Anche quest’anno, il lavoro di osservazione e monitoraggio svolto dall’Associazione Antigone si è incentrato, tra gli altri, sul tema del lavoro e della formazione professionale tramite l’analisi dei dati raccolti, in dialogo con quelli forniti dal Ministero della giustizia.
La media di persone detenute lavoranti è pari al 28,4%, in calo rispetto al dato raccolto per il 2023.
Nel 2024 Antigone ha visitato 95 istituti penitenziari, la cui media di persone detenute lavoranti è pari al 28,4%, in calo rispetto al dato raccolto per il 2023 (nei 99 istituti visitati, la media di lavoranti era pari al 32,6%). La media di persone detenute che nel 2024 lavoravano per datori di lavoro esterni era il 4,8%, riportando un dato in aumento rispetto alla media di 3,2% rilevata per gli istituti visitati nel 2023. In linea con l’anno scorso il numero relativo alle persone coinvolte in corsi di formazione professionale, corrispondente a una media del 10%. In merito ai lavori di pubblica utilità, nel 2024 non sono stati raccolti dati a causa della residualità delle persone coinvolte. L’anno scorso tale dato attestava il coinvolgimento di 90 persone detenute in totale.
Per quanto riguarda il lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, dei 95 istituti penitenziari visitati nel 2024 solo 6 vedevano impiegate più del 50% delle persone detenute (l’anno scorso erano 11 gli istituti che superavano il 50% dei lavoranti). Dei 6 istituti riportati, l’ICAM di Lauro (ormai chiuso) vedeva impiegate il 100% delle donne detenute, la sezione distaccata di Gorgona il 92,6% delle persone ristrette, la Casa Circondariale e di Reclusione di Larino il 65%, la Casa di Lavoro di Vasto il 63,7%, la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia il 58,8% e gli Istituti penali di Reggio Emilia il 58,1%. Come per gli anni precedenti, le percentuali più elevate di persone detenute alle dipendenze del DAP si riscontrano in istituti di dimensioni inferiori. In linea con il dato relativo al 2023 è anche il numero di istituti in cui meno del 10% delle persone detenute lavora per l’amministrazione penitenziaria: nel 2024 questi erano la Casa Circondariale di Borgo San Nicola di Lecce (0,3%), la Casa Circondariale di Cagliari Uta (1,4%), la Casa Circondariale di Rimini (5,9%) e la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere (7%). Tutti istituti di grandi dimensioni o con problematiche di grave sovraffollamento.
In merito al lavoro per datori esterni, i numeri rilevati risultano essere bassi.
In merito al lavoro per datori esterni, i numeri rilevati risultano essere bassi: solo in 6 istituti penitenziari il dato relativo alle persone detenute impiegate supera il 20%. La percentuale più elevata, corrispondente al 35%, è stata registrata nella Casa Circondariale di Belluno, dove su un totale di 103 persone detenute, 36 sono impiegate da datori di lavoro esterni. Nel corso della visita è stato riferito come la maggior parte di queste svolgano attività lavorative legate all’industria dell’occhiale. Segue la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia, una struttura con la doppia valenza di istituto a custodia attenuata e casa di lavoro per persone internate. Al momento della visita, la percentuale relativa al lavoro per datori esterni era del 28,87% su un totale di 97 persone ristrette (40 detenute e 57 internate, ovvero sottoposte a misure di sicurezza). Queste lavoravano principalmente all’interno dell’istituto in attività quali il call center, la produzione di tortellini e ostie, la lavanderia. I restanti lavoravano per cooperative esterne all’istituto quali la Cooperativa Nazareno e la Cooperativa Libellula oppure per imprese quali la Ditta Cma Group e Agrintesa.
Similmente all’anno precedente, nei 95 istituti penitenziari visitati le principali attività lavorative alle dipendenze di datori esterni sono svolte all’interno dell’ambito dell’agricoltura, della ristorazione, dell’edilizia, della manutenzione del verde e dei call center. In istituti dove sono presenti donne detenute, l’offerta comprende primariamente lavori di sartoria e pulizie.
Per quanto riguarda la formazione professionale, i dati raccolti dall’osservatorio di Antigone riportano percentuali tendenzialmente basse di persone coinvolte
Infine, per quanto riguarda la formazione professionale, i dati raccolti dall’osservatorio di Antigone riportano percentuali tendenzialmente basse di persone coinvolte in corsi all’interno degli istituti. Fanno eccezione istituti di piccole dimensioni quali la Casa Circondariale di Ravenna (88,8% sul totale della popolazione penitenziaria), la Casa Circondariale Gozzini di Firenze (71,7%) e la Casa Circondariale di Imperia (48,6%). Le più frequenti tipologie di corsi di formazione emerse dalle visite riguardano la ristorazione, l’edilizia, l’agricoltura, la manutenzione del verde, la sartoria ed alcune professioni culturali-artistiche quali quella bibliotecaria e quella teatrale.
Al 31 dicembre 2024, su un totale di 61.861 persone ristrette, 18.063 persone lavoravano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.
A fronte dei dati raccolti dall’osservatorio di Antigone, seguono quelli messi a disposizione dal Ministero della Giustizia, utili in termini di comparazione e per una maggiore completezza. Al 31 dicembre 2024, su un totale di 61.861 persone ristrette, 18.063 persone lavoravano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria (inclusi i detenuti beneficiari dell’art.21 L.354/75 stipendiati dall’amministrazione penitenziaria e impiegati in servizi esterni all’istituto). In termini percentuali, dunque, circa il 29,2% del totale della popolazione detenuta. La maggior parte risultava impiegata in servizi d’istituto, che si concretizza nel mantenimento di condizioni di igiene e pulizia all’interno delle zone detentive, comprese le aree destinate alle attività in comune, le cucine detenuti ed il servizio di preparazione e distribuzione dei pasti. Rispetto all’anno scorso si registra un lieve aumento, considerando che la percentuale dei lavoranti alle dipendenze del DAP nel 2023 era del 28,3% (al 31 dicembre 2023 il totale di detenuti presenti era di 60.166 e su questo totale 17.042 lavorava alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria).
Il 5,1% del totale della popolazione detenuta (3.172 persone ristrette) risultano i detenuti lavoranti alle dipendenze di altri datori di lavoro.
Il 5,1% del totale della popolazione detenuta (3.172 persone ristrette) risultano i detenuti lavoranti alle dipendenze di altri datori di lavoro. Tra questi si conteggiano i semiliberi (1.123), i lavoratori all’esterno in art. 21 (898) e coloro che lavorano in istituto per conto di cooperative sociali (902). I detenuti che a quella data lavoravano in carcere per imprese private erano in tutta Italia 249.
Rimane, ad oggi, significativa la discrepanza tra i lavoratori alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e quelli alle dipendenze di datori di lavoro altri. I primi solo circa l’85% delle 21.235 persone ristrette che lavorano in totale. I secondi solo il 15%.
In relazione ai fondi destinati alle remunerazioni ai detenuti lavoranti, si sottolinea un incremento per il 2025 rispetto alle previsioni dello scorso anno: la Legge di Bilancio del 2025 riporta infatti una previsione di € 132 milioni per il triennio 2025-2027, maggiore se confrontata ai € 128 milioni previsti nella Legge di Bilancio del 2024. Di questi fondi incrementati, versati dalla Cassa delle Ammende, circa 8 milioni sono destinati ad aumentare le opportunità di lavoro in carcere e circa 1 milione per la formazione professionale. Dal punto di vista degli sgravi fiscali e delle agevolazioni per le imprese che assumono detenuti o internati negli istituti penitenziari previsti dalla c.d. Legge Smuraglia, le previsioni di bilancio rimangono pressoché invariate a confronto con quelle dello scorso anno e corrispondono a circa € 19 milioni.
Guardando ai consuntivi di spesa, i cui dati più recenti afferiscono al 2023, la spesa in mercedi per detenuti lavoranti corrisponde a un importo pari ad € 132,4 milioni, mentre la spesa relativa agli sgravi fiscali e alle agevolazioni per le imprese previste dalla Legge Smuraglia corrispondeva ad € 12.9 milioni, versati quasi interamente a favore di cooperative sociali, dato che come è noto la presenza delle imprese profit nelle carceri italiane è scarsissima. La spesa decisamente inferiore allo stanziamento è però indicativa del fatto che l’uso di questi incentivi, ed il conseguente impiego di detenuti, potrebbe ancora aumentare significativamente. Entrambi i valori risultano comunque in aumento rispetto ai medesimi per l’anno 2022, dove già vi era stato un aumento rispetto al 2021.
Secondo un provvedimento emanato dal Ministero della Giustizia il 14 dicembre 2023, i soggetti ammessi a fruire degli sgravi e delle agevolazioni fiscali nel 2024 erano 529 (escluse le imprese e cooperative che operano nell’ambito del Dipartimento di Giustizia Minorile e di Comunità). In modo analogo all’anno scorso, si riscontra una importante sproporzione nella distribuzione geografica dei soggetti che hanno presentato le istanze: le maggiori richieste provengono dalle regioni del Nord-Italia, considerando che il 57% delle istanze provengono dai provveditorati di Lombardia, Piemonte-Liguria-Valle d’Aosta, Veneto-Friuli Venezia Giulia-Trentino Alto Adige ed Emilia-Romagna. Come nel 2023, tuttavia, risultano numerose le istanze presentate da soggetti in Campania per il 2024.
Nella promozione dell’inserimento lavorativo di persone in esecuzione penale, è da sottolineare il progetto “Recidiva Zero”, sviluppato nell’ambito del Protocollo d’Intesa stipulato il 31 gennaio 2024 tra la Cassa delle Ammende e il Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro (CNEL). L’accordo dà seguito a un’intesa già firmata il 13 giugno 2023 con il Ministero della Giustizia, per potenziare le competenze professionali delle persone detenute in vista del reinserimento sociale a fine pena. “Recidiva Zero” rappresenta una delle principali azioni del Protocollo d’Intesa: tra gli obiettivi vi sono infatti il potenziamento dell’offerta di formazione professionale qualificata, maggiori incentivi e partenariati con enti pubblici e privati e l’accompagnamento verso percorsi personalizzati di reinserimento, anche dopo la fine della pena. A supporto, è stato istituito il Segretariato permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale, responsabile di coordinare e valutare gli interventi tra i vari attori istituzionali, garantendo coerenza e continuità alle politiche di contrasto alla recidiva tramite lo strumento occupazionale.
Per ciò che concerne i corsi di formazione professionali destinati alle persone detenute, si riportano i dati del Ministero della Giustizia aggiornati al II semestre del 2024 a confronto con quelli dello stesso semestre dell’anno precedente.
Al 31 dicembre 2024 risultavano attivi 393 corsi, in aumento rispetto al medesimo dato rilevato a fine 2023, in cui i corsi attivi erano 308. A fronte di ciò, 4.459 erano le persone detenute iscritte (corrispondenti al 7,2% del totale della popolazione penitenziaria), anch’esse in aumento rispetto ai 3.064 iscritti nel secondo semestre 2023. Come già sottolineato in precedenti rapporti di Antigone, vi è una correlazione positiva tra l’aumento di corsi di formazione professionale e l’aumento di persone detenute ad essi iscritte.
Quanto ai corsi di formazione terminati, questi erano 333 con 3.799 persone iscritte, tra le quali 2.301 quelle promosse (pari all’87,5% del totale degli iscritti ai corsi terminati).
Le tipologie di corsi terminati in numero prevalente e con maggiore presenza di iscritti nel secondo semestre del 2024, come per l’anno precedente, risultano essere quelli legati alla cucina e alla ristorazione con 80 corsi terminati, 925 iscritti e 800 promossi. Seguono quelli relativi all’edilizia (46 corsi terminati, 553 iscritti e 501 promossi) e quelli relativi all’ambito del giardinaggio e dell’agricoltura (34 corsi, 350 iscritti e 319 promossi). Tali dati risultano in linea con quelli relativi al 2023, con eccezione dei corsi di edilizia, in numero notevolmente minore (29 corsi terminati, 266 iscritti, 236 promossi).
Dal punto di vista della distribuzione geografica dei corsi di formazione professionale, anche nel 2024 la Regione con il maggior numero di corsi portati a termine resta la Lombardia (questi erano 81). Seguono il Veneto con 45 corsi terminati e la Sicilia con 38. Sempre in relazione al numero di corsi terminati, notevolmente bassi sono i risultati riportati in Valle D’Aosta (3), Trentino Alto-Adige (3), Marche (2) e Molise (1). Quest’ultimo nell’anno precedente non aveva attivato né concluso alcun corso di formazione. Nel secondo semestre del 2024 l’Umbria risulta l’unica regione a non aver portato a termine alcun corso, a fronte di soli 3 corsi attivati.
Il lavoro in carcere, riconosciuto dalla normativa quale strumento centrale di rieducazione, continua a essere segnato da profonde contraddizioni e disuguaglianze. La scarsità di opportunità lavorative, la turnazione forzata e la diffusione di mansioni poco qualificanti – si pensi a quella dello “scopino”, tra le tante offerte dall’Amministrazione Penitenziaria – impediscono a molti detenuti non solo di acquisire competenze realmente utili per il reinserimento, ma anche di sostenere spese basilari durante la detenzione considerando le basse remunerazioni. La distribuzione disomogenea delle risorse sul territorio nazionale acuisce ulteriormente il divario tra Nord e Sud, compromettendo l’uniformità dell’offerta formativa e occupazionale. Inoltre, fattori come il genere influiscono ancora sull’accesso al lavoro in carcere, con un’offerta stereotipata per le donne detenute; gli ambiti lavorativi in cui queste sono maggiormente impiegate sono infatti la lavanderia e la sartoria. Nonostante alcuni progressi, sanciti dalla normativa (nello specifico dagli articoli 20, 21 e 22 dell’Ordinamento Penitenziario) come il riconoscimento dei diritti previdenziali e retributivi per chi lavora alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria, la realtà quotidiana è ancora segnata da una concezione del lavoro che fatica a staccarsi da logiche punitive e/o premiali.