Minori

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1024 538 Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione

Alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni d’Italia. Una cifra che sta rapidamente crescendo.

Alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni d’Italia. Una cifra che sta rapidamente crescendo. Solo due mesi prima, alla fine del 2023, si attestava sulle 496 unità. Alla fine del 2022 le carceri minorili italiane ospitavano 381 ragazzi. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%. Se alla fine del 2022 i minori e giovani adulti in carcere rappresentavano il 2,8% del totale dei ragazzi in carico ai servizi della giustizia minorile, oggi tale percentuale è pari al 3,8%. Dopo il calo delle presenze dovuto alla pandemia da Covid-19, i numeri stanno rapidamente risalendo.

Negli ultimi dieci anni non si era mai raggiunto il numero di ingressi registrato nel 2023

Uno sguardo agli ingressi in Ipm ci mostra come negli ultimi dieci anni non si era mai raggiunto il numero di ingressi registrato nel 2023, pari a 1.143.

La nuova legge ha introdotto altre norme che vanno in senso contrario allo spirito di presa in carico educativa che era proprio del nostro ordinamento minorile

Continuando con questi ritmi si rischia di perdere quella specificità positiva del sistema della giustizia penale minorile nel nostro paese che lo aveva reso un modello per l’intera Europa, ovvero la sua capacità di rendere residuale la risposta carceraria puntando piuttosto su un approccio di tipo educativo codificato nel codice di procedura penale minorile del 1988. Quel codice ha visto, con il decreto legge 123/23 (cosiddetto Caivano, entrato in vigore nel settembre 2023 e convertito nella legge 159/23), degli stravolgimenti normativi che hanno grandemente ampliato le possibilità di ricorso al carcere in fase cautelare. Insieme ad altre azioni che incidono sul penale sostanziale e alla riduzione delle possibilità di applicazione dell’istituto della messa alla prova, che contribuiscono all’espansione dei numeri della carcerazione in ambito minorile, la nuova legge ha introdotto altre norme che vanno in senso contrario allo spirito di presa in carico educativa che era proprio del nostro ordinamento minorile. Ad esempio la possibilità da parte dei direttori degli Ipm di far trasferire i ragazzi maggiorenni nelle carceri per adulti, interrompendo così preziose relazioni educative.

Dei 523 giovani detenuti alla fine di febbraio, 312 erano minorenni e 211 giovani adulti. Le ragazze erano solo 18, di cui 7 straniere. Gli stranieri in generale costituivano il 51% del totale. Il numero dei giovani detenuti varia dalle 63 presenze di Milano alle 8 di Quartucciu (Cagliari). Pontremoli è il solo Ipm interamente femminile d’Italia e ospita attualmente 13 ragazze. Solo 30 ragazzi, il 5,7% del totale, sono in carcere solo in espiazione di pena. Un altro 27% ha una posizione giuridica mista, con almeno una condanna definitiva e altri procedimenti a carico. La restante percentuale, di gran lunga la maggioranza, è in carcere senza alcuna condanna passata in giudicato ma solo per custodia cautelare.

Nel corso del 2023, il 79,3% degli ingressi in carcere si è avuto per custodia cautelare.

Nel corso del 2023, il 79,3% degli ingressi in carcere si è avuto per custodia cautelare. Ben oltre la metà degli ingressi rimanenti (140 su 237) è avvenuta per esecuzione pena dalla libertà. Si tratta dunque di persone per le quali non si era ravvisata la necessità del carcere in fase cautelare. Se non c’era pericolo a lasciare libero il ragazzo prima del processo, probabilmente si sarebbero potuti individuare percorsi alternativi al carcere anche in fase di esecuzione penale. Un numero estremamente alto di ingressi – 318 nel corso dell’anno, pari quasi al 27,8% degli ingressi totali – proviene dalle comunità per il cosiddetto ‘aggravamento’ della misura cautelare in seguito a comportamenti ritenuti inadeguati, una misura che rischia di vanificare percorsi importanti e che andrebbe sostituita da soluzioni improntate a un modello educativo.

A prescindere dalla gravità del reato commesso, chi ha legami più solidi sul territorio e più opportunità di partenza ha anche maggiori possibilità di evitare la carcerazione.

Il dato relativo al tipo di delitti che portano i giovani in carcere mostra un problema del sistema che da anni andiamo denunciando. Nel corso del 2023, solo il 22,7% dei reati che hanno comportato la reclusione in carcere riguardava reati contro la persona, tendenzialmente la categoria più grave. Ben il 55,2% riguardava invece reati contro il patrimonio, una categoria che comprende fattispecie meno gravi. Se tuttavia la detenzione deve realmente costituire una misura estrema, essa dovrebbe venire usata solamente per i reati più seri. I reati contro la persona sono invece oltre il 30% dei reati ascritti ai ragazzi complessivamente in carico agli Uffici di servizio sociale per i minorenni, una percentuale parecchio superiore a quella relativa agli Ipm. La gravità del reato non pare essere quindi il solo parametro che decide chi farà ingresso in carcere e chi no. Tra gli altri fattori c’è sicuramente quello della maggiore facilità a individuare percorsi alternativi per coloro che a monte sono già maggiormente garantiti. A prescindere dalla gravità del reato commesso, chi ha legami più solidi sul territorio e più opportunità di partenza ha anche maggiori possibilità di evitare la carcerazione.

Più la misura è contenitiva e più i ragazzi stranieri sono percentualmente rappresentati

Uno sguardo alla situazione dei ragazzi stranieri ci fornisce una dimostrazione di ciò, data la loro maggiore difficoltà ad accedere ad alternative al carcere rispetto ai ragazzi italiani. Nel 2023, infatti, essi hanno rappresentato il 29,2% dei ragazzi complessivamente avuti in carico dai servizi della giustizia minorile, il 38,7% dei collocamenti in comunità, il 48,7% degli ingressi in carcere. Più la misura è contenitiva e più i ragazzi stranieri sono percentualmente rappresentati, fino ad arrivare a quasi la metà degli ingressi e a oltre la metà delle presenze per quanto concerne la reclusione in carcere.

Uno sguardo ai dati relativi ai venti Centri di Prima Accoglienza (le strutture che ospitano i minori essenzialmente in stato di arresto fino all’udienza di convalida da tenersi entro le 96 ore) mostra in maniera plastica tale concetto. Nel 2023 il 47,8% degli ingressi in Cpa ha riguardato ragazzi stranieri. Per quanto concerne le uscite, che vedono quasi sempre l’applicazione di una misura cautelare, gli stranieri hanno rappresentato il 30,6% delle prescrizioni e il 25,6% delle permanenze in casa, mentre hanno pesato per il 41,3% sui collocamenti in comunità e addirittura per il 66,7% sulle custodie cautelari in carcere. Come dicevamo, a mano a mano che la misura si fa più contenitiva cresce la rappresentazione dei ragazzi stranieri.

Il 73,2% dei ragazzi stranieri entrati in Ipm nel corso del 2023 proveniva dal Nord Africa

Il 73,2% dei ragazzi stranieri entrati in Ipm nel corso del 2023 proveniva dal Nord Africa, sostanzialmente Tunisia (133), Marocco (118), Egitto (113), Algeria (40). Il 19,6% proveniva da paesi europei. Girando per gli Ipm, capita di incontrare ragazzi accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, come fossero scafisti. Parlando con gli operatori che ne conoscono da vicino la vicenda, è evidente come essi siano invece assolutamente vittime del traffico, minorenni che affrontano spesso il viaggio da soli e che i veri scafisti utilizzano per effettuare piccoli servizi a bordo delle imbarcazioni.

Per quanto riguarda le comunità, nel 2023 i collocamenti in ambito penale sono stati 1.621, la grande maggioranza dei quali – in linea con quanto accaduto negli ultimi anni – dovuti a misure cautelari.

La rete delle comunità costituisce un attore fondamentale del sistema della giustizia minorile. Essa tuttavia presenta alcune criticità

La rete delle comunità costituisce un attore fondamentale del sistema della giustizia minorile. Essa tuttavia presenta alcune criticità. Le comunità sono quasi tutte private e accreditate dal Ministero della Giustizia a svolgere il loro ruolo. Le strutture più articolate e qualitativamente migliori – che possono contare anche su altri soggetti finanziatori oltre quello pubblico, essendo il contributo ministeriale spesso insufficiente – tendono ad accettare soprattutto ragazzi provenienti dall’area civile, effettuando una selezione più stringente dei ragazzi provenienti dal penale, che rischiano con più facilità di ritrovarsi in comunità qualitativamente inferiori. Ciò accade in particolare con i minori stranieri non accompagnati, che sono fortemente cresciuti nei numeri e che hanno bisogno di un sostegno più impegnativo.

Da segnalare inoltre l’uso eccessivo di psicofarmaci nelle carceri minorili.

Spesso accade anche che il ragazzo entra in carcere con un unico reato ascritto e nel giro di poco tempo ne colleziona molti altri.

Tornando alle carceri, la nostra osservazione diretta ci mostra come la sanzione dell’isolamento disciplinare continui a essere applicata, benché sia priva di contenuto educativo e nonostante il Dipartimento abbia sostenuto in passato che essa non viene utilizzata nel sistema minorile. Da segnalare inoltre l’uso eccessivo di psicofarmaci nelle carceri minorili. La spesa pro capite in particolare degli antipsicotici, che dovrebbero venire prescritti per patologie molto serie quali il disturbo bipolare o la schizofrenia, è aumentata in media del 30% tra il 2021 e il 2022, ultimo dato disponibile. Gli psicofarmaci vengono troppo spesso utilizzati come strumento di gestione – e di neutralizzazione – dei ragazzi con problemi di disagio sociale e comportamentale. Attraverso le nostre visite agli Ipm, abbiamo inoltre potuto constatare come questi ragazzi vengano spesso trasferiti da un carcere all’altro, specialmente dal nord verso il sud, così da mandare altrove il problema quando la gestione di un giovane diventa difficoltosa. Spesso accade anche che il ragazzo entra in carcere con un unico reato ascritto e nel giro di poco tempo ne colleziona molti altri. Le difficoltà comportamentali che spesso questi giovani dal difficile vissuto presentano fanno sì che manifestazioni di disagio si trasformino in accuse di resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, rissa, in un circolo vizioso che rende molto difficile il recupero del ragazzo alla società.