Primo rapporto sulle donne detenute in Italia

Infrazioni disciplinari e punizioni

Infrazioni disciplinari e punizioni

Infrazioni disciplinari e punizioni

1024 576 Primo rapporto sulle donne detenute in Italia

Alicia Alonso Merino

Infrazioni disciplinari e punizioni

Nel corso dell’anno 2021, ultimo dato disponibile al proposito, sono state individuate 40.043 infrazioni disciplinari compiute nelle carceri, 37.932 delle quali hanno riguardato detenuti uomini e 2.111 detenute donne

Il sistema disciplinare nelle carceri italiane è configurato da una serie di atti che costituiscono infrazioni disciplinari ai quali è attribuito un elenco di possibili sanzioni. Tali atti sono elencati nell’articolo 77 del Regolamento sull’ordinamento penitenziario. L’ampio elenco fa riferimento a: 1) negligenza nella pulizia e nell’ordine della persona o della camera; 2) abbandono ingiustificato del posto assegnato; 3) volontario inadempimento di obblighi lavorativi; 4) atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunità; 5) giochi o altre attività non consentite dal regolamento interno; 6) simulazione di malattia; 7) traffico di beni di cui è consentito il possesso; 8) possesso o traffico di oggetti non consentiti o di denaro; 9) comunicazioni fraudolente con l’esterno o all’interno, nei casi indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma dell’articolo 33 della legge; 10) atti osceni o contrari alla pubblica decenza; 11) intimidazione di compagni o sopraffazioni nei confronti dei medesimi; 12) falsificazione di documenti provenienti dall’amministrazione affidati alla custodia del detenuto o dell’internato; 13) appropriazione o danneggiamento di beni dell’amministrazione; 14) possesso o traffico di strumenti atti ad offendere; 15) atteggiamento offensivo nei confronti degli operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell’istituto per ragioni del loro ufficio o per visita; 16) inosservanza di ordini o prescrizioni o ingiustificato ritardo nell’esecuzione di essi; 17) ritardi ingiustificati nel rientro previsti dagli articoli 30, 30-ter, 51, 52 e 53 della legge; 18) partecipazione a disordini o a sommosse; 19) promozione di disordini o di sommosse; 20) evasione; 21) fatti previsti dalla legge come reato, commessi a danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori.

A loro volta, le sanzioni stabilite per tali infrazioni sono determinate dall’articolo 39 dell’Ordinamento penitenziario, essendo queste: 1) richiamo del direttore; 2) ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti al personale e di un gruppo di detenuti o internati; 3) esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci giorni; 4) isolamento durante la permanenza all’aria aperta per non più di dieci giorni; 5) esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni.

Nel corso dell’anno 2021, ultimo dato disponibile al proposito, sono state individuate 40.043 infrazioni disciplinari compiute nelle carceri, 37.932 delle quali hanno riguardato detenuti uomini e 2.111 detenute donne.

Il che significa che gli uomini hanno accumulato il 94,7% delle infrazioni totali mentre le donne il 5,3%. Se si tiene conto che le donne rappresentano circa il 4,2% del totale della popolazione carceraria, i dati indicano che vi sarebbe una lieve sovra-rappresentazione delle infrazioni disciplinari compiute da donne (ma non, come vedremo sotto, delle sanzioni disciplinari a loro destinate). Questi dati possono dare l’idea che il grado di conflittualità tra le donne sia più alto di quello degli uomini, il che contrasta con il loro profilo criminale. La maggior parte delle donne sono infatti detenute per reati non violenti e di minore pericolosità.

Se ci addentriamo adesso nelle varie tipologie di infrazioni disciplinari, possiamo vedere (Tabella 1) che in generale quelle maggiormente rappresentate sono: l’inosservanza degli ordini (30,3% del totale delle infrazioni rilevate), gli atteggiamenti offensivi (23,4%), e l’intimidazione o sopraffazione dei compagni (14,4%). Da sole costituiscono il 68,1% delle infrazioni disciplinari contestate nell’anno di riferimento. In tutte e tre le categorie vi è una sovra-rappresentanza delle donne: lieve nel caso dell’inosservanza degli ordini (4,3%), meno lieve nel caso degli atteggiamenti offensivi (6,1%) e dell’intimidazione o sopraffazione dei compagni (8,5%).

TIPOLOGIA DI INFRAZIONE – ANNO 2021 % SUL TOTALE DELLE INFRAZIONI % DI DONNE SUL TOTALE DELLA SINGOLA INFRAZIONE
Abbandono ingiustificato di posto 0,12 4,2
Appropriazione o danneggiamento dei beni dell’amministrazione 7,98 3,8
Atteggiamenti offensivi 23,4 6,1
Atteggiamento molesto verso i compagni 3,9 11,4
Atti osceni 0,1 7,1
Comunicazioni fraudolente con l’esterno 0,2 1,4
Evasione 0,0 0,0
Falsificazione di documenti 0,0 0,0
Giochi o attività non consentiti 0,7 5,0
Inosservanza degli ordini 30,3 4,3
Intimidazione o sopraffazione dei compagni 14,4 8,5
Negligenza nella pulizia ordinaria personale o camera 0,1 13,6
Partecipazione a disordini o sommosse 0,8 1,2
Possesso e traffico di strumenti atti a offendere 0,9 3,9
Promozione di disordini o sommosse 1,1 0,2
Ritardo nel rientro 0,1 2,7
Simulazione di malattia 0,1 8,8
Traffico di beni consentiti 0,7 5,4
Traffico o possesso di beni non consentiti 4,9 1,4
Volontario inadempimento obblighi lavorativi 0,5 10,5
Altri reati 9,5 3,0

Fonte: nostra elaborazione su dati DAP

Osserviamo, invece, che vi sono alcuni tipi di infrazioni che coinvolgono le detenute proporzionalmente meno degli uomini, come la partecipazione a disordini o sommosse (1,2% del totale di quel tipo di infrazione), la promozione di disordini o sommosse (0,2%), il traffico o possesso di beni non consentiti (1,4%), il ritardo nel rientro (2,7%), le comunicazioni fraudolente con l’esterno (1,4%). Altri tipi di infrazioni, invece, coinvolgono le donne proporzionalmente di più, come la negligenza nella pulizia ordinaria personale o camera (13,6%), l’atteggiamento molesto verso i compagni (11,4%), volontario inadempimento obblighi lavorativi (10,5%), simulazione di malattia (8,8%) e, come già si è visto, l’intimidazione o sopraffazione dei compagni (8,5%).

Una prima lettura dei dati porta a pensare che dalle detenute siano attesi comportamenti ‘tipici delle donne’ e quindi siano loro richiesti standard di pulizia e decoro più elevati rispetto agli uomini. Le detenute donne sono infatti proporzionalmente molto più penalizzate per infrazioni dovute a negligenza nella pulizia.

Vi è poi uno stereotipo secondo il quale le detenute sarebbero maggiormente conflittuali. Come è stato notato, “il conflitto femminile è spesso rappresentato nella veste di ‘litigio’ (per motivi banali), in opposizione alla serietà/gravità/pericolosità dei conflitti maschili”1). Questi contenziosi sono visti come un problema nella gestione penitenziaria, motivo per cui c’è intolleranza nei loro confronti e spiega la sproporzione nelle infrazioni relative ad atteggiamenti molesti verso le compagne e intimidazione o sopraffazione delle compagne. Quando in realtà “sono gli uomini ad utilizzare alcune forme, appunto, più conflittuali, più visibili, più rumorose e più violente (rivolte, fughe, scontri tra detenuti) per rivelarsi contro l’autorità”2), questione confermata dal fatto che i detenuti accumulano quasi tutte le infrazioni (98,6%) legate alla promozione e partecipazione a disordini o sommosse.

Le detenute sono punite più come forma di controllo sociale, mentre per i detenuti, anche quando compiono atti punibili, questi non vengono formalizzati se non sono davvero seri

Questi risultati coincidono con le ricerche al riguardo e indicano che ciò può essere dovuto al fatto che le detenute sono punite più come forma di controllo sociale, mentre per i detenuti, anche quando compiono atti punibili, questi non vengono formalizzati se non sono davvero seri3). Poiché il carcere è un sistema di reclusione androcentrico, pensato da e per gli uomini, l’amministrazione penitenziaria non è preparata ad affrontare le forme di resistenza delle detenute, che sono diverse e meno violente, ma molto meno tollerate.

Per quanto riguarda invece le sanzioni inflitte, si può notare (Tabella 2) come il 12,8% delle 40.043 infrazioni identificate nel corso dell’anno, pari a 5.146 infrazioni, rimanga senza punizione. All’interno di questa percentuale, le donne sono nettamente sovra-rappresentate (8,7%, pari a 448 in numero assoluto) rispetto alla loro presenza in carcere. Ciò riequilibra la percentuale delle sanzioni disciplinari inflitte alle donne, che si attesta attorno al 4,1% (contro, come si è visto sopra, il 5,3% delle infrazioni identificate che riguarda detenute donne). Si può vedere anche come le donne siano tendenzialmente destinatarie di sanzioni disciplinari più leggere rispetto ai detenuti uomini, essendo sovra-rappresentate per quanto riguarda il richiamo e l’ammonizione del direttore ed essendo invece sotto-rappresentate per quanto riguarda l’esclusione dalle attività in comune, detto anche isolamento disciplinare.

SANZIONE INFLITTA - ANNO 2021% SUL TOTALE DELLE SANZIONI INFLITTE% DONNE SUL TOTALE DELLA SINGOLA SANZIONE INFLITTA
Ammonizione del direttore22,86,0
Esclusione da attività ricreative e sportive25,05,2
Esclusione dalle attività in comune27,62,3
Isolamento durante la permanenza all’aria aperta0,73,4
Richiamo del direttore9,08,1
Sospeso in attesa di definizione procedimento penale1,94,4
Non punito12,88,7

Fonte: nostra elaborazione su dati DAP

Per le donne private della libertà, l’isolamento è un’esperienza traumatica e ri-traumatizzante, poiché alimenta il ciclo di danni a cui molte di loro sono state sottoposte nel corso della vita

L’esclusione dalle attività in comune è la sanzione disciplinare più severa nel sistema penitenziario italiano e, sebbene sia applicata meno alle detenute che ai detenuti, è ancora ampiamente utilizzata. Per le donne private della libertà, l’isolamento è un’esperienza traumatica e ri-traumatizzante, poiché alimenta il ciclo di danni a cui molte di loro sono state sottoposte nel corso della vita4). È per loro particolarmente dannoso poiché ha conseguenze sul deterioramento della salute mentale, l’autolesionismo e il suicidio, a cui si aggiungono le conseguenze per i loro figli e figlie e le loro famiglie, a causa della riduzione dei contatti5).

Riconoscendo le gravi conseguenze dell’isolamento, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne ha specificato che la violenza psicologica che l’isolamento comporta nelle donne e nelle ragazze può essere un’altra forma di abuso, soprattutto quando viene applicata per un lungo periodo di tempo o come punizione nelle carceri6). Le Mandela Rules7) vietano espressamente l’applicazione della misura dell’isolamento alle donne private della libertà con i propri figli. Allo stesso modo, le Regole di Bangkok8) stabiliscono che le sanzioni dell’isolamento o della segregazione disciplinare non devono applicarsi alle donne incinte, né alle donne con figli o figlie o alle madri che allattano.

Il regime disciplinare gioca un ruolo fondamentale nell’obiettivo di mantenere l’ordine in carcere. Ciò si ottiene attraverso una varietà di strategie di controllo che combinano sanzioni disciplinari con un sistema di premi o privilegi (benefici carcerari)9). L’esame permanente della condotta e la sua considerazione nelle prognosi si basa sull’idea che, se il detenuto si attiene al regolamento interno del carcere, ciò si tradurrà in un analogo rispetto delle norme che regolano la vita all’esterno delle mura10). Ciò, è stato detto, presuppone che, per effetto del “rapporto conformista del detenuto con le regole interne del carcere, si presume che egli anticipi e prepari un rapporto conformista con le regole esterne della vita sociale, cioè il ‘non reato’”11). La questione è stata criticata dalla sociologia della pena, che ha sostenuto che l’unica cosa che così si ottiene è piuttosto una teatralizzazione o una ‘rappresentazione simulata’ dei comportamenti12), in cui sia i detenuti che il personale penitenziario si comportano come veri e propri ‘attori’, rappresentando ‘ruoli’ per realizzare le loro particolari aspirazioni.

Decisamente, il mantenimento dell’ordine nelle carceri potrebbe spesso essere ottenuto attraverso la sottile interazione dei rapporti tra agenti penitenziari e detenuti13), senza avere bisogno dell`uso di sanzioni. Pertanto, il regime disciplinare non deve essere considerato come l’unico meccanismo per raggiungere l’ordine o la convivenza ordinata. Problema riconosciuto anche dalle Regole Penitenziarie Europee, secondo le quali procedure disciplinari dovrebbero essere utilizzate solo in casi estremi, dovendo le autorità penitenziarie per quanto possibile ricorrere a dei meccanismi di riparazione e di mediazione14).

References

References
1 RONCONI Susanna, ZUFFA, Grazia. Recluse. Lo sguardo della differenza femminile sul carcere.  Ediese. Roma. 2014, pag. 184.
2 ALMEDA SAMARANCH, Elisabet. Corregir y castigar. El ayer y hoy de las cárceles de mujeres. Edicions Bellatera. Barcelona. 2002, pag. 57.
3 Ibídem, pag. 205.
4 SHALEV, Sharon. Solitary confinement is harder for women: should it stop? Association for the prevention of torture (APT), 2021. https://www.apt.ch/en/blog/solitary-confinement-harder-women-should-it-stop
5 Ídem.
6 Nazioni Unite, Rapporto del Relatore Speciale sulla violenza contro le donne. Cause, condizioni e conseguenze della detenzione per le donne. Washington. A/68/340, 21 agosto 2013, pag. 40.
7 The United Nations Standard Minimum Rules for the Treatment of Prisoners, Regola 45.
8 United Nations Rules for the Treatment of Women Prisoners and Non-custodial Measures for Women Offenders, Regola 22.
9 Strategie che sono parte integrante delle istituzioni totali, questione ampiamente criticata, per aver presupposto l’applicazione del modello comportamentale agli adulti. Vedi GOFFMAN, Erving. Internados. Ensayos sobre la situación social de los enfermos mentales. Amorrortu Editores, Buenos Aires, 2001. pag. 60. A pagina 13 Goffman definisce un’istituzione totale come: “un luogo di residenza e di lavoro, in cui un gran numero di individui nella stessa situazione, isolati dalla società per un periodo di tempo apprezzabile, condividono nella loro reclusione una routine quotidiana, formalmente amministrata”.
10 BESSONE, Nicolás M. ¿Corregir castigando?. Sanciones disciplinarias y gobierno de la prisión. Exploraciones en la Unidad Penal N° 15 de Batán, Provincia de Buenos Aires. Tesina correspondiente al “Master de Criminología y Sociología Jurídico Penal”, Universidad de Barcelona y Universidad Nacional del Mar del Plata. 2014, pag. 25.
11 SOZZO, Máximo. ¿Metamorfosis de la prisión? Proyecto normalizador, populismo punitivo y “prisión depósito” en Argentina.  URVIO Revista Latinoamericana de Seguridad Ciudadana N° 1 pág. 88-116. Flacso, Quito. 2007, pag. 91.
12 RIVERA BEIRAS, Iñaki. Recorridos y posibles formas de la penalidad. Ed. Siglo XXI. Barcelona. 2005, pag. 48.
13 ARANDA-HUGHES, Vivian; TURANOVIC, Jullian J.; MEARS, Daniel P.; PESTA George B. Women in solitary confinement: relationship, pseudofamilies, and the limits of control. Feminist Criminology. Vo. 15. Ottobre 1, 2020, pag. 210.
14 CONSIGLIO D`EUROPA. COMITATO DEI MINISTRI. Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee (aggiornata nel 2020), Regola 56.