Primo rapporto sulle donne detenute in Italia

Donne in Alta sicurezza e 41 bis

Donne in Alta sicurezza e 41 bis

Donne in Alta sicurezza e 41 bis

1024 576 Primo rapporto sulle donne detenute in Italia

Chiara Carrozzino

Donne in Alta sicurezza e 41 bis

La detenzione femminile rappresenta già una minima parte dei ristretti in carcere. Le donne detenute in regime di 41bis e in Alta sicurezza rappresentano parti ancora più circoscritte

Premessa sulla detenzione femminile

Premesso che la tematica di cui dobbiamo occuparci riguarda una sezione particolarmente ristretta di quella che è la detenzione femminile, ovvero la reclusione di donne al 41 bis e nei circuiti di Alta Sicurezza, appare necessario svolgere una breve premessa relativamente alla detenzione femminile in generale.

La detenzione femminile è un fenomeno presente e talvolta ignorato. Infatti, quando si parla di detenzione non si pensa mai o quasi mai alle donne recluse, risultando essere quasi un fenomeno circoscritto alla sola popolazione maschile.

Con buona probabilità, questa scarsa attenzione è stata determinata dal numero nettamente inferiore di donne ristrette rispetto a quello maschile, oltre che al ruolo non centrale che la donna ha rivestito per molti anni: ed infatti, basta osservare come al netto della popolazione ristretta, quella femminile, nel corso degli anni si è mantenuta in un certo qual modo stabile.

Quindi, dai dati riportati sul sito del Ministero della Giustizia è emerso chiaramente come il numero di detenute donne, nell’arco del tempo è rimasto pressoché stabile, variando di poche unità, ma attestandosi sempre intorno ad una percentuale poco sopra il 4% della popolazione complessivamente detenuta.

Proprio in merito alla detenzione femminile è possibile e doveroso fare qualche osservazione, poiché questa si presenta come una micro-realtà circoscritta e a sé stante che presta senza dubbio il fianco ad una serie di problematiche.

Occorre premettere che le donne risultano essere suddivise su tutto il territorio nazionale in 4 Istituti penitenziari esclusivamente femminili (Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Venezia Giudecca) e per il resto in 46 sezioni poste all’interno di penitenziari maschili.

Come risulta evidente dal grafico, e già evidenziato, il numero di donne detenute è nettamente inferiore a quello degli uomini, con evidenti ricadute per quanto concerne la collocazione sul territorio, i trattamenti previsti e applicati, la vita carceraria in generale, i percorsi rieducativi nel loro complesso applicati e le risorse economiche adoperate; tutti elementi che risultano parzialmente compromessi.

Già questo primo dato consente di effettuare una riflessione: la reclusione, indipendentemente dalla posizione giuridica delle detenute, può essere eseguita talvolta in un istituto situato a distanza rispetto al nucleo familiare di provenienza, non potendosi quindi rispettare il principio di territorialità dell’esecuzione della pena previsto nell’ordinamento penitenziario; inoltre, vista la presenza di numerose sezioni dislocate all’interno di istituti maschili, si acuisce l’isolamento delle donne ivi ristrette, le quali sono ovviamente penalizzate dal contesto maschile in cui si trovano a vivere.

Questo senso di isolamento è poi acuito se si pensa a due situazioni assolutamente particolari presenti nel sistema carcerario: le donne sottoposte al regime speciale del 41 bis e le donne inserite in circuiti di alta sicurezza o collocate nelle così dette sezioni “Z” in quanto collaboratrici di giustizia o parenti di collaboratori di giustizia.

Attualmente le donne al 41 bis sono pari a 12, tutte detenute presso l’istituto penitenziario presente a L’Aquila

Donne e art. 41 bis 2° comma

Una tematica certamente interessante è quella che concerne le donne ristrette al 41 bis 2° comma.

Occorre ricordare che il su menzionato regime detentivo speciale (nello specifico il comma 2 dell’art.41 bis o.p.) è stato introdotto con il D.L. n. 306/1992, durante un periodo tragico della storia della nazione, ovvero quello delle stragi di mafia.

Lo scopo di tale regime detentivo speciale era e tuttora è quello di isolare il detenuto impedendo allo stesso di comunicare con l’esterno e quindi con l’associazione di appartenenza; la realizzazione di un sistema così pensato prevede una serie di limitazioni volte a eliminare i legami che intercorrono tra il detenuto, esponente di vertice delle organizzazioni criminali e l’organizzazione criminale esterna nell’ottica di contrastare il fenomeno delle organizzazioni di stampo mafioso.

Quando si parla di “carcere duro”, subito si pensa a uomini che hanno ricoperto il ruolo di boss mafiosi o di esponenti di gruppi terroristici.
Infatti, per lungo tempo, la figura della donna è stata associata a crimini minori, di poco conto, la donna era, e talvolta ancora oggi è, pensata come incapace di inserirsi in contesti criminali organizzati aventi un tale rilievo.
Nell’immaginario collettivo le donne non possono essere responsabili di delitti prettamente ascrivibili all’uomo, quali ad esempio i reati associativi. A lungo la figura della donna è stata considerata solo in relazione alla maternità.
Tuttavia, questa proiezione presente nell’immaginario comune, non tiene conto del fatto che ad oggi vi sono anche donne sottoposte al regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis o.p. 2° comma, sebbene in numero ridotto rispetto agli uomini.

Già a partire dagli anni 90, si è visto che anche le donne potevano ricoprire ruoli apicali all’interno dell’organizzazione criminale, specialmente quando i boss mafiosi venivano arrestati o erano latitanti.

A tal proposito è sufficiente richiamare alla memoria la prima donna sottoposta al “carcere duro” e nota alla cronaca: Teresa De Luca Bossa, impostasi nella scena della criminalità organizzata napoletana in posizione apicale e finita poi in carcere nel giugno del 2000.

Come lei vi sono state altre donne, non solo legate alla criminalità organizzata, ma legate alle brigate rosse, che nel corso degli anni 2000 sono state arrestate e sottoposte al regime carcerario speciale di cui al 41 bis.
Appare opportuno rappresentare come il numero nel corso degli ultimi anni si è mantenuto pressocché invariato.

Secondo quanto rilevato dall’ultima osservazione svolta, attualmente le donne al 41 bis sono pari a 12, tutte detenute presso l’istituto penitenziario presente a L’Aquila.

Questo numero esiguo non si discosta dai dati rilevati negli ultimi anni: i dati disponibili a novembre 2020 hanno indicato un totale di 748 persone sottoposte al regime di cui all’art. 41 bis o.p.: 731 uomini e 13 donne, oltre a 4 internati.

Ed ancora la “Relazione sull’amministrazione della giustizia” pubblicata dal Ministero della Giustizia il 25 gennaio 2022, ha rappresentato come al 31 ottobre 2022 i detenuti sottoposti al 41-bis ammontavano a 728: 12 donne e 716 uomini; quindi, appena l’1,3 per cento della popolazione presente negli istituti penitenziari.

Negli ultimi anni il numero di donne soggette a regime speciale è rimasto pressoché contenuto e costante, aggirandosi sullo 0.5% della popolazione detenuta femminile

Guardando agli ultimi 20 anni risulta complesso effettuare una ricostruzione numerica delle donne sottoposte al 41 bis.

Tuttavia, possiamo vedere come negli ultimi anni il numero di donne soggette a regime speciale sia rimasto pressoché contenuto e costante, aggirandosi sullo 0.5% della popolazione femminile complessivamente detenuta e valutata, nel grafico esaminato, alla data del mese di novembre (nel primo grafico si è fatto invece riferimento alla popolazione femminile detenuta alla data del 31 gennaio di ogni anno, ma come è possibile vedere la % è rimasta fissa sul 4%, mantenendosi quindi costante indipendentemente dal mese preso in esame).

Possiamo comunque osservare come un aumento si è avuto rispetto al 2003, anno in cui le donne sottoposte al “carcere duro” (stando a quanto riportato sulla rivista Diritto & libertà N. 7 anno 2003) erano appena tre: tutte detenute nel carcere di Rebibbia.

Ad ogni modo, sebbene il numero attuale di detenute al 41 bis possa sembrare non rilevante, risulta essere comunque elevato se si pensa al tipo di restrizioni cui queste persone sono sottoposte: possono effettuare un solo colloquio al mese dietro a vetro divisorio, eccetto per il caso di colloquio con minori di 12 anni, della durata di un’ora; i colloqui sono videosorvegliati da un agente della polizia penitenziaria e qualora vi sia un ordine dell’Autorità̀ giudiziaria, le conversazioni possono essere ascoltate dall’agente; in alternativa ai colloqui visivi possono essere autorizzate, dopo i primi sei mesi di applicazione del regime, a svolgere un colloquio telefonico con i familiari, che devono recarsi presso l’istituto penitenziario più̀ vicino al luogo di residenza al fine di consentire l’esatta identificazione degli interlocutori; sono collocati in cella singola e hanno diritto a solo due ore all’aria aperta. Ovviamente il catalogo di restrizioni è lungo e non si esaurisce con quanto indicato.

Il sistema a cui si è brevemente fatto riferimento è ancora oggi un sistema che non consente di essere osservato e che si pone come particolarmente afflittivo in termini di trattamento penitenziario, praticamente inesistente, che isola di fatto le donne che vi sono sottoposte non solo dalla società, ma anche rispetto al resto della popolazione detenuta.

Circa il 10% delle donne detenute è in regime di Alta sicurezza. Di queste, 8 sono nel circuito di AS2 e 218 nel circuito di AS3

Donne e Alta Sicurezza

Un altro fenomeno è poi quello relativo ai circuiti dell’Alta Sicurezza che riguarda tanto la detenzione maschile quanto quella femminile.

La circolare 21 aprile 2009 n. 3619/6069 è intervenuta a definire e disciplinare il circuito dell’alta sicurezza, suddiviso in tre sotto-circuiti a seconda del reato: A.S.1 per i detenuti ed internati nei cui confronti sia stato dichiarato inefficace il decreto di applicazione del regime di cui all’art. 41 bis dell’o.p.; A.S. 2 per i detenuti appartenenti ad associazioni terroristiche nazionali e internazionali, si pensi ad esempio a estremisti di cellule terroristiche islamiche; A.S.3 per i detenuti appartenenti ad associazioni criminali.

I circuiti così strutturati mirano ad impedire che i detenuti che abbiamo commesso determinati reati possano, nel corso della detenzione, entrare in contatto fra di loro (i differenti circuiti di norma devono rimanere separati) o con i detenuti comuni, onde evitare che si verifichino fenomeni di assoggettamento o di reclutamento.

L’inserimento nei circuiti di Alta Sicurezza non determina un regime di reclusione speciale, come invece è l’applicazione del 41 bis, e pertanto non determina di per sé una differenza, almeno teoricamente, in termini di possibilità di accedere a opportunità trattamentali.

Tuttavia, sebbene in teoria ai detenuti in AS non sia precluso l’accesso alle forme trattamentali, è inevitabile considerare che non sempre è possibile accedervi.

Ed infatti, a ben vedere, gli istituti dovrebbero attivarsi per prevedere un trattamento per i detenuti comuni ed uno separato per i detenuti inseriti nei differenti circuiti di Alta Sicurezza.

Ma non solo, nel caso delle donne recluse nei circuiti dell’Alta Sicurezza la problematica è sicuramente aggravata.

La detenzione femminile rappresenta già una minima parte dei ristretti in carcere, ma le donne detenute in AS risultano essere un numero ancora più circoscritta e questo può determinare un’ingiusta penalizzazione per le stesse dal punto di vista trattamentale e in termini di investimento delle risorse.

Infatti, fattore indubbiamente problematico che riguarda la detenzione femminile nei circuiti AS1, AS2 E AS3 è costituito dalla minore possibilità, per le donne, di accedere alle attività trattamentali o lavorative rispetto alle detenute comuni e ovviamente rispetto agli uomini: si tende a non investire risorse economiche in attività trattamentali e in strutture destinate ad un basso numero di donne. Ad aumentare questa disparità si aggiunge il fatto che le sezioni femminili sono collocate all’interno di istituti maschili, con un chiaro impedimento in termini di condivisione di spazi a fronte della necessaria separazione tra persone di genere differente.

Ad ogni modo, anche in questo caso, ai fini di una migliore comprensione del fenomeno, occorre fornire qualche numero.

Alla data del 18.11.2021 risultavano presenti 82 soggetti ascritti al circuito “AS2” di cui 8 donne: 43 persone di cui 2 donne erano state accusate o condannate per terrorismo internazionale di matrice islamica e 25 persone di cui 6 donne erano recluse per terrorismo interno o nazionale.

Invece, alla data del 31 dicembre 2020, come riportato nella “Relazione del Ministro sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2020” i detenuti inseriti nel circuito di Alta Sicurezza 2 erano complessivamente 79, 67 uomini e 12 donne.

Per quanto concerne il 2019, i detenuti in AS2 erano 84, 75 uomini e 9 donne. Pertanto, come è possibile osservare dal 2019 al 2020 si è registrato un calo: i detenuti accusati o condannati per terrorismo di matrice islamica sono scesi da 52 del 2019 a 46 nel 2020.

Seppure parziali, tali dati possono fornire un’idea relativamente al numero circoscritto di donne presenti nell’AS2 e quindi illustrare la portata di un problema non secondario quando si parla di detenzione femminile con particolare riguardo ai circuiti di AS: l’inevitabile isolamento.

Inoltre, è possibile osservare più in generale i dati relativi alla reclusione femminile nei circuiti di Alta Sicurezza relativamente al novembre del 2021.

In tale data risultavano recluse poco più di 9.000 persone in Alta Sicurezza: in AS 3 erano presenti complessivamente 9.014 persone, 8.796 uomini e 218 donne, suddivisi in 55 istituti penitenziari a fronte dei complessivi 9.212 detenuti inseriti nel circuito di Alta Sicurezza (AS 1, AS 2 AS 3).

Allo stesso modo, anche nel corso del 2020 il numero di detenuti in AS è rimasto pressocché costante, con un numero anche in questo caso elevato di detenuti in Alta sicurezza 3, circa 9.000.

I numeri registrati negli ultimi anni citati non si discostano in modo particolare dai dati riscontrati nel corso del 2019, anno in cui i detenuti complessivamente ristretti in AS erano 9186.

A fini esemplificativi si riporta la seguente rappresentazione relativamente all’anno 2021 e 2019, con cui si fa riferimento alla popolazione complessivamente inserita nel circuito di AS, con uno specifico richiamo poi al circuito di AS 3.

In maniera più specifica, rileva focalizzare l’attenzione sui dati relativi alla detenzione femminile all’interno dell’Alta Sicurezza (AS 1, AS 2 e AS 3) per come è evoluta nel corso degli ultimi anni.

A tal proposito è possibile osservare con particolare attenzione il grafico di seguito riportato, nella quale è indicato l’andamento della detenzione femminile nel circuito di alta sicurezza dal 2018 al 2021: sebbene i numeri siano rimasti per lo più costanti, un leggero aumento si è registrato nel corso del 2021.

    Dalle osservazioni compiute nel 2023 è emerso che attualmente le sezioni di AS femminile sono 7
    Ad ogni modo, dalle osservazioni compiute nel 2023 è emerso che attualmente le sezioni di AS femminile sono 7, di seguito riportate:
  • Casa Circondariale di “Piacenza San Lazzaro”: secondo quanto rilevato nel corso della visita avvenuta in data 20 maggio 2022, l’istituto è composto da dieci sezioni maschili ed una sola femminile, per un complessivo di 334 persone di cui 17 donne su una capienza regolamentare di 20 posti nella sezione femminile.
    La sezione femminile ospita tutte donne inserite nel circuito di AS, nello specifico vi sono 15 detenute in AS 3 e solo 1 delle presenti è straniera. Ad oggi, per le donne detenute non sono previsti corsi di formazione professionali, mentre vi sono per gli uomini; inoltre, non sono presenti corsi di formazione professionale che coinvolgono le donne detenute.
    Per le donne sono previsti esclusivamente lavori alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria e sono attivi un corso di chitarra e un corso di ginnastica.
    Vi è un corso di alfabetizzazione, un corso di scuola media e uno di agraria nella sezione maschile, non è stato rilevato se vi sono donne che partecipano a corsi scolastici.
    Le celle della sezione femminile, seppure più piccole di quelle maschili, risultano essere in condizioni migliori. Hanno il bagno collocato in ambiente separato e dotato di bidet.
    Inizialmente la sezione femminile era stata pensata per sopperire ad esigenze sanitarie e per tale ragione gli spazi non risultano essere sempre adeguati alle esigenze trattamentali del caso.
    Nella sezione osservata entra regolarmente una ginecologa per i controlli del caso; dai dati raccolti risulta che non sono presenti donne tossicodipendenti.
  • Casa di reclusione di Latina: secondo quanto appurato alla data del 23 febbraio 2023, vi è un reparto femminile riservato esclusivamente al circuito di Alta Sicurezza; al momento dell’osservazione risultano presenti solo detenute in AS3, in maniera specifica al momento della visita sono presenti 32 detenute su una capienza di 56 posti disponibili. Sono attivi nella sezione un coro di alfabetizzazione, un corso di musica, un corso di cucito, un corso di biblioteconomia e un laboratorio di scrittura creativa e autobiografica. Di recente è stata allestita anche una biblioteca. Sono inoltre attivi un laboratorio di murales e ceramica artistica ed un laboratorio sartoriale oltre che un corso di fitness. Le detenute possono anche usufruire della palestra attrezzata nella fascia pomeridiana ed usufruire dell’area attrezzata per il gioco della pallavolo.
  • Casa Circondariale di Lecce: secondo quanto rilevato in data 23 febbraio 2023 risultano essere presenti 39 detenute in A.S.3 tutte di nazionalità italiana. Delle detenute presenti vi sono 14 donne in attesa del giudizio di primo grado; 5 appellanti; 8 ricorrenti; 10 definitive e due con posizione mista (una definitiva relativamente ad un procedimento e appellante relativamente ad un altro; una definitiva in relazione ad un procedimento e in attesa del giudizio di primo grado relativamente ad un altro procedimento). L’istituto prevede inoltre 2 corsi di Ragioneria (1° periodo e 2° periodo didattico), 1 corso di scuola media, un laboratorio di lettura e scrittura, un laboratorio di filosofia, un corso di canto ed un laboratorio di sartoria.
  • C.C. di Santa Maria Capua Vetere: secondo quanto rilevato durante la visita del 17 febbraio 2023, la sezione femminile è posta in una palazzina separata rispetto alle sezioni maschili. La sezione femminile accoglie solo detenute inserite nel circuito di Alta Sicurezza 3, l’unico AS femminile presente in Campania.
    Ospita 62 donne, tutte italiane, la cui età media è di circa 50 anni.
    Delle donne presenti 14 sono definitive mentre tra le altre vi sono alcune ricorrenti.
    La sezione femminile non è dotata di un’area verde per i colloqui. È emerso che il ginecologo entra per effettuare visite ambulatoriali mentre per problematiche più serie le donne devono essere condotte in strutture esterne. Delle donne presenti cinque presentano una diagnosi psichiatrica grave e due sono tossicodipendenti (una delle quali rientra tra quelle con diagnosi psichiatrica).
    L’istituto prevede un corso di alfabetizzazione, le scuole elementali, le scuole medie, il liceo artistico (solo quarto e quinto anno). Ogni corso è seguito circa da dieci donne. Il corso di alfabetizzazione è seguito anche da donne che hanno la licenza elementare.
    Dall’osservazione svolta è inoltre emerso che circa venti delle donne presenti lavorano a turnazione alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria. All’interno dell’istituto si svolgono inoltre i corsi di cineforum, ricamo, canto, pittura, corso sulla genitorialità, teatro e scrittura creativa, mentre è in programma un corso d’inglese e in estate è possibile coltivare l’orto.
    Tutti i corsi sono gestiti da associazioni di volontari. I corsi si tengono in media una volta a settimana per circa un’ora e mezzo. Tutte le donne detenute seguono uno o più dei corsi proposti. Inoltre, partecipano ai laboratori autogestiti di ricamo e cucito durante la socialità.
    Un fattore indubbiamente positivo è la presenza di volontari, ancora più presenti che al maschile, grazie ai quali è possibile l’offerta trattamentale a cui si è accennato.
    Nel complesso è emerso un reparto tranquillo: e oltre alle quattro ore d’aria ci sono le ore di socialità. Altro elemento positivo è la presenza delle docce in stanza, le quali risultano pulite, personalizzate e con mobilio in buono stato.
  • Casa di reclusione di Vigevano: secondo quanto rilevato in data 11 maggio 2021, l’istituto si compone di 6 sezioni maschili e 2 femminili (una di Media e una di Alta sicurezza – AS3). Delle 334 persone detenute presenti le donne sono 79, nonostante la capienza sia di 50 posti. La sezione di AS 3 si compone di 35 donne.
  • Casa Circondariale di Rebibbia femminile: secondo quanto osservato nel corso della visita avvenuta in data 10 giugno 2022, la casa di reclusione è uno dei quattro istituti interamente femminile. È addirittura il più grande tra le 4 carceri femminili presenti in Italia, nonché uno delle più grandi d’Europa. L’istituto ospita donne detenute sia in regime di Media che di Alta sicurezza. Al momento dell’osservazione risultano presenti 336 persone a fronte di una capienza pari a 260 posti. La struttura presenta anche una sezione per donne detenute in regime di Alta sicurezza, diviso in circuito AS2 e AS3. Nel reparto AS3, al momento della visita, sono presenti 12 donne ospitate in 4 stanze detentive; mentre nel reparto AS2 sono presenti 6 donne e solo una in cella singola. Le stanze sono dotate di bagno avente tutti i servizi igienici. All’interno dell’istituto è anche presente sezione “Z” avente capienza di 6 posti.
    L’Alta Sicurezza ha due passeggi che entrambe le sezioni usano alternandosi: uno è un cortile in cemento con rete da pallavolo, tavoli e ombrelloni e l’altro è un piccolo giardino verde.
    Inoltre, è stato rilevato che sono presenti alcune attività culturali e ricreative, nello specifico teatro, calcetto, letture e corso di sceneggiatura. Queste attività sono tenute nel reparto AS2.
    Ed ancora, oltre alle sezioni appena menzionate, vi è anche la sezione femminile di Alta Sicurezza collocata presso l’IPP di Reggio Calabria.
    Ciò che è emerso dalle rilevazioni svolte, oltre al fatto che le detenute sono inserite prevalentemente in AS 3, è che alcuni degli istituti si sono attivati nel senso si consentire lo svolgimento di corsi e attività. Il lavoro resta un nodo problematico: solo in uno degli istituti è stato rilevato che le detenute svolgono attività lavorative alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria.

Le sezioni “Z” sono destinate ad ospitare donne collaboratrici di giustizia o comunque legate a collaboratori di giustizia. Stando alle osservazioni effettuate, risultano tre sezioni Z femminili che ospitano complessivamente 6 donne

4. Donne e sezioni c.d. “Z”

Ad ogni modo, oltre alle sezioni dell’Alta Sicurezza appena accennate, sono presenti anche alcune sezioni “Z”, destinate ad ospitare donne collaboratrici di giustizia o comunque legate a collaboratori di giustizia.

Ad oggi, stando alle osservazioni effettuate, risultano presenti su tutto il territorio nazionale ben tre sezioni destinate ad ospitare donne collaboratrici di giustizia o parenti di collaboratori per un numero complessivo di 6 donne su una popolazione femminile detenuta pari a 2.392 alla data del 31 gennaio 2023 (quindi appena lo 0.25%) e su una popolazione detenuta in generale (uomini e donne) pari a 56.127 (quindi appena lo 0.01%).

Una prima sezione è situata presso l’istituto di Paliano: è emerso che l’istituto ospita al suo interno una sezione femminile, la cd sezione “Z” che accoglie collaboratrici di giustizia. Per ragioni di sicurezza, l’osservatorio non è autorizzato ad accedere in tali sezioni. Secondo l’ultima osservazione svolta vi sono 68 persone detenute, di cui solo 3 donne detenute nella sezione femminile e tutte collaboratrici. Ad ogni modo, da quanto rilevato all’epoca della visita, nella sezione femminile sono presenti 6 celle della dimensione in media di 16 metri quadri. Vista l’impossibilità di accedere all’interno della struttura e di visitare la sezione femminile per ragioni di sicurezza, non sono disponibili ulteriori informazioni.

Oltre all’attività di manutenzione, vi è la possibilità di lavorare nella pizzeria interna, nel laboratorio di falegnameria, in quello di orticoltura e allevamento. Per ragioni di sicurezza, non si svolgono attività trattamentali con cooperative e associazioni esterne e tutti i presenti che lavorano sono impiegati alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria.

È anche attivo un corso di ragioneria al V anno per l’ottenimento del diploma di scuola media superiore, il quale conta 4 iscritti, però presumibilmente tutti uomini.

Vi è poi l’istituto di Pozzuoli che secondo quanto rilevato al momento della visita avvenuta in data 21 luglio 2022, ospita 146 donne, su una capienza regolamentare di 102 posti. Delle 146 detenute, 26 sono di cittadinanza straniera; tra le donne presenti ve n’è una protetta in qualità di collaboratrice di giustizia. Infine, stando a quanto rilevato in data 15 febbraio 2023, una sezione è collocata presso l’istituto penitenziario di Reggio Emilia, che ad oggi, secondo quanto rilevato, ospita due donne.

Tali sezioni risultano essere completamente separate rispetto alle altre e costringono chi le occupa ad un regime che comporta molti limiti.
Ed infatti, l’esiguità del numero dovrebbe far riflettere sulla solitudine che tale stato porta. Una solitudine obbligata.

Invece, nell’istituto penitenziario di Reggio Emilia che è sia Casa circondariale che Casa di reclusione, è presente una sezione femminile, composta da una sezione per detenute in media sicurezza e una per detenute in AS3 e congiunte di collaboratori di giustizia (sezione “Z”).

Alla data dell’ultima visita, in data 5 dicembre 2022 risultavano ristrette 12 donne, di cui 3 in alta sicurezza.

Secondo quando rilevato invece a febbraio 2023, ad oggi sono presenti solo due donne poste nella sezione “Z”.

All’esito dell’osservazione emerge chiaramente come la particolare condizione in cui versano impedisce loro di avere incontri con le altre detenute, derivando da ciò anche l’impossibilità di partecipare a corsi ed eventi con il resto della popolazione femminile presente nel carcere ove presente.

Questo elemento determina uno stato di forte isolamento non solo presente verso l’esterno dato che si tratta comunque di persone recluse, ma anche verso l’interno, nel luogo ove sono chiamate a scontare una pena, che dovrebbe comunque ispirarsi a canoni precisi di risocializzazione, prevedere un trattamento penitenziario mirato, cosa non possibile ove le stesse si trovino ad essere tagliate fuori rispetto al resto della popolazione carceraria.
In conclusione, dall’analisi svolta in tema di detenzione femminile, con particolare riguardo alle donne detenute al 41 bis o inserite nei circuiti di Alta Sicurezza e nelle sezioni destinate ad accogliere collaboratrici di giustizia o donne o con famigliari collaboratori di giustizia, è emerso come nel corso degli anni il numero di donne sia rimasto pressoché stabile, non subendo variazioni rilevanti in termini di percentuale.

Basti osservare come la percentuale riferita alla detenzione femminile e riportata nel primo e nel secondo grafico, in generale, si sia mantenuta sul 4% (con leggere variazioni, ma mai arrivando al 5% ) rispetto alla popolazione complessivamente detenuta. Ed ancora, lo stesso può essere evidenziato con riferimento al regime di detenzione speciale (41 bis) in cui i valori, in termini percentuale, sono rimasti costanti nel corso degli anni, rappresentando in media lo 0.5% rispetto alla popolazione femminile complessivamente detenuta, contrariamente alla popolazione maschile al 41 bis, che di media è tre volte la percentuale femminile calcolata.