre 2024 e trasmesso successivamente al Senato. Parallelamente però al cammino parlamentare del ddl, si è creata una grande rete tra Associazioni, comunità e varie realtà sociali, unite con l’intento comune di opporsi alla riforma. Sono stati organizzati in tutta Italia, incontri e dibattiti, tra cui l’assemblea nazionale alla Sapienza contro il ddl organizzata dalla nuova rete “A Pieno Regime – No DDL Sicurezza” e la manifestazione nazionale a Roma sabato 14 dicembre. A novembre 2024, Antigone ha pubblicato un testo dal titolo “Il più grande attacco alla libertà di protesta della storia della Repubblica Italiana” edito da Momo Edizioni, in cui sono raccolti commenti, approfondimenti e documenti sulla riforma. Perseguendo l’obiettivo di fornire uno strumento utile di lettura della riforma, il testo si sostanzia in un lavoro di analisi giuridica, politica e sociologica, in cui tante autorevoli voci hanno espresso le loro riflessioni e opinioni critiche: Stefano Anastasia, Luigi Ferrajoli, Marco Ruotolo, Mauro Palma, Patrizio Gonnella ed altri.
Il d.d.l. “sicurezza”, ex n. 1660 alla Camera, poi n. 1236 al Senato, è stato trasformato nel Decreto Legge n. 48, entrando in vigore il 12 aprile 2025
Tuttavia, i tempi ordinari della democrazia parlamentare sono troppo lunghi per l’attuale Governo. Infatti, dopo oltre un anno di discussione parlamentare, ha deciso di utilizzare un decreto legge per attuare la riforma sulla “sicurezza”. Il d.d.l. “sicurezza”, ex n. 1660 alla Camera, poi n. 1236 al Senato, è stato trasformato nel Decreto Legge n. 48, entrando in vigore il 12 aprile 2025. Un mutamento motivato principalmente da un errore sulla copertura finanziaria che avrebbe reso necessario il suo ritorno alla Camera. Si è deciso così di affiancare a dei gravi vizi di contenuto e di sostanza, una carenza nella forma: il decreto legge è un atto normativo che si fonda su determinati e chiari presupposti. Come è possibile giustificare la straordinaria necessità ed urgenza a fronte di un iter parlamentare in corso sulle medesime norme? Come è possibile considerare omogenee o ravvisare una intrinseca coerenza dal punto di vista oggettivo e materiale e dal punto di vista funzionale e finalistico, delle norme di una riforma che spazia dalla distruzione della filiera della Canapa legale ai reati in materia di terrorismo? Si ricorda che l’adozione di un decreto in mancanza dei suoi presupposti configura un vizio di legittimità costituzionale. Come ribadito più volte dalla Corte Costituzionale, e chiarito ulteriormente nella sentenza n. 146 del 2024 “il Governo non può dare un’interpretazione talmente ampia dei casi straordinari di necessità e urgenza da sostituire sistematicamente il procedimento legislativo parlamentare con il meccanismo della successione del decreto legge e della legge di conversione” (punto n° 5 del Considerato in diritto). Inoltre, introdurre reati e aggravanti tramite decreto-legge, viola le prerogative del Parlamento nella definizione delle scelte di criminalizzazione, incidendo, e presumibilmente violando, al contempo il principio di conoscibilità delle norme da parte dei cittadini, ai quali non viene fornito un adeguato periodo di vacatio legis.
Contro questa riforma, sin dalla sua presentazione alla Camera come disegno di legge di iniziativa governativa, sono numerose le autorevoli voci nazionali e internazionali
Contro questa riforma, sin dalla sua presentazione alla Camera come disegno di legge di iniziativa governativa, sono numerose le autorevoli voci nazionali e internazionali che si sono espresse in termini radicalmente critici, chiedendone il ritiro: sette Relatori Speciali dell’ONU, Michael O’Flaherty commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), oltre 260 giuristi e professori,da Zagrebelsky a De Siervo, i quali hanno pubblicato un appello, l’Unione delle Camere Penali Italiane ha dichiarato l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per tre giorni a maggio 2025, e dal 29 aprile 2025 è partito il digiuno a staffetta, il quale ha raccolto oltre 500 adesioni e proseguirà per oltre un anno.
Attraverso il suo lungo articolato, 39 articoli, la riforma come anticipato interviene in ogni tema del dissenso, individuando chiare categorie di destinatari. Per questo motivo, per offrire una sintesi parziale del D.l. sicurezza, si raccoglieranno gli articoli in ordine sparso ma raggruppati in base ai suoi potenziali destinatari, tentando di rispondere alla seguente domanda: chi colpisce questa riforma? In seguito, saranno analizzati gli articoli che ampliano i poteri e le prerogative degli agenti di pubblica sicurezza.
1. Eco – attivisti
L’articolo 14 del D.l. propone una triplice modifica all’art. 1-bis d.lgs 66/1948 relativo all’impedimento della libera circolazione su strada: rende di fatto penalmente rilevante la condotta di chi impedisce la libera circolazione su strada ordinaria ostruendo la stessa con il proprio corpo, prevedendo la pena alternativa della reclusione fino a 1 mese e della multa fino a 300€; estenda la portata di tale reato ai casi di blocco di strada ferrata e introduce un aggravante ad effetto speciale ove tali condotte siano realizzate da più persone riunite, la quale comporta l’applicazione di una pena da 6 mesi a 2 anni reclusione.
L’art. 24 introduce due ulteriori aggravanti, relative al reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui di cui all’art. 639 c.p.: la prima si configura quando il fatto è commesso su beni mobili e immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche, punita con la reclusione da 6 mesi e con la multa da 1.000 a 3.000€; la seconda è una specifica ipotesi di recidiva per la fattispecie aggravata, punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa fino a 12.000€.
2. Stranieri
L’art. 9 aumenta le possibilità di revoca della cittadinanza, estendendo a 10 anni, rispetto agli attuali tre, il termine entro il quale dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna è possibile esercitare il potere di revoca della cittadinanza italiana nei confronti dello straniero che dopo aver ottenuto la cittadinanza, sia stato condannato per alcuni gravi delitti.
L’art. 32 prevedeva l’obbligo di presentazione, per l’acquisto di una Sim, del permesso di soggiorno. Dopo i numerosi attacchi al carattere crudele e disumano della norma, è statao modificato con il passaggio della riforma a Decreto legge. Tuttavia nella sostanza la norma è rimasta pressochè identica, in quanto per l’acquisto di una Sim, un migrante, dovrà esibire: “copia del titolo di soggiorno di cui è in possesso ovvero del passaporto o del documento di viaggio equipollente o di un documento di riconoscimento che siano in corso di validità”.
3. Movimenti contro le grandi opere e/o Picchetti di lavoratori
L’art. 19, che verrà descritto più avanti, introduce tre circostanze aggravanti dei delitti di violenza o minaccia e di resistenza al pubblico ufficiale, nello specifico la terza si configura se la violenza o la minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici.
4. Chi occupa e i Movimenti per il diritto alla casa
L’art. 10 ha introdotto il nuovo reato di “Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”, che tra le varie criticità, oltre a conferire ampio potere alle forze di polizia, aumenta la pena da 2 a 7 anni di reclusione, anche per chi coopera nell’occupazione, escludendo così la possibilità di applicare le sanzioni sostitutive della pena per questi ultimi.
5. O.n.g. e il soccorso in mare
L’art. 29 estende l’applicazione di alcuni reati previsti dal codice di navigazione al di fuori delle ipotesi di contrasto al contrabbando di tabacchi, per ricomprendere tutte le attività di vigilanza tra cui rientra anche l’attività di prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare.
6. I detenuti
L’art. 26 introduce il delitto di rivolta penitenziaria, per la cui analisi si rinvia al prossimo paragrafo. Al secondo comma all’art.415 c.p. , si prevede un’aggravante se le condotte ivi descritte avvengono all’interno di un istituto penitenziario ovvero a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute. L’art. 27 invece introduce il delitto di rivolta nei CPR. Entrambi sono qualificati come reati ostativi.
L’art. 37 introduce delle linee programmatiche sul tema del lavoro penitenziario, prevedendo la possibilità di attuare “Modelli organizzativi privi di rapporti sinallagmatici”, ossia lavoro non retribuito per i detenuti.
7. Rom
L’art. 11 introduce una nuova circostanza aggravante comune, ossia l’aver commesso il fatto all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane.
L’art. 15, la cui analisi verrà svolta nel prossimo paragrafo, ha riformato la disciplina sulla detenzione per donna madre o in stato di gravidanza, rendendo facoltativo e non più obbligatorio il rinvio della pena per la donna madre di prole inferiore ad un anno o in stato di gravidanza, ma prevedendo la reclusione negli Istituti a custodia attenuata e non nelle carceri.
L’art. 16 modifica i delitti previsti dall’art. 600-octies c.p.: per quanto riguarda l’impiego di minori nell’accattonaggio, la punibilità è estesa ai minori di sedici anni, anzichè quattordici, con un importante innalzamento della pena prevista, si passa infatti da uno a cinque anni e non più sino a tre anni. Per quanto riguarda invece la punibilità di chi organizza l’altrui accattonaggio, se ne avvalga o lo favorisca, la norma è integrata con il riferimento di chi semplicemente “induca un terzo all’accattonaggio”.
8. La filiera della canapa light
L’art. 18 ha sancito il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa (Canapa sativa L.), anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonchè di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati. Prevedendo che in tali ipotesi si applichino le sanzioni previste dal Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.
9. Trasversalmente tutti gli attivisti
L’art. 12 introduce un aggravio delle pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora il fatto sia commesso con violenza o minaccia alla persona, punendo con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni e con la multa fino a 15.000 euro.
L’art. 13 modifica la disciplina del Daspo urbano, e introduce un nuovo provvedimento di allontanamento che il questore potrà disporre anche nei confronti di chi, negli ultimi cinque anni, sia stato denunciato o condannato anche con sentenza non definitiva, per qualsiasi reato contro la persona o contro il patrimonio commesse in varie ed eterogenei spazi come le aree delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime, ecc. .
Da uno Stato di Diritto si fondano le basi per l’affermazione di uno Stato di prevenzione, attraverso l’introduzione di sette specifiche previsioni riguardanti le forze dell’ordine
Ma la riforma, oltre a criminalizzare le categorie citate, ha l’obiettivo di indurre un cambio di paradigma: da uno Stato di Diritto si fondano le basi per l’affermazione di uno Stato di prevenzione, attraverso l’introduzione di sette specifiche previsioni riguardanti le forze dell’ordine.
L’art. 1 introduce il nuovo delitto di detenzione di materiale con finalità di terrorismo, prevedendo tuttavia una forte anticipazione della soglia di punibilità, difatti sarà possibile configurarlo in caso di detenzione di materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di congegni bellici, con una pena prevista fino a 5 anni.
L’art. 19, come anticipato, introduce tre nuove aggravanti applicabili ai delitti di violenza e minaccia o resistenza a pubblico ufficiale. Oltre alla già citata aggravante, modifica gli articoli 336 e 337 c.p. stabilendo che se il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, la pena è aumentata sino alla metà.
L’art. 20 ha introdotto una specifica sanzione anche per le lesioni lievi o lievissime commesse nei confronti di un agente di polizia.
L’art. 21 introduce in Italia la disciplina sulla Dotazione di videocamere indossabili dalle Forze di polizia nei servizi di mantenimento dell’ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonchè in ambito ferroviario e nei luoghi in cui vengono trattenute persone sottoposte a restrizione della libertà personale. Tuttavia l’utilizzo resta facoltativo, non vengono specificate le modalità esecutive e di accesso ai contenuti video, né chi sarà a detenere le immagini.
Gli articoli 22 e 23 prevedono il raddoppio, passando da 5.000 a 10.000€, del riconoscimento di un beneficio economico a fronte delle spese legali sostenute dal personale delle Forze armate per fatti inerenti al servizio, per ogni grado di giudizio. E’ fatta salva la rivalsa delle somme corrisposte in caso di accertamento della responsabilità con dolo del beneficiario. Volendo inserire un possibile paragone, è di 500 € il rimborso previsto per gli avvocati che difendono i migranti trattenuti in Albania.
L’art. 28 prevede l’autorizzazione nei confronti degli agenti di pubblica sicurezza a portare senza licenza un’arma tra quelle previste nell’art. 73 co. 1 R.d. 635/1940 quando non sono in servizio. Ciò porterà ad un inevitabile aumento esponenziale delle armi in circolazione.
L’art. 31 infine potenzia l’attività degli organismi di informazione per la sicurezza in varie direzioni, arrivando a estendere le condotte di reato scriminabili che possono compiere gli operatori, i quali potranno assumere anche posizioni al vertice di organizzazioni criminali.
Tra le norme più pericolose presenti nel testo che mirano a cancellare le basi del nostro Stato di diritto, vi sono il nuovo delitto di rivolta penitenziaria e le norme riguardanti la detenzione per donna madre con prole inferiore ad un anno o in stato di gravidanza.
La volontà governativa manifestata attraverso il decreto è chiara: stravolgere il modello penitenziario costituzionale, ricollegandosi al regolamento penitenziario fascista del 1931.
Con il delitto di rivolta carceraria, esteso anche per i migranti reclusi nei CPR, è evidente il richiamo alle norme presenti nel regolamento fascista del 1931
Con il delitto di rivolta carceraria, esteso anche per i migranti reclusi nei CPR, è evidente il richiamo alle norme presenti nel regolamento fascista del 1931, quando si prevedeva che «i detenuti devono passeggiare in buon ordine e devono parlare a voce bassa» o che per «dare spiegazioni alle persone incaricate della sorveglianza i detenuti sono obbligati a parlare a bassa voce». Il delitto rappresenta una potenziale arma sempre carica di minaccia contro tutte la popolazione detenuta.
La norma prevede che “Chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza allesecuzione degli ordini impartiti per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza, commessi da tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Ai fini del periodo precedente, costituiscono atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva che, avuto riguardo al numero delle persone coinvolte e al contesto in cui operano i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio, impediscono il compimento degli atti dell’ufficio o del servizio necessari alla gestione dell’ordine e della sicurezza”. In sintesi, se tre persone detenute che condividono la stessa cella sovraffollata o un istituto in condizioni detentive non dignitose, si rifiutano di obbedire all’ordine di un agente, anche con modalità non violente, si configurerà il delitto di rivolta con una possibile condanna da due a otto anni di reclusione (per i promotori, organizzatori o dirigenti), e da uno a cinque per i partecipanti.
Da quando il decreto è stato pubblicato il 12 aprile 2025, sino al 30 aprile, ci sono stati 5 episodi di proteste collettive, che hanno coinvolto circa 80 detenuti, altri 400 anni di detenzione.
In quanto reati ostativi, sarà precluso loro l’accesso ai benefici penitenziari. Sono vari i profili di criticità e di illegittimità della norma, in primis il rendere penalmente rilevante una condotta di resistenza passiva. Aspetto che, nonostante i rilievi del Presidente della Repubblica, nel passaggio tra disegno di legge a decreto legge, non ha cambiato la sua sostanza, ma è stato soltanto specificato cosa va inteso per resistenza passiva. Per comprendere la gravità della norma, basta ripercorrere il precedente anno. Soltanto nel 2024 si sono verificati circa 1.500 episodi di protesta collettiva non violenta nelle carceri, e supponendo che in media quattro detenuti partecipino ad ogni episodio, si arriva a seimila detenuti coinvolti. Supponiamo ancora che questi vengano condannati a una media di quattro anni di carcere ciascuno, arriveremo a circa ventiquattromila anni aggiuntivi di carcere contro persone già detenute. Da quando invece il decreto è stato pubblicato il 12 aprile 2025, sino al 30 aprile, ci sono stati 5 episodi di proteste collettive, che hanno coinvolto circa 80 detenuti, altri 400 anni di detenzione.
La norma elimina il rinvio obbligatorio della pena per donne madri di prole inferiore ad un anno o in stato di gravidanza
L’articolo 15 del Decreto Sicurezza nell’intento di soddisfare un’opaca esigenza di sicurezza, in realtà maschera un intento discriminatorio. La norma elimina il rinvio obbligatorio della pena per donne madri di prole inferiore ad un anno o in stato di gravidenza, adottando un sistema di rinvio facoltativo che, in alcuni casi, assume la forma di un obbligo di non differimento. Rispetto al precedente disegno di legge, purtroppo nel decreto di fatto il tutto resta invariato prevedendo, come unica modifica, che nel caso di donne con bambini al di sotto di un anno, la detenzione, sia dopo la condanna sia in custodia cautelare, avvenga negli Icam. Gli Istituti a Custodia attenuata in Italia sono soltanto 4, di cui l’unico presente nel Mezzogiorno a Lauro, non è attualmente disponibile, provocando così una ulteriore lesione al principio di territorialità della pena. Sopra questa età del bambino, invece si potrà valutare se far scontare la pena in un Icam o direttamente in carcere. Rispetto al precedente ddl, il decreto ha aggravato la disciplina, neutralizzando in alcuni casi l’interesse del minore. Il decreto prevede infatti che la donna che assuma determinate condotte poco dettagliate come compromettere l’ordine o la sicurezza dell’istituto, mentre è sottoposta alla custodia cautelare in un Icam, possa venire trasferita in un carcere ordinario senza suo figlio.
In conclusione, l’Associazione Antigone continuerà il suo lavoro di critica e di informazione su questa riforma. Dalla fine del 2023 ad oggi sono stati oltre 30 gli incontri organizzati o in cui i volontari di Antigone hanno partecipato. Per ultimo, il 20 maggio alla Fondazione Lelio Basso a Roma, con una relazione del professore e costituzionalista Marco Ruotolo, il quale ha evidenziato i numerosi profilo di criticità costituzionale della riforma.
La nostra storia insegna che di fronte ad ogni Creonte, Antigone è pronta ad agire.