Primo rapporto sulle donne detenute in Italia

La detenzione femminile nel mondo

La detenzione femminile nel mondo

La detenzione femminile nel mondo

1024 576 Primo rapporto sulle donne detenute in Italia

Patrizio Gonnella

La detenzione femminile nel mondo: le donne sono poche ovunque

Nel 2000 le donne erano pari al 4,2% della popolazione detenuta italiana. Sono trascorsi 22 anni e la percentuale è rimasta perfettamente identica: essa è ancora il 4,2%. Anche i numeri assoluti sono più o meno sempre gli stessi: meno di 2.500 donne recluse in tutta Italia. Il tasso di detenzione femminile è pari a 8.2, ossia sono incarcerate poco più di 8 donne ogni 100.000 donne libere. Ben più elevato è il tasso di detenzione maschile, che è infatti circa 25 volte superiore.

Sebbene la percentuale sia in crescita,  le donne rappresentano il 6,9% della popolazione detenuta di tutto il mondo

Secondo la nuova edizione del World Female Imprisonment List 1) pubblicata nell’ottobre 2022 dall’Institute for Crime and Justice Policy Researc (ICPR), sebbene la percentuale sia in crescita a livello mondiale le donne rappresentano il 6,9% della popolazione detenuta di tutto il mondo. Non è facile dare una spiegazione a una percentuale così bassa di donne in carcere. I dati statistici, nel tempo e nello spazio, suggeriscono interpretazioni non troppo differenziate a seconda del contesto geografico. Ognuna delle spiegazioni che le discipline sociologiche, criminologiche, psicologiche, psicoanalitiche, giuridiche hanno proposto intorno ai bassi tassi di detenzione femminile non è da sola sufficiente a spiegare come mai su scala universale le donne sono in carcere in quota non corrispondente al loro numero nella società libera. Nei paesi ad alto tasso di emancipazione sociale così come in quelli ad alto tasso di discriminazione, nei paesi cattolici, islamici o protestanti, all’est come all’ovest i dati non sono significativamente diversi. Gli scostamenti non sono tali da giustificare spiegazioni differenziate a seconda del contesto geografico, religioso, sociale o culturale.

In Europa, l’Albania è il paese con la percentuale più bassa (1,3%) e la Repubblica Ceca con la più alta (8,5%)

Ogni tentativo, che deve essere complesso e non monistico, di giustificazione razionale dei tassi di incarcerazione divisi per genere deve necessariamente partire da un’analisi attenta dei numeri. In questo ci aiutano le rilevazioni su scala globale di Word Prison Brief2)dell’ICPR. Ad esempio in Europa non si intravedono troppe differenze da Stato a Stato, dalla A dell’Albania dove le donne costituiscono solo l’1,3% della popolazione reclusa alla U dell’Ucraina dove la percentuale sale al 3,9%. In Austria le donne sono il 6,9% e scendono di poco, al 5,6%, nella vicina Germania. Nelle limitrofe Belgio e Olanda le donne sono rispettivamente il 4,9% e il 4,6% della popolazione detenuta. Salendo verso la Scandinavia non sale il tasso di carcerazione delle donne detenute. Eppure è proprio la Scandinavia, secondo le rilevazioni dei più autorevoli organismi internazionali di monitoraggio delle politiche di genere, il luogo dove il welfare è più pensato a misura femminile e dove più basse sono le disuguaglianze nei campi del lavoro, della società e della famiglia. In Danimarca le donne sono il 4,8% del totale dei ristretti nelle carceri e il tasso di detenzione femminile è pari a 3.5 (inferiore a quello italiano). In Finlandia le donne raggiungono la quota del 7,1% (più alta rispetto a quella danese) ma il tasso di detenzione è più o meno identico (3.6). In Svezia le donne sono il 5,8% della popolazione reclusa e il tasso di detenzione femminile è del 4.3. In Norvegia ed Islanda i numeri sono più o meno gli stessi: 6,1% e 6% le donne detenute, 3.4 e 2.4 il tasso di detenzione. Dunque i numeri provenienti dal nord d’Europa non spingono verso interpretazioni scontate intorno alla devianza che seguirebbe le stesse dinamiche delle politiche di emancipazione. Al crescere nel tempo del ruolo sociale delle donne non sono saliti i tassi di internamento delle stesse.

Volgendo lo sguardo ad oriente, in Polonia troviamo una delle percentuali più alte a livello globale di donne detenute rispetto al numero di donne libere: il tasso di detenzione è pari al 9.3 a cui corrisponde una percentuale di donne in carcere pari al 4,9% del totale della popolazione detenuta. Sorprende come i dati siano raddoppiati negli ultimi vent’anni. La Polonia è un Paese cattolico, conservatore, dove l’aborto non è legalizzato. In Polonia l’aborto è legale solo in caso di stupro, incesto o se la gravidanza costituisce una minaccia alla vita e alla salute mentale della donna. Nell’Ungheria reazionaria di Orban le donne sono il 7,5% del totale delle persone detenute e il tasso di detenzione sale a 14.7. In Romania, dove alta è invece la presenza di donne rom e altrettanto alte sono le forme di discriminazione nei confronti delle stesse, le donne sono il 4,4% della popolazione reclusa e il tasso di detenzione è pari a 5.3. In Serbia le donne sono rispettivamente il 4,3% dei reclusi e il tasso di detenzione è di 6.6; in Slovenia il 4,9% e 2.7; in Lituania il 4,2% e 7.7; in Estonia il 5% e 7.7; in Montenegro il 3,2% e 4.4; nella repubblica di Moldova 5,6% e 10.2; in Kosovo 2,7% e 2.4. In Repubblica Ceca le donne sono l’8,5% dei detenuti e il tasso di detenzione femminile raggiunge 15.3. Poco più giù la Slovacchia dove le donne sono il 7,3% dei detenuti e il tasso di detenzione è pari a 13.3. In Russia riscontriamo l’8,9% di donne rispetto al totale dei reclusi e un tasso di detenzione di 27.1. Come spiegare, dunque, un’Europa dell’est, a basso indice democratico, che incarcera le donne molto di più che l’ovest liberale? Forse pesa il trattamento dei figli piccoli delle donne recluse. In buona parte dei paesi dell’ex blocco sovietico permangono processi di istituzionalizzazione dei minori. Di riflesso ciò comporta la permanenza in prigione della mamma separata dai suoi figli. In molti paesi dell’ovest europeo – a partire dall’Italia – invece le mamme detenute o in stato di gravidanza usufruiscono di misure alternative al carcere.

Negli Stati Uniti le donne sono il 10,2% del totale dei detenuti ma il tasso di detenzione femminile è circa quindici volte superiore a quello italiano, ossia è pari a 64.2 detenute ogni 100.000 donne libere

È importante dirigere lo sguardo verso gli Stati Uniti d’America, paese che ha tra i più alti tassi di detenzione a livello planetario. Qua le donne sono il 10,2% del totale dei detenuti ma il tasso di detenzione femminile è circa quindici volte superiore a quello italiano, ossia è pari a 64.2 detenute ogni 100.000 donne libere. Va detto che è un tasso comunque dieci volte inferiore a quello maschile, che sfiora i 700 detenuti per 100.000 persone. È sufficiente spostarsi nel vicino Canada e vediamo come la percentuale di donne detenute torna al 7% e il tasso di detenzione scende a 6. Nei paesi del Centro e Sud America si viaggia sempre entro i confini già visti: nel grande Messico le donne in carcere sono il 5,6% del totale della popolazione reclusa e il tasso di detenzione è pari a 9.8; nel piccolo El Salvador i numeri crescono sino al 7,4% e a 41.7 mentre in tutti gli altri Paesi (compresi i grandi Brasile e Argentina) in nessun caso le donne superano il 10% del totale delle persone ristrette o un tasso pari a 20.

Cambiando di continente, di cultura punitiva, tradizioni e religione, in Giappone le donne sono l’8.6% della popolazione reclusa e il tasso di detenzione femminile è bassissimo, ossia pari a 3.2. Ovviamente in continenti come l’Asia non sempre vi è trasparenza nella raccolta e pubblicazione delle rilevazioni statistiche e non sempre addirittura queste vengono effettuate soprattutto laddove imperano regimi autoritari. Dunque i dati iraniani, che paiono nella media mondiale, sono ben poco attendibili e non si sa se abbiano subito un’impennata di genere dopo le rivolte iniziate nell’autunno 2022. Così come le 145.000 donne cinesi detenute, pari all’8,6% del totale dei detenuti (tasso di detenzione pari a 10.2), non sappiamo se sono reali o sottostimate.

In una sorta di classifica relativa alla percentuale di donne detenute nel mondo intero spiccano al vertice tre paesi asiatici: Hong Kong (19,7%), Macau (14,8%), Qatar (14,7%)

In una sorta di classifica relativa alla percentuale di donne detenute nel mondo intero spiccano al vertice tre paesi asiatici: Hong Kong (19,7%), Macau (14,8%), Qatar (14,7%). Ma è in Asia anche Israele, dove le donne solo l’1% della popolazione ristretta in carcere. Possiamo trarre conclusioni utili a livello regionale? No, visto che lo Yemen (all’opposto religioso di Israele) ha una percentuale simile, ossia dell’1,3%.

Ugualmente in Africa i tassi di detenzione sono bassissimi, inferiori a quelli europei: 1% in Mauritania, 1,5% in Algeria, 2,3% in Marocco, 2,6% in Senegal, 2,8% in Mali, 3,3% in Tunisia, 3,7% in Egitto, 5,1% in Kenya sino al 10,9% del Sud del Sudan.

TABELLA 1 – LISTA DEI PRIMI DIECI PAESI AL MONDO PER PERCENTUALE DI DONNE DETENUTE RISPETTO AL TOTALE DELLA POPOLAZIONE RISTRETTA

HONG KONG19,7%
MACAU14,8%
QUATAR14,7%
GROENLANDIA13,8%
LAOS13,7%
ANDORRA13,1%
MYANMAR12,3%
VIETNAM12,1%
BRUNEI11,9%
GUATEMALA11,7%

Fonte: nostra elaborazione su dati World Prison Brief

TABELLA 2 – LISTA DEI PRIMI CINQUE PAESI IN EUROPA PER PERCENTUALE DI DONNE DETENUTE RISPETTO AL TOTALE DELLA POPOLAZIONE RISTRETTA

ANDORRA13,1%
SAN MARINO11,1%
BIELORUSSIA10,8%
RUSSIA8,9%
REPUBBLICA CECA8,5%

Fonte: nostra elaborazione su dati World Prison Brief

TABELLA 3 – LISTA DEGLI ULTIMI CINQUE PAESI IN EUROPA PER PERCENTUALE DI DONNE DETENUTE RISPETTO AL TOTALE DELLA POPOLAZIONE RISTRETTA

LIECHTENSTEIN0%
ISOLE FAROE0%
ALBANIA1,3%
BOSNIA1,6%
ARMENIA2.3%

Fonte: nostra elaborazione su dati World Prison Brief

Dunque, le statistiche a livello globale non favoriscono risposte differenziate a seconda del contesto sociale, religioso, economico. Se si pensa che la Norvegia, al vertice dei paesi ritenuti più attenti al benessere sociale ed economico delle donne in base al Women, Peace and Security Index 2021-2022 del Georgetown Institute (Università di Washington), ha un tasso di detenzione simile a paesi dove i diritti delle donne sono calpestati, è chiaro che non è facile trarre conseguenze dai numeri finora elencati.

I numeri sembrano viceversa suggerire risposte articolate, non monistiche. Il difetto di alcuni approcci esplicativi della devianza femminile sta nel voler dare risposte unidimensionali.