La giustizia riparativa

La giustizia riparativa

1024 538 Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione

di Anna Acconcia

La giustizia riparativa nel caleidoscopio dell'esecuzione penale

La giustizia riparativa come «giustizia dell’incontro»

Tanta strada ha compiuto la giustizia riparativa dal famoso esperimento di Kitchener1) fino ai nostri giorni irradiandosi di straordinarie esperienze e nutrendosi delle normative di matrice sovranazionale e delle acute riflessioni dei più attenti studiosi.

Un lungo e «appassionante» cammino, quello della giustizia riparativa, impossibile da ripercorrere in queste pagine, ma che vale la pena richiamare, in alcune sue linee essenziali, per afferrarne il «cuore tematico» che pulsa nello «spirito» della riforma: «la proposta che dopo la commissione di un illecito penale l’autore del fatto sia chiamato ad attivarsi volontariamente cioè ad ‘adoperarsi’, all’interno di un ragionevole impegno (assunto in modo libero) di segno – e di senso – opposto a quello negativo e offensivo, espresso con il reato, […] in un ‘fare’ laborioso, coinvolgente, dignitoso e denso di significato2)».

La giustizia riparativa, quindi, fa dell’incontro il suo metodo e coinvolge direttamente coloro che, «biograficamente uniti dall’illecito penale», vivono sulla propria pelle la situazione conflittuale, quegli stessi individui che la giustizia penale tradizionale tiene rigorosamente separati.

La giustizia riparativa è una giustizia attiva e relazionale capace di innescare forme di «responsabilità verso gli altri», una giustizia capace di chiedere agli autori delle offese e alle vittime di lavorare sul futuro, una giustizia che punta sull’impegno per neutralizzare l’offesa e per motivare al rispetto della regola di condotta nel futuro.

La giustizia riparativa non offre soluzioni preconfezionate, ma si muove sul terreno accidentato di chi avverte la necessità di un cammino di incontro che parte dai fatti, passa attraverso i vissuti, riflette sui valori e approda, solo alla fine, a degli impegni.

Un paradigma così congegnato mostra il suo volto costituzionale e la sua sintonia con i principi fondamentali di un sistema democratico, tra i quali il finalismo rieducativo della pena nell’accezione di riaccogliere il colpevole e farlo sentire parte della società, una società che non può chiamarsi fuori dalla genesi del reato e che deve offrire una emancipativa possibilità di dialogo all’autore dell’offesa.

Come sottolineato da parte di autorevoli studiosi, difatti, un modello giocato solo sulla neutralizzazione del soggetto che ha delinquito consentirà che egli non delinqua più solo per il tempo della sua reclusione in carcere (che potrebbe avere, tra l’altro, come effetti collaterali meccanismi di sfida, disprezzo e ribellione rispetto alle regole, quali dinamiche prodotte dalla mera deterrenza, oppure un ulteriore effetto criminogeno tale da irrobustirne identità negativa e carriera criminale) tornando poi a delinquere, come dimostrato, a livello empirico, dagli alti tassi di recidiva.
Con le lenti della giustizia riparativa, tuttavia, l’«aspirazione» di «giustizia mostra la sua eccedenza rispetto al diritto in quanto rinvia a un modo profondamente diverso di pensare l’equilibrio delle relazioni3)».

Uno sguardo d’insieme alla disciplina organica della giustizia riparativa

La storia che precede l’ingresso della disciplina organica della giustizia riparativa nel nostro paese è una storia fatta di pochi centri di giustizia riparativa, distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale, e di talune intercapedini legislative che hanno costituito, nel tempo, terreno di coltura per innesti ripartivi, pur non mancando diverse contraddizioni normative e prassi giurisprudenziali tra loro differenti.

La disciplina organica della giustizia riparativa, come noto, viene introdotta con decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 in attuazione della legge delega del 27 settembre 2021, n. 134

La disciplina organica della giustizia riparativa, come noto, viene introdotta con decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 in attuazione della legge delega del 27 settembre 2021, n. 134 che, accanto all’efficienza del processo penale e alle disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, al comma 1, chiedeva l’introduzione di una disciplina organica della giustizia riparativa e, al comma 18, ne fissava principi e criteri direttivi. Il Titolo IV del suddetto decreto, infatti, è dedicato alla disciplina organica della giustizia riparativa e si snoda negli articoli che vanno dal 42 al 67.

Nel presente contributo si procederà nell’esposizione della disciplina in modo inevitabilmente cursorio, affidando al lettore anche delle tavole di sintesi, accessibili online, con l’obiettivo di consentire una migliore visualizzazione della normativa. Cercherò, tuttavia, con qualche veloce e rapsodica pennellata, di compendiarne i tratti salienti e qualificanti.

La disciplina organica della giustizia riparativa in materia penale presuppone l’adesione libera e volontaria dei partecipanti, chiamati congiuntamente a prendere parte, in modo attivo, a un incontro libero e confidenziale.

I protagonisti dell’incontro sono la vittima e la persona indicata come autore dell’offesa, con l’eventuale coinvolgimento della comunità e di chiunque vi abbia interesse, alla presenza di un mediatore indipendente, equiprossimo, competente e adeguatamente formato.

I programmi di giustizia riparativa si articolano nella mediazione tra la persona indicata come l’autore dell’offesa e la vittima, anche estesa ai gruppi parentali e con persone aspecifiche, nel dialogo riparativo e in ogni altro programma dialogico guidato da mediatori, svolto nell’interesse della vittima del reato e della persona indicata come l’autore dell’offesa.

L’inizio del programma è preceduto da uno o più incontri preliminari tra i mediatori e ciascuno dei partecipanti per soddisfare gli obblighi informativi e raccogliere il consenso.

Ulteriori profili significativi attengono al diritto all’informazione (avvisi all’indagato, imputato, condannato e alla persona offesa nel corso del procedimento penale e durante l’esecuzione), al consenso informato al programma, sempre revocabile, al diritto all’assistenza linguistica, al dovere di riservatezza dei mediatori e del personale dei centri di giustizia riparativa e dei partecipanti, all’inutilizzabilità nel procedimento penale e nella fase dell’esecuzione delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite, alla tutela del segreto da cui discende l’assenza di obblighi di denuncia in capo al mediatore e alla facoltà di astensione del mediatore dalla testimonianza e al divieto di intercettazioni, sequestri, perquisizioni nei locali dei centri di giustizia riparativa.

L’incontro può avere un esito aperto in modo costruttivo verso l’assunzione di impegni volontari per il futuro, nei termini di forme di riparazione tangibile e non, altri adempimenti e propositi comportamentali concordati.

L’autorità giudiziaria valuta lo svolgimento del programma, oltre all’eventuale esito riparativo (simbolico o materiale), anche in termini di commisurazione della pena (art. 133 c.p.).

L’autorità giudiziaria valuta lo svolgimento del programma, oltre all’eventuale esito riparativo (simbolico o materiale), anche in termini di commisurazione della pena (art. 133 c.p.). La mancata effettuazione del programma, l’interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo, tuttavia, non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell’offesa: la valutazione, pertanto, è solo in bonam partem.

Si segnala, quanto alle ricadute sotto il profilo sanzionatorio, l’introduzione di una circostanza attenuante (art. 62, comma 1, n. 6 c.p.) consistente nell’aver partecipato a un programma di giustizia riparativa conclusosi con un esito riparativo, la modifica alla disciplina della querela (art. 152 c.p.) introduttiva di una ipotesi di remissione tacita a seguito di un programma di giustizia riparativa conclusosi con un esito riparativo e la modifica della disciplina della sospensione condizionale della pena (art. 163, ult. co., c.p.) per cui ai fini della concessione di quest’ultima è tenuta in considerazione la partecipazione a un programma di giustizia riparativa conclusosi con esito riparativo.

Si menziona, altresì, la previsione del nuovo art. 129 bis c.p.p. che prevede che l’autorità giudiziaria possa disporre, anche d’ufficio, l’invio di imputato e vittima del reato al Centro per la giustizia riparativa per l’avvio del programma se utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede.

La disciplina esprime, in definitiva, un favor legislativo per l’accesso ai programmi praticabili da chiunque vi abbia interesse, senza discriminazioni e senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità, in ogni stato e grado del procedimento, anche prima della notizia di reato o dopo la condanna, ovvero durante o dopo l’esecuzione di eventuali misure penali.

Questa istantanea della disciplina organica consente di mettere a fuoco come la partecipazione ai programmi di giustizia riparativa tuteli le fondamentali garanzie procedimentali, specialmente orientate a salvaguardare la persona accusata da un uso afflittivo dell’adesione al programma e a proteggere ogni persona coinvolta da forme di vittimizzazione secondaria, ripetuta, ritorsioni e intimidazioni.

La giustizia riparativa, dunque, non è una forma di privatizzazione, vittimocetrica o reocentrica, della giustizia penale pubblica, ma si caratterizza per un’equa considerazione dell’interesse tanto della vittima del reato che della persona indicata come autore dell’offesa, si pone in dialogo con la giustizia penale tradizionale, pur mantenendo ferme le proprie specificità, e offre orizzonti innovativi e pregnanti di trasformazione «all’insegna» della giustizia.

La giustizia riparativa post rem iudicatam

Oggi, la disciplina organica della giustizia riparativa si estende alla fase esecutiva, come previsto nel titolo V che, all’art. 78, reca gli adeguamenti della legge sull’ordinamento penitenziario all’introduzione dei programmi di giustizia riparativa.

La giustizia riparativa nella fase dell’esecuzione penale presenta dei tratti peculiari sia dal lato dell’autore di reato che dal lato della vittima. Quanto al reo, infatti, si inserisce in una fase caratterizzata da dinamiche di «passività», «infantilizzazione» e vittimizzazione in ragione delle condizioni di detenzione, benché la sentenza irrevocabile di condanna dovrebbe rendere più semplice l’incontro riparativo superando alcune difficoltà tipiche della fase di cognizione. Quanto alla vittima, invece, potrebbe essere avvertito come meno urgente il dialogo con l’autore del reato, dal momento che la giustizia tradizionale ha fatto il suo corso, oppure potrebbe rappresentare un detonatore di «ansie vendicatorie» con un conseguente utilizzo distorto e pericolosamente iperpunitivo della giustizia riparativa.

Forse è proprio in questa fase che la giustizia riparativa ha bisogno di maggiori cautele per identificare e coltivare il collegamento tra la giustizia riparativa e il finalismo della pena, senza tradire il suo tratto identitario e diventare un surrogato della pena.

La riforma, quanto alla fase esecutiva, si innerva sull’orditura normativa esistente con la precipua finalità di coordinare la disciplina organica della giustizia riparativa con l’ordinamento penitenziario: l’art. 13, comma 3-bis Ord. pen. esprime il favore per il ricorso a programmi di giustizia riparativa all’interno del trattamento individualizzato finalizzato al reinserimento sociale e l’art. 15-bis Ord. pen. ribadisce il principio generale di valutazione in bonam partem della partecipazione del condannato o dell’internato a un programma di giustizia riparativa, vietando al contempo al giudice ogni valutazione sfavorevole dovuta all’insuccesso, alla mancata realizzazione o all’arresto del programma di giustizia riparativa.

La collocazione del comma 3-bis all’interno della norma dedicata al programma di reinserimento sociale individualizzato ha una portata significativa. Il programma di trattamento rieducativo, infatti, tiene conto sia delle esigenze rieducative sia delle risorse personali e sociali a disposizione, oltre che di quelle proprie dell’istituto penitenziario. La fase di osservazione della personalità ha la finalità di mettere in evidenza i bisogni del condannato e gli «ostacoli» che hanno impedito il «pieno sviluppo» di una corretta vita di relazione, aderendo, dunque, a un «paradigma risocializzativo di tipo relazionale e sociale». L’art. 13 Ord. pen., come noto, richiama l’offerta di condurre con il condannato la riflessione sul fatto criminoso commesso, sulla condotta antigiuridica e sulle conseguenze negative per la vittima e per sé; da ciò nasce l’impostazione del programma individualizzato di trattamento rieducativo volto alla responsabilizzazione mediante consenso del destinatario degli interventi, nonché proteso all’ideazione, ove possibile, di un percorso di riparazione delle conseguenze dell’illecito.

È proprio muovendo da queste premesse e, in particolare, dalla riflessione sulle condotte offensive che si inserisce il possibile ricorso ai programmi di giustizia riparativa nell’ambito della norma sul trattamento individualizzato.

È proprio muovendo da queste premesse e, in particolare, dalla riflessione sulle condotte offensive che si inserisce il possibile ricorso ai programmi di giustizia riparativa nell’ambito della norma sul trattamento individualizzato. Come sottolineato, infatti, nella relazione illustrativa al decreto legislativo n. 150/2022 «la formula scelta sventa il rischio che la giustizia riparativa possa essere confusa con gli strumenti del trattamento penitenziario ma nello stesso tempo obbliga le autorità pubbliche a favorire, proprio nella cornice tracciata dal trattamento, il ricorso libero e spontaneo a percorsi di giustizia riparativa come disciplinati organicamente».

Si ricorda, inoltre, che l’accesso ai programmi di giustizia riparativa non è legato a un procedimento di sorveglianza aperto, dato che il programma può essere richiesto anche da coloro i quali non sono ammessi a godere dei benefici penitenziari o delle misure alternative.

La previsione di cui all’art. 15-bis Ord. pen., analogamente riprodotta nell’art. 1-bis, D.lgs. 121/2018 nel sistema minorile, è una «norma-vettore» che consente il ricorso alla giustizia riparativa, anche in fase di esecuzione della pena, e la successiva valutazione dell’eventuale esito riparativo. La prospettazione di una norma ad hoc nella fase di esecuzione e non il mero rimando alla disciplina generale segna il rilievo, la valenza e l’autonomia dei programmi di giustizia riparativa in fase esecutiva pur nella complementarità con il percorso penitenziario, costituzionalmente orientato alla risocializzazione del condannato.

I programmi di giustizia riparativa oscillano entro due poli, entrambi molto rilevanti: da un lato possono intervenire sulla criminogenesi e sui fattori connessi e, dall’altro, sui bisogni delle vittime, spesso del tutto inascoltati dal sistema penale tradizionale.

La partecipazione al programma e l’eventuale esito riparativo verrà valutato, senza automatismi, in considerazione dei diversi profili oggetto di valutazione da parte della magistratura di sorveglianza ai fini del lavoro all’esterno, della concessione dei permessi premio, delle misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà e liberazione anticipata) e della liberazione condizionale, ma non con riguardo ad altre misure non ricomprese in elenco. Resta fermo, sempre e comunque, il divieto di applicazione del programma di giustizia riparativa in malam partem.

La partecipazione a un programma di giustizia riparativa può piuttosto riconsegnare senso al percorso di detenzione in un’ottica differente rispetto alle logiche della mera premialità. Aderendo alla visione voluta dal legislatore, infatti, si apprezza l’assenza di spazi per una giustizia riparativa paternalista e moralizzatrice che pretenderebbe redenzione e dispenserebbe perdono.

Occorre tenere ben distinta, pertanto, la giustizia riparativa dal risarcimento del danno e dalle restituzioni quali obblighi prestazionali che derivano ex lege dal reato, ai sensi dell’art. 185 c.p., e non accomunare i programmi di giustizia riparativa ad attività in favore della vittima per ‘conseguirne’ il perdono.

È necessario mettere in salvo e difendere la giustizia riparativa da improprie torsioni e rammentare che essa «non è la giustizia delle e per le vittime», che non coincide con la rieducazione del condannato e che non richiede «l’assenza di strumentalità e la purezza da parte del reo».

Solo tenendo bene a mente queste linee di demarcazione si eviterà una «frode delle etichette» e di ricadere nei ciechi abissi iperafflittivi ammantati sotto la coltre, falsamente buonista, del paradigma riparativo.

La disciplina organica ha il grande merito di aiutarci a mettere in evidenza ciò con cui non coincide e ciò a cui non si riduce la giustizia riparativa: risarcimento del danno, restituzioni, riparazione delle conseguenze del reato, condotte riparatorie, lavoro di pubblica utilità, attività socialmente utili, volontariato sociale, l’adoperarsi in favore della vittima, attività a titolo volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime, iniziative in favore delle vittime, messa alla prova, forme di giustizia negoziata e conciliazione tra querelante e querelato.

Per queste ragioni bisogna fare «buon governo» della giustizia riparativa che non deve indentificarsi solamente con la giustizia della riparazione, né deve essere snaturata, pena il pericolosissimo rischio di riedizione delle logiche ataviche e irrazionali che aprono la strada al «populismo riparativo».

La giustizia riparativa nelle carceri italiane. Le prassi fotografate dall’Osservatorio di Antigone

A più di un anno dall’entrata in vigore della disciplina organica della giustizia riparativa alcuni passi sono stati compiuti, ma molti altri devono essere ancora percorsi.

Un passo importante in avanti è certamente rappresentato dai decreti del 9 giugno 2023 relativi alla formazione dei mediatori e all’istituzione dell’elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa istituito presso il Ministero della giustizia.

Venendo ai dati raccolti dall’ Osservatorio di Antigone, la panoramica che ci restituisce, a valle delle visite svolte e senza pretesa di esaustività, è la presenza di percorsi, latu sensu riparativi, solo in tredici istituti penitenziari.

Casa circondariale “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere – 14/07/2023

Tra le attività svolte vengono menzionati progetti in materia di giustizia riparativa.

Si aggiunge che dalla scheda dell’Istituto presente sul sito del Ministero della giustizia emerge lo svolgimento di un’attività denominata “Liberi di riparare – Elementi di giustizia riparativa” organizzata da volontari ex artt. 17 e 78 Ord. pen. dal 30 maggio 2021 al 31 dicembre 2021 che ha coinvolto 40 partecipanti.

A fronte di uno scambio con l’Istituto, risulta lo svolgimento, a partire dall’anno 2021, di un laboratorio di giustizia riparativa destinato a un numero di 10/15 detenuti definitivi focalizzato sull’autore del reato e sull’acquisizione della consapevolezza dell’errore attraverso la partecipazione a un percorso dialogico di riconoscimento tra vissuti e narrazioni.

Casa circondariale di Ariano Irpino – 17/06/2022 (precedente all’entrata in vigore della disciplina organica della giustizia ripartiva)

Tra le attività viene menzionato un progetto sulla giustizia riparativa con l’individuazione di due detenuti beneficiari del percorso.

Casa circondariale di Brindisi – 20/03/2023

Si segnala la presenza di un progetto di giustizia riparativa (l’unico all’interno di un Istituto penitenziario pugliese).

Casa circondariale di Busto Arsizio – 30/05/2023

Si segnala la presenza di un corso di giustizia riparativa che coinvolge 10 detenuti.

Casa circondariale di Forlì – 06/12/2023

Si segnala un progetto di giustizia riparativa per i detenuti definitivi a trattamento ordinario, per i detenuti autori di reati sessuali (sezione “Oasi”) e per la sezione femminile. Tale progetto si svolge con l’ausilio di tre mediatori penali.

Casa circondariale di Novara – 06/06/2023

Si menziona un generico programma di giustizia riparativa.

Casa circondariale di Palmi “Filippo Salsone” – 13/02/2023

Si dà atto dell’avvio di progetti di giustizia riparativa, ma al momento della visita tali progetti non erano più in corso.

Si aggiunge che la scheda dell’Istituto, presente sul sito del Ministero della giustizia, menziona un progetto organizzato dallo UDEPE denominato “Un Ponte tra Carcere e Comunità” percorsi di reinserimento sociale e corresponsabilità svoltosi dal 15 luglio al 15 dicembre 2021 e che ha coinvolto 12 partecipanti.

Casa circondariale di Padova – 28/12/2021

La visita effettuata restituiva lo svolgimento di un percorso di giustizia riparativa organizzato da Orizzonti Società Cooperativa. Come ci ha riferito il referente dell’area carcere della Cooperativa, l’iniziativa rientrava all’interno del Progetto ReStart di cui Orizzonti Cooperativa era capofila, grazie a un finanziamento regionale (cfr. Re-START, Interventi per l’occupabilità e l’inclusione sociale attiva di persone in esecuzione penale) per il progetto INT.RE. C.C.I. (“Interventi di Rete per la Cittadinanza attiva, la Cultura della legalità e l’Inclusione sociale delle persone in esecuzione penale”). Una delle azioni previste, all’interno del progetto, era la realizzazione di due laboratori di giustizia riparativa ispirati al modello della mediazione umanistica e condotti da personale esperto in mediazione umanistica, mediazione penale, giustizia riparativa in ambito scolastico e sociale. L’intervento si è svolto nel periodo da novembre 2021 a marzo 2022, è durato complessivamente 40 ore (20 ore per ciascuno dei due laboratori) e ha coinvolto circa 15 detenuti. È stato utilizzato un approccio che ha favorito l’esperienza pratica e che ha consentito ai partecipanti di scoprire in autonomia i meccanismi che sono alla base dei conflitti e le modalità per trasformarli e migliorare le relazioni. Il progetto era finalizzato a sensibilizzare le persone ristrette su obiettivi, modalità e forme della giustizia riparativa.

Tuttavia, i finanziamenti di cui attualmente dispone la cooperativa Orizzonti coprono altre attività intramurarie e non attività di giustizia riparativa.

Casa Circondariale di Genova Marassi – 22/11/2023

Grazie a una interlocuzione avuta con l’Istituto, apprendiamo che il penitenziario ha aderito al progetto denominato “Percorsi di giustizia 2.0”, approvato da Cassa delle Ammende e cofinanziato da Regione Liguria.
Dal mese di agosto 2023 i seminari informativi si alternano a specifici incontri di gruppo sulla giustizia riparativa, condotti da mediatori penali esperti.

In una prima fase il tema della giustizia riparativa è stato proposto al personale dell’Amministrazione penitenziaria a cui è seguita una fase informativa dedicata ai detenuti definitivi, allocati nelle diverse sezioni detentive e appartenenti al circuito della media sicurezza. Inoltre, sono stati creati dei gruppi permanenti di circa 15 detenuti che hanno partecipato a un ciclo di incontri sulla giustizia riparativa, condotti da mediatori penali esperti. Al termine del progetto è prevista la realizzazione di una manifestazione conclusiva alla quale parteciperà anche la comunità esterna.

Casa circondariale Luigi Bodenza di Enna – 01/04/2022 (visita precedente all’entrata in vigore della disciplina organica della giustizia ripartiva)

Nella scheda si dà atto che da più anni, all’interno dell’Istituto, alcuni detenuti ammessi in art. 21 Ord. pen. alle dipendenze dell’Amministrazione si occupano della pulizia degli Uffici della Direzione. Tale attività è incardinata in una progettualità di lavoro socialmente utile con modalità tali da essere una via di mezzo tra un’assunzione a lavoro e un progetto trattamentale di giustizia riparativa. Il provvedimento prevede, infatti, anche una contribuzione di lavoro volontario non retribuito.

Casa di reclusione di San Cataldo – 01/09/2021 (visita precedente all’entrata in vigore della disciplina organica della giustizia ripartiva)

Nella scheda si dà atto di accordi tra l’Ufficio per la giustizia riparativa del Tribunale di Catania, la Caritas e il Comune di San Cataldo per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità.

Casa circondariale di Piacenza “Le Novate” – 19/12/2023

Si menziona lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa per i cd. protetti (condannati per reati sessuali) che incontrano in gruppo, ma anche singolarmente, una “vittima simbolo”.

Casa circondariale di Sassari – Bancali “Giovanni Bachiddu” – 26/05/2023

Si annota lo svolgimento di un corso di mediazione penale.

In conclusione, a parere di chi scrive, lo sfidante cammino da percorrere è quello di riconoscere alla giustizia riparativa ciò che è, salvo, altrimenti, trasformarla in un contenitore dai contorni sempre più indefiniti e incandescenti.

Un tale pericolo, forse, è ancor più vivo nella fase dell’esecuzione della pena, da sempre ricca di iniziative “trattamentali” spesso solo occasionali, che rischiano di condurre la giustizia riparativa fuori dal solco scavato dalla disciplina organica. Occorre, dunque, fare tesoro delle riflessioni e delle esperienze ammiraglie e riconoscere quello spazio istituzionale di ascolto, dialogo e incontro che costituisce la radice semantica della giustizia riparativa.

References

References
1 Si tratta di un caso del 1974 in cui una coppia di adolescenti compiono diversi atti di vandalismo e due educatori, Mark Yantzi e Dean E. Peachey, propongono al giudice un programma di incontri tra i due giovani e le famiglie colpite dai danneggiamenti.
2 Cit. C. Mazzucato, Consenso alle norme e prevenzione dei reati. Studi sul sistema sanzionatorio penale, Aracne, Roma, 2005, p. 167.
3 Cit. T. Greco, Curare il mondo con Simone Weil, Laterza, Roma-Bari, 2023, p. 56.