XVII rapporto sulle condizioni di detenzione

Covid e pandemia in Europa (e nel mondo)

Covid e pandemia in Europa (e nel mondo)

Covid e pandemia in Europa (e nel mondo)

1024 538 XVII rapporto sulle condizioni di detenzione

 

Covid e pandemia in Europa (e nel mondo)

All’inizio della pandemia, mano a mano che il Coronavirus, avanzava di paese in paese portato in giro da viaggiatori ignari, le autorità cercavano di adottare le misure ritenute necessarie per contenerlo. Certamente non è stato un compito facile soprattutto per l’iniziale difficoltà a comprendere la pericolosità di questo virus, che in alcuni pazienti infetti si manifestava come un semplice raffreddore mentre causava in altri gravissime difficoltà respiratorie fino a rendere necessario il ricorso alla terapia intensiva. Alcuni governi hanno scelto lockdown generalizzati, altri restrizioni in alcuni precisi ambiti della vita dei propri cittadini.

Anche dal punto di vista degli istituti penitenziari le risposte sono state diverse anche se con alcune misure simili, come simili sono i tratti tipici dei sistemi penitenziari: promiscuità, sovraffollamento, scarse condizioni igienico-sanitarie e scarsa areazione dei luoghi chiusi. Con queste premesse, e sapendo che il propagamento delle malattie infettive in carcere può essere molto veloce, i governi hanno messo in atto diversi tipi di misure volte a evitare l’ingresso del virus negli istituti e, più raramente, anche a diminuire il numero dei detenuti. Misure che purtroppo non hanno avuto un ampio respiro sistemico ma si sono limitate al contrasto emergenziale.

Le chiusure del penitenziario al mondo esterno

Le misure rispondenti alla necessità di tenere il virus fuori dalle carceri si sono concretizzate con chiusure spesso radicali del penitenziario al mondo esterno. In pratica, questo significa restrizioni o sospensioni delle visite familiari, dei permessi e delle visite di volontari e altri professionisti che in alcuni Paesi sono coinvolti nelle spesso scarse attività di risocializzazione e ricreative per i detenuti. Emblematico il caso dell’Inghilterra in cui i detenuti sono stati per mesi (e in alcuni casi lo sono tuttora) rinchiusi nelle loro celle per 23 ore al giorno con gravissime conseguenze sulla loro salute mentale e fisica.

In alcuni Paesi l’uso della tecnologia è stato incoraggiato per favorire i contatti tra i detenuti e le loro famiglie e talvolta per svolgere alcune attività a distanza. Tuttavia l’attuazione di questa misura è stata limitata dalla disponibilità di mezzi tecnologici quali computer, tablet e telefoni cellulari, dalla qualità delle reti informatiche e, in alcuni Paesi, non essendo gratuita, dalla disponibilità economica dei detenuti che potevano così permettersi di vedere le proprie famiglie attraverso uno schermo oppure semplicemente di poter effettuare una telefonata in più. In diversi casi le associazioni di volontariato hanno donato schede telefoniche o si sono fatte carico di coprire le spese per le telefonate e le videochiamate per i detenuti meno abbienti.

Le misure deflattive

Nella prima fase altre misure importanti sono state quelle deflattive per rispondere alla necessità di creare spazio per la quarantena dei detenuti. Non tutti i governi hanno adottato misure deflattive, ma dove invece ciò è stato fatto le misure adottate variano significativamente. In alcuni casi erano volte a facilitare il rilascio anticipato dei detenuti, di solito alla fine della loro pena, spesso per essere messi in detenzione domiciliare, con o senza qualche forma di controllo elettronico. A volte queste misure erano mirate a specifici segmenti della popolazione detenuta, come i detenuti più anziani, i detenuti con patologie pregresse o le donne incinte. Altre misure adottate miravano a ridurre il numero di nuovi detenuti che entravano nelle carceri, posticipando l’esecuzione della loro pena o convertendo queste sentenze in qualche forma di alternativa alla detenzione, di solito nel caso di reati minori o quando il colpevole non rappresentava una grave minaccia per la società. Nella maggior parte dei casi sono state adottate combinazioni di queste diverse misure. Tuttavia, ci sono stati anche governi che non hanno adottato nessuna di queste misure e non hanno affrontato in alcun modo il problema del sovraffollamento.

Due casi in cui la popolazione detenuta è diminuita drasticamente sono l’Italia (di cui abbiamo già parlato) e la Francia, dove la popolazione detenuta è scesa da 72.575 detenuti del 15 marzo (dopo aver ricevuto una condanna da parte della CEDU nel gennaio 2020 proprio per il sovraffollamento e le condizioni di detenzione) a 58.695 detenuti il 1 luglio. Questo risultato è stato ottenuto grazie a un utilizzo più esteso della liberazione anticipata per i detenuti a fine pena e la riduzione dell’attività giudiziaria. Tuttavia, come è avvenuto in Italia, da allora la popolazione detenuta è tornata a crescere fino ad arrivare a 62.673 unità il 1 gennaio 2021. Anche in Francia non è stata colta l’occasione presentata dalla pandemia per ridurre la popolazione detenuta in maniera duratura.

Dati dell’Observatoire International des Prisons section française

Un caso in cui le misure deflattive sono state meno incisive è quello di Inghilterra e Galles, dove la popolazione detenuta è calata da 84.000 a inizio marzo a 79.000 a inizio dicembre. Questa decrescita sarebbe dovuta al calo degli ingressi negli istituti penitenziari più che a misure volte al rilascio dei detenuti di cui hanno beneficiato solo 316 detenuti contro i 4.000 previsti. La combinazione fra riduzione del lavoro dei tribunali per via delle regolamentazioni legate alla lotta al Coronavirus, calo degli arresti e minori richieste di rinvio a giudizio da parte dei pubblici ministeri sono fra le cause della diminuzione degli ingressi nel sistema penitenziario inglese.

Nostra elaborazione su dati del UK Ministry of Justice https://www.gov.uk/government/statistics/prison-population-figures-2020

I contagi negli istituti penitenziari

Queste misure purtroppo non hanno fermato l’ingresso dei contagi negli istituti penitenziari, con diversi gradi di gravità a seconda del paese. Secondo i dati SPACE del Consiglio d’Europa, dall’inizio della pandemia al 15 settembre 2020, in tutta l’area del Consiglio d’Europa almeno 3.300 detenuti e 5.100 membri del personale penitenziario sono risultati positivi al Covid-19, ma si tratta certamente di numeri molto più bassi di quelli reali, visto che non tutte le amministrazioni penitenziarie hanno risposto ai questionari degli autori dello studio. Se nuove statistiche fossero pubblicate oggi, questo numero sarebbe molto più alto soprattutto a causa di un’impennata dei casi di Coronavirus nelle carceri europee durante la seconda ondata.

Nelle sole Inghilterra e Galles, il numero di detenuti positivi dall’inizio della pandemia al 4 gennaio si aggira intorno ai 6.000. 2.407 di questi casi sono stati registrati solo tra il 1° dicembre 2020 e il 4 gennaio 2021. Sono 57 i detenuti che si crede siano morti per cause legate al Coronavirus.

In Francia, tra l’inizio dell’epidemia e il 15 ottobre, sono stati identificati 33 focolai negli istituti penitenziari, due settimane dopo erano 57 e 80 a metà novembre. Il 13 novembre più di 470 agenti penitenziari e 204 detenuti risultavano positivi al Covid-19.

In Polonia nel dicembre 2020, il numero di casi di Covid-19 fra i detenuti ha superato i 400. In confronto, a metà ottobre 2020 erano stati segnalati solo 56 casi di coronavirus in tutte le strutture penitenziarie. Anche la situazione tra il personale penitenziario è grave e presenta numeri elevati: si tratta di 207 casi di Covid-19 registrati fino a ottobre 2020 che sono aumentati esponenzialmente fino a raggiungere 3119 casi all’inizio di dicembre.

I numeri dei contagi variano molto da paese a paese e anche fra penitenziari le situazioni posso essere completamente diverse e cambiare molto rapidamente. Tuttavia, anche la mancanza di dati è una questione importante: molti Paesi non hanno pubblicato il numero di detenuti risultato positivo al Covid-19 e le notizie trapelano all’esterno in modo informale. Questo mostra una mancanza di trasparenza delle istituzioni penitenziarie che deve essere superata al fine di affrontare meglio la crisi e prevenire la violazione dei diritti dei detenuti. Va ricordato anche che la mancanza di trasparenza e di informazioni colpisce soprattutto i familiari dei detenuti, che spesso si ritrovano nell’incertezza sulle possibili condizioni di detenzione e salute dei propri cari.

In questo senso è interessante il caso della Romania, in cui APADOR, un’associazione per la difesa dei diritti umani, denuncia la mancanza di trasparenza dell’Amministrazione Penitenziaria nella divulgazione dei dati sui contagi. Secondo quest’associazione, ci sarebbero delle discrepanze fra i numeri divulgati dall’Amministrazione Penitenziaria tramite comunicati stampa, quelli pubblicati sul sito e quelli inviati all’associazione stessa in seguito alla procedura di accesso agli atti (simile al nostro FOIA). Il totale dei detenuti deceduti per Covid-19 è ancora sconosciuto.

Gli Stati Uniti d’America

Un discorso a parte va fatto per gli Stati Uniti, dove risiede solo il 4-5% della popolazione mondiale mentre i suoi 2,1 milioni di detenuti rappresentano un quarto della popolazione detenuta del mondo. Negli USA il numero di detenuti ogni 100.000 abitanti è di 655 mentre in Europa si aggira intoro a una media di 100. La detenzione penale negli Stati Uniti presenta alcune peculiarità interessanti e al contempo problematiche sotto diversi punti di vista. Intanto abbiamo la mass incarceration – l’incarcerazione di massa, espressione con cui si indica il fenomeno dell’aumento esponenziale della popolazione detenuta negli Stati Uniti dagli anni 70 a oggi dato dall’aumento della risposta penale alle problematiche sociali del paese e che colpisce prevalentemente le cosiddette black and brown communities. In secondo luogo la frammentazione dei sistemi penali e penitenziari sia orizzontalmente che verticalmente rende impossibile una direzione centrale delle carceri statunitensi. Infatti a seconda del tipo di reato che si viene commesso entrerà in gioco un sistema penale (e di conseguenza penitenziario) diverso. Ad esempio, chi compie un reato federale verrà perseguito da una corte federale e detenuto in un carcere federale gestito dalla Federal Bureau of Prisons; chi viola la legge statale verrà sanzionato dalle corti statali e ristretto nelle carceri statali o nelle prigioni delle contee (in queste ultime solo in caso di pene molto brevi o di una misura cautelare). In questo contesto diventa molto difficile non solo promuovere il cambiamento, ma anche meramente tenere il conto di quanti detenuti e membri dello staff penitenziario risultano positivi al Coronavirus. L’American Civil Liberties Union (ACLU), organizzazioni della società civile e associazioni di avvocati, vedendo quanto stava avvenendo negli altri Paesi e cercando di prevenire il disastro umanitario che si sarebbe svolto di lì a poco hanno inizialmente cercato di avvertire le autorità del rischio che il virus poneva alla popolazione detenuta richiedendo la scarcerazione dei detenuti più vulnerabili, l’utilizzo di misure alternative alla detenzione, la diminuzione del numero degli arresti e di richieste di rinvio a giudizio per i reati meno gravi e il rispetto delle norme igieniche di prevenzione di base. Successivamente hanno dato inizio a migliaia di azioni legali e creato campagne di sensibilizzazione rivolte agli attori principali dei sistemi penali e ai Governatori degli Stati. L’ACLU insieme a Prison Policy ha valutato le misure adottate dagli Stati basandosi su quattro fattori: la disponibilità di test e di dispositivi di protezione personale nelle carceri, la riduzione della popolazione detenuta, il rilascio di detenuti vulnerabili, la pubblicazione dei dati sui contagi negli istituti penitenziari statali. I risultati conseguiti dagli Stati rasentano la sufficienza (D) o sono del tutto insufficienti (F). Secondo il progetto UCLA Law Covid-19 Behind Bars Data Project dall’inizio della pandemia al 1 febbraio erano 370.885 i contagi avvenuti negli istituti penitenziari, oltre 2.270 i detenuti deceduti e oltre 100.000 le scarcerazioni.

Il peso della pandemia sulla popolazione detenuta in tutto il mondo è enorme: nella maggior parte delle giurisdizioni, i detenuti stanno vivendo in un isolamento dal mondo esterno senza precedenti e la vita penitenziaria sembra essersi ridotta all’osso quando non proprio fermata. Nonostante ciò il numero di detenuti e membri del personale che sono risultati positivi al Covid-19 è in alcuni Paesi estremamente alto rispetto alla popolazione generale. Per proteggere questa popolazione così vulnerabile e per riprendere la vita penitenziaria è assolutamente necessario velocizzare le vaccinazioni dei detenuti.