Come di consueto, parte del nostro lavoro di osservazione e ricerca passa attraverso la necessità di analizzare i dati relativi all’offerta di lavoro e di formazione professionale rivolta alle persone che si trovano in stato di detenzione. Il tutto è attuato vagliando le informazioni raccolte direttamente dal nostro osservatorio sulle condizioni di detenzione poste poi a confronto con i dati messi a disposizione dal Ministero della giustizia.
L’osservatorio di Antigone, nel 2023, ha visitato 99 istituti penitenziari riscontrando una media pari al 32,6% di persone detenute lavoranti, in lieve aumento rispetto al medesimo dato rilevato l’anno precedente su 97 istituti visitati.
L’osservatorio di Antigone, nel 2023, ha visitato 99 istituti penitenziari riscontrando una media pari al 32,6% di persone detenute lavoranti, in lieve aumento rispetto al medesimo dato rilevato l’anno precedente su 97 istituti visitati. Le persone detenute alle dipendenze di datori di lavoro esterni risultano pari al 3,2% – sempre in relazione agli istituti visitati – in tal caso in diminuzione rispetto a quanto riscontrato nel 2022. In aumento la rilevazione relativa alle persone coinvolte in progetti di formazione professionale, pari al 10,6%. Le persone coinvolte in lavori di pubblica utilità, infine, sono risultate pari a 90.
Si mantiene costante, tuttavia, la circostanza che le buone prassi e le percentuali maggiormente elevate si riscontrano soltanto negli istituti di dimensioni inferiori.
Dato positivo da porre in evidenza rispetto allo scorso anno è un incremento del numero di istituti che presentano una percentuale di lavoratori detenuti superiore al 50%, risultati essere 11 a fronte dei soli 4 individuati nel 2022. In due di questi, l’Istituto a Custodia Attenuata “L. Daga” di Laureana di Borrello (RC) e la Casa di Reclusione Onanì-Mamone, la totalità delle persone recluse è coinvolta in attività lavorativa (rispettivamente 54 e 141 lavoratori detenuti). Si mantiene costante, tuttavia, la circostanza che le buone prassi e le percentuali maggiormente elevate si riscontrano soltanto negli istituti di dimensioni inferiori. A titolo esemplificativo si riporta la situazione della Casa Circondariale “Pasquale Mandato” di Napoli – Secondigliano ove, a fronte di una popolazione detenuta pari a 1.225 persone al momento della visita, solo il 24,5% era coinvolta in attività lavorativa alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e il 4,1% alle dipendenze di datori di lavoro esterni. Ancora, la Casa Circondariale di Roma Rebibbia N.C. “Raffaele Cinotti” presenta una percentuale di detenuti lavoranti pari al 24,3%, su 1.484 persone detenute al momento della visita. Per ciò che concerne il lavoro esterno, si è riscontrata la tendenza a trasferire coloro che vi accedono presso il vicino istituto Terza Casa Circondariale di Roma Rebibbia. Sono poi attivi alcuni enti esterni che accedono periodicamente in istituto al fine di valutare la possibilità di offrire opportunità di reinserimento lavorativo ai soggetti che presentino determinati requisiti.
Ulteriori istituti che restituiscono un dato tendenzialmente in linea con quanto rilevato sono la Casa Circondariale di Genova “Marassi”, con una percentuale di persone detenute lavoranti pari al 17,8% su un totale di popolazione detenuta pari a 702 persone al momento della visita, con il 2% impegnata alle dipendenze di datori di lavoro esterni, e la Casa Circondariale di Firenze “Sollicciano” ove, a fronte di una popolazione detentiva pari a 496 persone al momento della visita, solo il 16,1% era coinvolta in attività lavorativa e solo una persona si trovava alle dipendenze di datori di lavoro esterni.
Volgendo l’attenzione alle persone che risultano alle dipendenze di soggetti diversi dall’amministrazione penitenziaria, la percentuale più elevata è stata registrata nella Casa di Reclusione di Fossano, con una percentuale pari al 23,1% e, nel corso della visita, è stato riferito come la maggior parte di queste lavorino presso enti pubblici per lo più nell’ambito della manutenzione delle aree verdi e boschive. Anche i soggetti impegnati nei lavori di pubblica utilità vengono coinvolti essenzialmente nella manutenzione di aree verdi (al momento della visita, si trattava di 10 persone). L’istituto ha organizzato anche diversi corsi di formazione professionale quali addetto panificatore, saldocarpenteria e saldatura elettrica. Si richiede il possesso di determinati requisiti al fine di essere ammessi ai corsi professionali, vale a dire: che la richiesta provenga della persona detenuta, il possesso – almeno – della licenza media inferiore, un fine pena posteriore al termine del corso, oltre ad una serie di valutazioni legate alla personalità del richiedente.
In generale, le percentuali di detenuti lavoranti alle dipendenze di datori di lavoro esterni restano molto basse: solo 7 istituti, tra quelli visitati, superano il 10% delle persone coinvolte
In generale, le percentuali di detenuti lavoranti alle dipendenze di datori di lavoro esterni restano molto basse: solo 7 istituti, tra quelli visitati, superano il 10% delle persone coinvolte e si tratta di istituti di piccoli dimensioni siti prevalentemente nel Nord-Italia o Centro-Nord. Vi sono poi istituti particolarmente virtuosi dal punto di vista delle attività lavorative alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria ma senza alcun riferimento esterno, come la Casa di Reclusione di Arbus Is Arenas, con il 91,2% di persone coinvolte in attività lavorative interne ma nessuna impegnata alle dipendenze di datori di lavoro esterni. Ancora, si può citare la Casa Circondariale di Salerno “Antonio Caputo” che non ha persone detenute alle dipendenze di datori di lavoro esterni, anche se da un punto di vista di formazione professionale viene riferita la progettazioni dei seguenti corsi: fabbro, pizzaiolo e falegname oltre a un progetto di scansione archivi e di wedding planner (dedicato alla sezione femminile) stipulato con Cassa delle Ammende, nessuno di questi attivo al momento della visita. Anche i progetti di lavoro di pubblica utilità erano sospesi al momento della visita seppur è stata rappresentata – in convenzione con la Corte di Appello di Salerno, Confindustria e Confartigianato – la volontà di avviare dei progetti di affidamento per 6 persone detenute.
Le attività lavorative proposte, in generale, restano legate ai campi dell’edilizia, agricoltura, falegnameria, panetteria, manutenzione aree verdi, call center e telecomunicazioni.
Per ciò che concerne i lavori di pubblica utilità, le persone coinvolte restano poche, con un massimo di 10 persone in 4 degli istituti penitenziari visitati nel corso del 2023 e diverse attività legate all’intervento dei Comuni o dei Tribunali. Occorre tenere presente che si tratta di attività che i detenuti intraprendono a titolo volontario sulla base di apposite convenzioni e che, solitamente, rivestono carattere gratuito. È prevista la possibilità di corrispondere un rimborso spese che resta, tuttavia, notevolmente basso e che può essere erogato da Cassa delle Ammende o dall’Ente che gestisce il progetto.
I dati del Ministero della Giustizia
Nel complesso, è costante nel tempo la difficoltà del sistema a far fronte alle esigenze della popolazione detenuta, non riuscendo a rilevarsi dei concreti passi in avanti.
A confronto con quanto precedentemente rilevato, si può guardare ai dati ufficiali messi a disposizione dal Ministero della Giustizia. Il dato più recente relativo alle persone detenute lavoranti risale al 30.06.2023. A tale data, su un totale di 57.525 persone recluse, risultavano lavorare 19.153 persone, pari al 33,3%, in lieve decremento quindi nel primo semestre del 2023 rispetto al dato rilevato al 31.12.2022 (quando i detenuti lavoranti, sul totale, erano pari al 35,2%). Tra i detenuti lavoranti, 16.305 persone risultano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, pari all’85,1% del totale dei detenuti lavoranti, e 2.848 alle dipendenze di datori di lavoro esterni (14,9% del totale). Si nota una lieve inflessione nella percentuale dei detenuti lavoranti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e un incremento della popolazione detenuta alle dipendenze di datori di lavoro esterni. Sul totale della popolazione detenuta, i detenuti lavoranti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria corrispondono al 28,3% (in diminuzione rispetto al medesimo dato rilevato al 31.12.2022) mentre le persone detenute dipendenti da datori di lavoro esterni corrispondono al 5% del totale (in tal caso in aumento rispetto a quanto rilevato al 31.12.2022, seppur soltanto dello 0,4%). Nel complesso, è costante nel tempo la difficoltà del sistema a far fronte alle esigenze della popolazione detenuta, non riuscendo a rilevarsi dei concreti passi in avanti.
Sotto il profilo dei fondi destinati alle remunerazioni ai detenuti lavoranti, un primo dato di rilievo è un incremento dei fondi per il 2024 dalle previsioni dello scorso anno, in cui si è passati da una previsione pari a circa € 123 milioni agli attuali € 128 milioni, previsti anche per le annualità 2025 e 2026. Si nota invece una contrazione delle previsioni di bilancio afferenti gli sgravi fiscali e le agevolazioni in favore delle imprese che assumono detenuti o internati negli istituti penitenziari (agevolazioni previste dalla c.d. Legge Smuraglia). Sotto tale profilo, infatti, si passa dalle previsioni dello scorso anno pari ad oltre 21 milioni agli attuali circa 19 milioni, con una riduzione pari esattamente a 2 milioni.
Per ciò che concerne i consuntivi di spesa, i dati a disposizione afferiscono al 2022 da cui si evince una spesa in mercedi per detenuti lavoranti pari ad € 127,7 milioni, mentre la spesa relativa ai contributi erogati in favore delle imprese aderenti alle agevolazioni di cui alla c.d. Legge Smuraglia corrispondeva ad € 10,2 milioni, entrambi i dati in aumento rispetto al medesimo dato rilevato nel 2021.
Restando nell’ambito della c.d. legge Smuraglia e richiamando i dati ufficiali forniti dalla Relazione del Ministero della Giustizia all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024, per il 2024 sono pervenute 536 istanze da parte di imprese e cooperative volte ad usufruire delle agevolazioni di cui alla richiamata legge, per un importo complessivo pari ad € 10,6 milioni, prospettandosi l’assunzione di 2.276 persone detenute nell’anno corrente. Occorre tenere presente che una parte dei fondi spesa rientranti nella voce di bilancio è credito destinato agli sgravi fiscali e contributivi gestiti dall’INPS, che segue una procedura interna tale per cui procede a riconoscere gli sgravi contributivi in base all’ordine cronologico secondo cui sono pervenute le istanze fino al massimo delle risorse disponibili. Per il 2023 il credito disponibile era pari ad € 8,4 milioni circa. Tale somma è quantificata con decreto ministeriale e rientra nel fondo spese complessivo indicato nel bilancio previsionale di spesa sotto la voce “sgravi fiscali e agevolazioni alle imprese”.
Resta, come elemento di criticità, la forte sproporzione nella distribuzione geografica tra le imprese che presentano le istanze per accedere alle agevolazioni
Resta, come elemento di criticità, la forte sproporzione nella distribuzione geografica tra le imprese che presentano le istanze per accedere alle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla c.d. Legge Smuraglia. Si nota come tali istanze di accesso continuino a concentrarsi nelle zone del Nord-Italia e del Centro Nord, seppur localmente si possono evidenziare delle buone prassi, come avviene in Campania ove è stato presentato per il 2024 un numero consistente di istanze di accesso alle predette agevolazioni. Si tratta di un’opportunità di grande rilievo tanto per le imprese quanto per la popolazione detenuta; si insiste, pertanto, nel sottolineare quanto sia necessario procedere ad una adeguata pubblicizzazione delle agevolazioni nonché alla previsione di maggiori investimenti per stimolare le imprese ad investire nel settore così da ampliare l’offerta lavorativa.
Le persone recluse impegnate in attività lavorativa restano poche, le possibilità di accesso a forme di specializzazione sono rare e resta il problema della turnazione all’interno dei singoli istituti
Nel complesso, si riscontra in qualche modo la volontà di incrementare gli investimenti nel settore al fine di raggiungere uno spettro più ampio di popolazione detenuta anche nell’ottica di un maggiore rispetto della normativa di settore. Ciò nonostante, permangono le criticità già rilevate nel passato: le persone recluse impegnate in attività lavorativa restano poche, le possibilità di accesso a forme di specializzazione sono rare e resta il problema della turnazione all’interno dei singoli istituti, che se da un lato consente ad una porzione più ampia di popolazione l’accesso ad attività lavorative al contempo comporta che i singoli restino comunque in una condizione di inattività per lunghi periodi di tempo.
Degno di nota un progetto volto a favorire l’inserimento socio-lavorativo delle persone in esecuzione penale, collocato all’interno di un Protocollo d’Intesa stipulato il 31 gennaio 2024 tra la Cassa delle Ammende e il Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro. L’accordo di collaborazione fa seguito ad un progetto interistituzionale già avviato con l’intesa siglata il 13 giugno 2023 dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e dal Presidente del CNEL, Renato Brunetta, per “il consolidamento e il miglioramento qualitativo degli interventi finalizzati all’accrescimento delle competenze professionali dei detenuti, in vista del loro reinserimento nella società civile”. Cassa delle Ammende, per tale progetto e nella programmazione 2024, ha previsto uno stanziamento di fondi pari ad € 9 milioni e si paventa la possibilità di coinvolgere un numero pari a circa 4.000 destinatari ai quali rilasciare attestazioni professionali certificate. È previsto, inoltre, che il Cnel fornisca consulenza e supporto tecnico volti a redigere delle linee guida da utilizzare per la realizzazione dei progetti, che dovrebbero includere anche iniziative formative.
Corsi di formazione professionale
Al 30.06.2023 erano attivi 274 corsi, in aumento rispetto al medesimo dato rilevato al termine del 2022, con 3.359 persone detenute iscritte (il 5,8% del totale dei reclusi).
Si riportano, infine, i dati a disposizione relativi alle opportunità offerte alle persone detenute in termini di partecipazione a corsi di formazione professionale. Anche i più recenti dati afferenti tale aspetto, posti a disposizione dal Ministero della Giustizia, risalgono al I semestre 2023. Al 30.06.2023 erano attivi 274 corsi, in aumento rispetto al medesimo dato rilevato al termine del 2022, con 3.359 persone detenute iscritte (il 5,8% del totale dei reclusi). All’aumentare dei corsi, corrisponde un incremento degli iscritti, registrandosi uno scarto percentuale pari a +1,8%. Volgendo lo sguardo ai corsi terminati, questi erano 179 con 2.590 persone iscritte tra le quali 2.301 i promossi (pari all’88,8% del totale degli iscritti ai corsi terminati).
Costante rispetto ai dati rilevati negli anni precedenti, il dato relativo alle tipologie di corsi terminati. Tra questi, quelli in numero prevalente e con una maggiore presenza di iscritti si collocano nell’ambito della cucina e della ristorazione, con 32 corsi terminati, 494 iscritti e 432 promossi; seguono i corsi di giardinaggio e agricoltura, con 25 corsi terminati, 262 iscritti e 213 promossi, e i corsi di edilizia, con 16 corsi terminati, 171 iscritti e 143 promossi. Nonostante si rilevi una lieve flessione nel numero dei corsi per ciascun ambito citato – rispetto al medesimo dato rilevato al 31.12.2022 – il numero degli iscritti e dei promossi risulta in costante aumento, ad eccezione dei corsi di giardinaggio e agricoltura, che fanno registrare un dato in diminuzione.
A livello locale, la Regione che riporta il risultato più elevato in termini di corsi portati a termine resta la Lombardia (44), seguita dalla Toscana (34), che è però di gran lunga la regione che offre più formazione professionale in rapporto alle presenze, seguita da Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Marche. Occorre rilevare come il Veneto abbia registrato una evidente riduzione di corsi portati a termine rispetto al 31.12.2022, passando da 23 a 8 corsi portati a termine. Risultati notevolmente bassi si sono poi registrati anche in altre Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Liguria, Umbria e Valle D’Aosta, tutte con un solo corso portato a termine, mentre il Molise risulta l’unica Regione a non aver concluso, né attivato, alcun corso.