I numeri della detenzione

I numeri della detenzione

1024 538 Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione

I numeri della detenzione

Al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Le donne erano 2.619, il 4,3% dei presenti, e gli stranieri 19.108, il 31,3%.

Presenze e affollamento

Continua dunque la crescita delle presenze, e nell’ultimo anno in maniera ancora più decisa.

Nell’ultimo anno dunque la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese, un tasso di crescita allarmante, che se dovesse venire confermato anche nel 2024 ci porterebbe oltre le 65.000 presenze entro la fine dell’anno.

Dalla fine del 2019 alla fine del 2020, a causa delle misure deflattive adottate durante la pandemia, le presenze in carcere erano calate di 7.405 unità. Ma sono subito tornate a crescere. Prima lentamente, con un aumento delle presenze di 770 unità nel 2021, a cui però è poi seguita una crescita di 2.062 nel 2022 e addirittura di 3.970 nel 2023. Nell’ultimo anno dunque la crescita delle presenze è stata in media di 331 unità al mese, un tasso di crescita allarmante, che se dovesse venire confermato anche nel 2024 ci porterebbe oltre le 65.000 presenze entro la fine dell’anno.

Tanto per fare un confronto, si tenga presente che il Consiglio d’Europa ha chiuso la procedura di esecuzione della sentenza Torreggiani contro l’Italia, accogliendo con favore gli interventi realizzati dalle autorità italiane, il 9 marzo 2016. A fine febbraio 2016 erano presenti nelle carceri italiane 49.504 detenuti in 52.846 posti. Come detto sopra, a fine marzo 2024 i detenuti erano 61.049 in 51.178 posti.

Cresce dunque le presenze e quindi cresce anche il tasso di affollamento ufficiale, che raggiunge a livello nazionale il 119,3%.

I tassi di affollamento più alti a livello regionale si continuano a registrare in Puglia (152,1%), in Lombardia (143,9%) e in Veneto (134,4%). Me si si guarda alle altre regioni preoccupa molto la crescita delle presenze ad esempio in Friuli-Venezia Giulia, crescita che è stata del +14,9% nell’ultimo anno, o in Basilicata (+16,4%) a fronte di una crescita media nazionale del +7,7%. Insomma, il sovraffollamento, che come sempre si presenta prima nelle maggiori aree metropolitane del paese, si sta ormai diffondendo quasi ovunque.

A fine marzo i singoli istituti più affollati erano Brescia Canton Monbello (209,3%), Lodi (200%), Foggia (195,6%), Taranto (184,8%), Roma Regina Coeli (181,8%), Varese (179,2%), Udine (179%), mentre complessivamente gli istituti che avevano un tasso di affollamento superiore al 150% erano ormai 39, sparsi in tutta Italia, ed insieme ospitavano 14.313 persone.

Il dato disponibile più recente, ricavato dalle schede trasparenza del Ministero della giustizia, ed aggiornato al 6 giugno 2023, parla di 3.640 posti non disponibili.

Infine, è sempre utile ribardirlo, questi calcoli sul tasso di affollamento sono fatti utilizzando la capienza ufficiale del nostro sistema penitenziario, ma sappiamo bene che in ogni momento diverse migliaia di posti non sono disponibili a causa di manutenzioni o ristrutturazioni. Il dato disponibile più recente, ricavato dalle schede trasparenza del Ministero della giustizia, ed aggiornato al 6 giugno 2023, parla di 3.640 posti non disponibili. Misurare il tasso di affollamento di oggi sottraendo i posti non disponibili allora sarebbe metodologicamente sbagliato, questi sono numeri che oscillano nel tempo. A leggere però la Relazione del Ministero sull’amministrazione della giustizia relativa all’anno 2023, si scopre che il numero di posti non disponibili dovrebbe tendere nella migliore delle ipotesi verso una “soglia fisiologica del 5% di posti indisponibili, quota percentuale legata all’espletamento dei normali cicli di manutenzione ordinaria dei fabbricati (cadenza ventennale)”. Almeno 2.500 posti detentivi in meno in ciascun momento sono dunque inevitabili. E se questa fosse la situazione attuale, e si tratta di una stima al ribasso, significa allora che abbiamo un tasso di affollamento medio nazionale del 125,6%, mentre in Puglia siamo in effetti al 160,1%, in Lombardia al 151,4% e in Veneto al 141,5%. Numeri che dovrebbero imporre misure straordinarie immediate che al momento non si vedono.

La fascia di età che in questi anni è cresciuta maggiormente è quella che va dai 45 ai 59 anni e oggi, con il 32,2% dei presenti, è decisamente la fascia più rappresentativa della popolazione detenuta.

Come si vede sopra la fascia di età che in questi anni è cresciuta maggiormente è quella che va dai 45 ai 59 anni e oggi, con il 32,2% dei presenti, è decisamente la fascia più rappresentativa della popolazione detenuta. Solo 10 anni fa questo gruppo costituiva il 25,3% dei presenti. Nel frattempo è aumentato anche il numero delle persone detenute con più di 60 anni, che rappresentano oggi il 10%. La percentuale di detenuti di età compresa tra i 35 ed i 45 anni è invece rimasta quasi stabile, e sono calati notevolmente i presenti con meno di 35 anni.

Questo ci dice una cosa assai preoccupante. Guardando al primo grafico di questa pagina si sarebbe detto che l’aumento delle presenze in carcere più volte denunciato, e sempre più allarmante, si dovesse spiegare con l’aumento degli ingressi, cresciuti notevolmente negli ultimi. Ma se si guarda con attenzione a quei numeri ci si rende conto che gli ingressi sono ancora relativamente contenuti, se confrontati con quelli di 10 o 15 anni fa. Inoltre una crescita delle presenze dovuta solo alla crescita dei nuovi ingressi avrebbe dovuto realisticamente comportare un abbassamento dell’età media, una crescita delle persone in custodia cautelare e una maggiore incidenza delle pene brevi, dato che questo è il profilo prevalente che determina il turn over carcerario.

Come abbiamo visto sopra però l’età media si è alzata mentre, come di vede sotto, la percentuale di persone in carcere in custodia cautelare continua a calare.

La percentuale delle persone detenute con una condanna definitiva è cresciuta costantemente, anche in questi ultimi anni, indice del fatto che i nuovi ingressi, che sono in prevalenza di persone con una misura cautelare, per quanto cresciuti non hanno ancora determinato una inversione di tendenza.

Uno sguardo infine all’andamento delle presenze in carcere per entità della pena.

Come si vede, nonostante la crescita degli ingressi di fatto le persone in carcere con un lungo residuo di pena da scontare stanno aumentando, tanto nei numeri assoluti quanto in percentuale sul totale. Le persone con un residuo pena superiore ai tre anni, ergastolani inclusi, sono passati dal 36,2% dei presenti del 2010 al 43,8% del 2015 al 48,7% del 2023.

La causa di tutto questo non è certo un aumento della criminalità per i fatti più gravi, che come abbiamo visto altrove è anzi in calo. Il fenomeno dipende invece dall’innalzamento delle pene, una tendenza che si registra da anni, e che comporta, oltre all’invecchiamento della popolazione detenuta, anche una crescita delle presenze in carcere che prescinde dall’aumento degli ingressi. Se non fosse che gli ingressi sono invece anche loro in aumento. Ed è la combinazione di questi due fenomeni che sta facendo salire così rapidamente i numeri della detenzione nel nostro paese.

A seguire infine un grafico che rappresenta le categorie numericamente più significative di reati imputati alle persone detenute. Come sempre i numeri più significativi sono quelli dei reati contro il patrimonio, seguiti dai reati contro la persona e da quelli per violazione della legge sulle droghe.

Trattamenti inumani e degradanti

Il quadro tracciato fino a qui è chiaramente allarmante, e non può essere privo di conseguenze. Come è noto stanno crescendo i suicidi, che erano già 30 al 15 aprile 2024, dall’inizio dell’anno uno ogni 3,5 giorni. Del tema si parla più diffusamente altrove in questo rapporto, ma è chiaro che un peggioramento delle condizioni di detenzione, legato anche al sovraffollamento, non può che avere un ruolo determinante in questa tragedia.

E aumenta anche il numero di morti in carcere per cause diverse dal suicidio. Sono 42 alla stessa data, quando erano stati 88 in tutto il 2023. Anche qui siamo davanti ad un numero altissimo, senza precedenti.

Nel frattempo, guardando ai dati raccolti durante le 99 visite fatte dall’Osservatorio di Antigone nel corso del 2023, si vede come resti allarmante il numero degli eventi critici registrati. Gli atti di autolesionismo sono 18,1 ogni 100 detenuti, i tentati suicidi 2,4, le aggressioni al personale 3,5 e le aggressioni verso altri detenuti 5,5, il tutto sempre ogni 100 detenuti. Un bollettino di guerra.

Insomma, com’è intuitivo la crescita del sovraffollamento comporta condizioni di detenzione sempre più disumane. Come appurato dagli stessi magistrati di sorveglianza italiani.

Come è noto nel 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo – con la sentenza “Torreggiani” – ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU), giudicando che le condizioni di vita dei detenuti integravano i requisiti necessari per la sottoposizione degli stessi a trattamenti inumani e degradanti. Da allora l’Italia ha adottato numerose riforme, e ha tra l’altro introdotto nel 2014 un rimedio risarcitorio in favore delle persone detenute che hanno subito un trattamento in violazione dell’art. 3 della Convenzione europea.

Le persone detenute per almeno quindici giorni in condizioni che violano l’art. 3 hanno adesso il diritto di ottenere una riduzione della pena detentiva ancora da scontare, pari a un giorno per ogni dieci giorni di violazione. Coloro che hanno scontato una pena inferiore a quindici giorni o non si trovano più in stato di detenzione hanno invece il diritto di ottenere un risarcimento di 8,00 euro per ogni giorno trascorso in detenzione nelle suddette condizioni. È possibile presentare un reclamo entro sei mesi dalla fine della detenzione o della custodia cautelare in carcere.

Nel 2022, ultimo anno per il quale il dato è disponibile, sono arrivate agli uffici di sorveglianza italiani 7.643 istanze. Ne sono state decise 7.859 e di queste 4.514, il 57,4%, sono state accolte. Gli accoglimenti erano stati 3.115 nel 2018, 4.347 nel 2019, 3.382 nel 2020 e 4.212 nel 2021.

Come si vede, l’Italia viene sistematicamente condannata, dai suoi stessi tribunali, per violazione dell’art. 3 della CEDU, più che ai tempi della sentenza Torreggiani. In quel caso si parlava in totale di circa 4.000 ricorsi pendenti, con potenziale esito positivo, oggi siamo ad oltre 4.000 condanne l’anno. E c’è da aspettarsi che i numeri per il 2023 saranno ancora più alti.