Bambini in carcere

Bambini in carcere

1024 576 Primo rapporto sulle donne detenute in Italia

Sofia Antonelli

Bambini in carcere

Al 31 gennaio 2023 erano 17 i bambini di età inferiore a un anno che vivevano in carcere con le loro 15 madri detenute.

L’andamento della presenza dei bambini in carcere ha continuato a oscillare negli ultimi trent’anni in alto (fino a superare le 80 unità) e in basso senza essere particolarmente influenzato neanche dalle modifiche normative introdotte nel tempo a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. È stata invece la pandemia, con la paura per le carceri che ha comportato e le conseguenti azioni intraprese, a ridurre drasticamente i numeri, passati dai 48 bambini della fine del 2019 ai 29 della fine del 2020, fino a raggiungere i 17 che oggi si trovano all’interno di istituti di pena. Segno di come, al di là delle norme, per risolvere il problema dei bambini in carcere si debba e si possa lavorare nella prassi della magistratura agendo caso per caso sulle singole situazioni.

Secondo la Relazione sull’amministrazione della Giustizia nel 2022, la riduzione del numero dei bambini in carcere è individuabile sia nella contingenza dell’emergenza epidemiologica sia nel favore crescente per le misure alternative e sostitutive, concesse in via prioritaria dall’Autorità giudiziaria alle donne madri di figli minori.

Rispetto alla nazionalità delle madri detenute è possibile constatare una sovrarappresentazione delle straniere, le quali probabilmente incorrono in maggiori difficoltà nell’accesso a misure alternative. Questa situazione era infatti presente nel 2019, quando i numeri erano più alti, come oggi con dei numeri inferiori.

Secondo gli ultimi dati, al 31 gennaio 2023 nelle carceri italiane erano dunque presenti 17 bambini e 15 mamme

Secondo gli ultimi dati, al 31 gennaio 2023 nelle carceri italiane erano dunque presenti 17 bambini e 15 mamme. Il nucleo più cospicuo, composto da 8 donne con 9 bambini, si trovava all’interno dell’ICAM di Lauro, seguito da 3 donne e 3 figli nell’ICAM di Milano San Vittore e da una donna con 2 bambini nell’ICAM della Casa di Reclusione femminile di Venezia. Vi sono poi tre nuclei composti solo da una madre e un bambino all’interno dell’ICAM della Casa Circondariale di Torino, nella sezione nido di Rebibbia femminile e nella sezione femminile della Casa Circondariale di Lecce.

I bambini detenuti insieme alle loro madri sono ospitati in luoghi differenti, a volte molto diversi tra loro. Tendenzialmente questi luoghi possono essere divisi in tre categorie.

La prima, quella che ospita il maggior numero di bambini, è costituita dagli Istituti a custodia attenuata per madri (ICAM), pensati per ospitare donne incinte o con prole sotto i sei anni qualora il giudice ritenga che le esigenze cautelari lo consentano. Introdotti nel 2011, gli ICAM sono strutture più simili a case famiglia che a carceri vere e proprie. Non esistono sbarre, gli ambienti sono ampi e curati, sono generalmente garantite attività all’esterno per i bambini e vi è grande attenzione da parte degli operatori al supporto delle relazioni madre-figlio. Sul territorio nazionale, risultano in totale 60 posti disponibili all’interno degli ICAM. Sulla carta, le strutture presenti sono 5: Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Lauro (Av), Torino e Cagliari Uta. Quest’ultimo non risulta però mai entrato in funzione, principalmente a causa del calo nel territorio sardo di madri detenute con bambini a seguito. Secondo la Relazione sull’amministrazione della Giustizia nel 2022, nell’ultimo biennio la contrazione progressiva della presenza di madri detenute con bambini sull’intero territorio nazionale ha comportato una fortissima riduzione del numero degli ospiti degli ICAM e una rivisitazione della programmazione del DAP. Un esempio è il caso di Milano, dove a inizio 2021 l’Istituto è stato chiuso per diversi mesi, non avendo nessuna ospite al suo interno. Visti i bassi numeri, pare siano stati interrotti i progetti per la costruzione di altri due ICAM, uno a Roma, all’interno del complesso penitenziario di Rebibbia, e uno a Firenze, con sede presso un immobile concesso in comodato d’uso dall’opera Pia Madonnina del Grappa. Ad oggi, sono dunque quattro gli ICAM in funzione, caratterizzati ognuno da una diversa strutturazione. L’ICAM di Lauro (Av), il più grande per capienza, è un istituto a sé, ma formalmente gestito come sezione distaccata della Casa Circondariale di Avellino, con cui condivide la direzione. Simile è la situazione dell’ICAM di Milano, anch’esso edificio separato, collocato in un’area distante della città, ma sempre sotto l’amministrazione della Casa Circondariale di San Vittore. Quello di Torino è invece collocato all’interno del complesso penitenziario de Le Vallette ma in una palazzina a sé stante. Infine, l’ICAM di Venezia è ospitato all’interno del medesimo edificio del carcere femminile, in una parte separata dalle sezioni ordinarie.

Alcuni nidi sono più attrezzate di altri, con spazi interni ed esterni per il gioco, biblioteche con libri per bambini e piccoli ambulatori. Un esempio di sezione nido è quella all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia Femminile

La seconda categoria di luoghi che ospitano donne detenute con figli a seguito non sono istituti appositi, ma aree apposite interne ad istituti penitenziari ordinari. L’ordinamento prevede infatti che una madre detenuta possa decidere di tenere con sé il proprio bambino in carcere fino al compimento del terzo anno di età. I luoghi adibiti a tale scopo sono in primis le cosiddette sezioni nido, piccole aree detentive collocate all’interno dell’istituto. Si tratta solitamente di ambienti separati dal resto della sezione, con stanze più ampie e curate, con mura colorate e attrezzatura per la cura dei bambini (culla, fasciatoio etc). Alcuni nidi sono più attrezzate di altri, con spazi interni ed esterni per il gioco, biblioteche con libri per bambini e piccoli ambulatori. Un esempio di sezione nido è quella all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia Femminile, che attualmente ospita solo un nucleo madre-figlio. Il nido di Rebibbia Femminile ha al suo interno quattro camere di pernottamento, ampie e dotate di cancello in vetrocemento, meno oppressivo di una porta blindata. Sono poi presenti ambienti quali una sala comune per i pasti e i giochi dei bambini, un’area verde attrezzata e una cucina con uno spazio per consumare i pasti insieme. Oltre agli spazi appositi, il nido ha anche servizi pensati per i minori come un pediatra chiamato all’occorrenza e dei volontari che ogni sabato portano i bambini all’esterno e organizzano eventi all’interno della sezione.

La terza e ultima categoria è costituita da luoghi interni al carcere non pensati per bambini, ma attrezzati alla bene e meglio per accoglierli. Si tratta di reparti femminili che non hanno al loro interno vere e proprie sezioni nido, ma solo alcuni ambienti (spesso solo una stanza) dove vengono eventualmente collocate le donne con figlio a seguito. Non sono quindi previsti servizi appositi, che vengono attivati, se si riesce, in caso di necessità. La permanenza in tali ambienti si presume sia di brevissima durata, in attesa di trasferimento in altra struttura o di differimento della pena. A volte si verificano, però, situazioni in cui la permanenza non è così breve, anzi. E’ questo ad esempio il caso della donna che oggi risulta detenuta insieme alla figlia di due anni nel carcere di Lecce. Entrambe sono ospitate da diversi mesi in una zona dell’istituto separata dal resto della sezione femminile e allestita con una culla, un fasciatoio e dei giochi per bambini. Non sono presenti altri spazi, né attività per madri con figli, dal momento che si tratta di un luogo pensato solo per il transito temporaneo. Grazie al supporto di alcune volontarie la bambina viene comunque accompagnata tutti i giorni in un asilo esterno e, all’occorrenza, un pediatra si reca presso l’istituto.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Consiglio d’Europa, l’Italia si collocava al secondo posto per numero di bambini in carcere dopo la Polonia

Vi sono poi le case famiglia protette, previste dalla legge n. 62 del 2011 per andare incontro alle difficoltà incontrate nell’accedere ad alternative al carcere da detenute madri prive di un domicilio ritenuto adeguato dalla magistratura. Ma a oggi in Italia sono solo due. A Milano accoglie questo tipo di utenza (dal 2010, ancora prima dell’entrata in vigore della legge) la casa famiglia protetta dell’associazione “Ciao ….un ponte tra carcere, famiglia e territorio”. A Febbraio 2023 la struttura ospitava 4 mamme e 5 bambini (di cui 2 mamme in detenzione domiciliare speciale con le rispettive figlie e 2 mamme che hanno finito di scontare la pena insieme ai rispettivi figli; nel complesso 3 sono i minori). L’associazione ha avviato l’accoglienza di madri detenute con bambini dal 2010 e nel 2016 è stata firmata la prima convenzione che riconosce la struttura come casa famiglia protetta. I nuclei finora accolti sono i seguenti: 24 mamme e 25 bambini/e provenienti dal carcere, 2 mamme già in misura alternativa al carcere presso altra struttura con 4 bambini e 4 mamme che, grazie alla disponibilità di accoglienza dell’associazione, hanno ottenuto la misura alternativa e si sono ricongiunte con i loro 5 figli.

Alcuni anni dopo, nel 2017, è nata a Roma la “Casa di Leda”, che può ospitare sei donne con otto bambini fino ai dieci anni di età.

Così come in Italia, anche nella maggior parte dei paesi Europei i bambini possono rimanere in carcere con le loro madri fino al compimento dei 3 anni. In alcuni paesi, come in Ungheria e in Bulgaria, la permanenza è consentita invece solo per il primo anno di vita. Vi è poi un limite superiore nei Paesi Bassi (4 anni), in Portogallo (5 anni) e in alcuni Stati Federati Tedeschi (6 anni). In Francia diversamente non è presente un limite massimo di età.
Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Consiglio d’Europa, l’Italia si collocava al secondo posto per numero di bambini in carcere dopo la Polonia (ovviamente bisogna tenere presente le diverse situazioni che i paesi presentano quanto al tema dell’istituzionalizzazione dei bambini). I numeri sono però relativi a gennaio 2021, quando i bambini nelle carceri italiane erano 29, molti di più rispetto alle presenze dell’ultimo biennio.