Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione

Il carcere chiuso: isolamento e separazione

Il carcere chiuso: isolamento e separazione

Il carcere chiuso: isolamento e separazione

1024 538 Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione

di Rachele Stroppa

Il carcere chiuso: isolamento e separazione

L’isolamento penitenziario: spazi, pratiche e alternative

In ambito penitenziario lo spazio non è mai neutro; al contrario, ha sempre una connotazione politica. Il carcere, volontariamente o involontariamente, per le funzioni che svolge, è per certi versi il punto di contatto più stretto che i cittadini hanno con lo Stato, in quanto questo simbolismo diventa fisico, traducendosi in muri e celle, spazi e limiti (Verdolini, 2022). Lo spazio di isolamento è forse uno degli spazi più impregnati di questa simbologia di natura politica.

L’isolamento, che si configura come una delle principali risorse ai fini di preservare l’ordine all’interno degli istituti, ha continuato ad essere applicato nei secoli, nonostante gli effetti estremamente dannosi

Ebbene, parlare di un solo spazio di isolamento, come se fosse un luogo specifico, totalmente delimitato e completamente regolato sarebbe improprio. Nonostante da un punto di vista formale – così com’ è disciplinato dall’art. 33 o.p. – l’isolamento possa imporsi solamente per ragioni disciplinari, giudiziarie o sanitarie1), gli spazi dell’isolamento sono andati via via moltiplicandosi e differenziandosi. La differenziazione dello spazio carcerario va di pari passo con il processo di amministrativizzazione dell’istituzione carceraria (Rivera Beiras, 2023), funzionale al mantenimento dell’ordine e della sicurezza all’interno dei luoghi del penitenziario. La sopravvivenza del carcere stesso, infatti, dipende, in una certa misura, dal mantenimento quotidiano dell’ordine, oltre che dalla legittimazione dell’istituzione (cfr. Beetham, 1991), che coincide con il principio di rieducazione. È per questo motivo che l’isolamento, che si configura come una delle principali risorse ai fini di preservare l’ordine all’interno degli istituti, ha continuato ad essere applicato nei secoli, nonostante gli effetti estremamente dannosi che produce sul corpo e la mente delle persone detenute.

In questo senso, sempre più di frequente l’isolamento viene utilizzato come tecnica di controllo di quei profili di detenuti che il personale penitenziario ha difficoltà a gestire, spesso perché la loro condotta è il risultato di una qualche forma di disagio

Interrogarsi sul significato che assume l’ordine – e quindi anche l’isolamento – in ambito penitenziario ci permette di avvicinarci alla comprensione di quella che Sykes ha definito “la configurazione filosofica del carcere” (1971), in cui le pratiche informali intervengono per far fronte a necessità quotidiane impellenti, plasmandosi secondo una logica strumentale che dipende proprio dalle contingenze e dalle esigenze della vita quotidiana in carcere ( Maculan e Sterchele 2022, p. 1496). In questo senso, sempre più di frequente l’isolamento viene utilizzato come tecnica di controllo di quei profili di detenuti che il personale penitenziario ha difficoltà a gestire, spesso perché la loro condotta è il risultato di una qualche forma di disagio. È questo il caso di un detenuto della Casa Circondariale di Viterbo che nel corso del 2023 ha contattato l’Ufficio del Difensore Civico di Antigone. Il detenuto riferiva di essere stato posto in isolamento di fatto a causa del suo stato di salute psicologico. Nella sua cartella clinica si accenna ad una diagnosi di bipolarismo, disturbo psichico da cui deriverebbe la difficoltà ad adattarsi alle regole della quotidianità detentiva. Anche un detenuto di origine marocchina della Casa Circondariale “Marassi” di Genova ha riferito al Difensore Civico di Antigone di trovarsi in una situazione di isolamento di fatto da molti mesi. Il ragazzo presentava problematiche legate alle dipendenze e in una relazione comportamentale psicologica dell’istituto si constatava la presenza di sintomi riconducibili allo spettro schizofrenico, quali allucinazioni uditive, deliri e tendenza a rompere oggetti. Secondo quanto riferito dal detenuto, la finestra della cella di isolamento era rotta, per cui sarebbe stato costretto a coprire la finestra con il suo accappatoio o con altri vestiti per non far entrare il freddo.

Durante la visita presso la Casa Circondariale di Biella gli osservatori di Antigone si sono concentrati soprattutto sul padiglione dedicato all’isolamento. Quest’ultimo presenta due sezioni da dieci celle l’una e due passeggi ad uso esclusivo delle persone in isolamento. Le celle non erano in buone condizioni, trattandosi in alcuni casi di celle lisce, sprovviste quindi di qualsiasi tipo di arredo. Al momento della visita erano presenti dodici persone in isolamento. Oltre ad una persona peer-supporter, in cella con una persona non autosufficiente, vi erano due casi di isolamento disciplinare; cinque sono i casi definiti invece di isolamento sanitario, rientrando in questa ipotesi anche casi di osservazione per autolesionismo o tentativo di suicidio; gli altri risultano isolamenti disposti per difficoltà di gestione in sezione, o per scelta autonoma del singolo, a causa di difficoltà di convivenza con altre persone detenute. Si evince, quindi, un uso smodato dell’isolamento, disposto in alcuni casi arbitrariamente per far fronte ad esigenze di governo della popolazione penitenziaria. Inoltre, contrariamente a quanto disposto dalla normativa, il personale sanitario non sembrava effettuare almeno una visita giornaliera alle persone detenute in isolamento, mentre lo psichiatra, secondo quanto è stato riferito durante la visita, è solito intervenire solo su richiesta. I passaggi della sezione sono spazi estremamente angusti ad uso singolo, costituiti da alti muri su tre lati, una grata sul lato di accesso, mentre il soffitto è aperto.

Anche le condizioni all’interno della sezione di isolamento della Casa circondariale “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere presentano numerose criticità.2) Lo stesso è stato riportato via lettera all’Ufficio del Difensore Civico di Antigone da un detenuto recluso nella sezione Danubio dell’istituto in questione per non meglio esplicitati “motivi di sicurezza e protezione”:

Mi trovo detenuto in una cella di circa 10 metri quadri, nella sezione Danubio, considerata area di punizione, con un’altra persona, anche se la cella è idonea solamente per una persona ed è priva di tutto. Le condizioni igienico sanitarie di questa sezione sono ridotte ai minimi termini. La notte siamo invasi da topi, scarafaggi e zanzare. Fuori dalla finestra, che affaccia al piano terra, si presenta uno sversatoio di immondizia proveniente dai piani superiori, che permane da mesi. Non si comprende perché questa sezione è completamente isolata dalla visione degli agenti; da ciò ne consegue che per un intervento bisogna chiamare a squarciagola per vari minuti […] A ciò si aggiunge che si ha diritto a due ore di passeggio la mattina e due al pomeriggio, anche se spesso questi orari non vengono rispettati. In questi pseudo camminamenti (tipici del 41-bis) , caratterizzati da muri di cemento alti molti metri, non sono previsti servizi igienici, né panche per sedersi.

Oggi l’isolamento si presenta come uno strumento ibrido, attraverso il quale l’amministrazione è in grado di gestire i soggetti che più incarnano la marginalità sociale e penitenziaria

Se tradizionalmente, quindi, lo spazio di isolamento era dedicato a quelle persone che a causa della loro condotta penitenziaria venivano sanzionate disciplinarmente, oggi l’isolamento si presenta come uno strumento ibrido, attraverso il quale l’amministrazione è in grado di gestire i soggetti che più incarnano la marginalità sociale e penitenziaria (Cullen e Pretes, 2000). Nell’immaginario comune i detenuti sottoposti a misure di isolamento sono i detenuti più pericolosi, colpevoli di crimini efferati o che rappresentano un pericolo per la sicurezza. Ebbene, sul piano reale la situazione presenta elementi di maggiore complessità. Attualmente i fattori che determinano la pericolosità sembrano in realtà tradursi in fattori di vulnerabilità. Le pratiche informali di isolamento, quindi, si estendono e si moltiplicano per facilitare la gestione dei detenuti problematici, che finiscono per rappresentare un ostacolo al mantenimento dell’ordine all’interno delle sezioni ordinarie. Spesso, la problematicità è determinata, come è stato descritto in precedenza, da forme di disagio psichico o dall’incapacità di affrontare quelli che Sykes definiva “i dolori della carcerazione” (1971). L’isolamento sembra quindi configurarsi come la risposta per quei detenuti che non sono in grado di “farsi la galera” (Kalika e Santorso, 2018), nel senso che faticano ad adattarsi alle logiche proprie del penitenziario.

Le sezioni di isolamento tradizionalmente sono anche i luoghi prescelti per la violazione dei diritti umani. Dall’analisi dei casi presi in carico dall’Ufficio del Contenzioso di Antigone emerge, infatti, come siano quasi sempre gli spazi di isolamento a fare da scenario agli episodi di violenza da parte degli agenti sui detenuti.3)

All’interno del procedimento per i fatti avvenuti presso la Casa di reclusione di Asti nel dicembre 2004 il giudice, ricostruendo il luogo delle torture afferma: “si trattava di inserire il detenuto in un determinato reparto dell’istituto, che per il suo posizionamento nell’edificio e per le particolari cautele legate al suo regime consentiva di agire in violazione delle regole imposte senza che potessero essere frapposti impedimenti da altri detenuti o da personale ligio al proprio dovere istituzionale”. Si trattava, appunto, del reparto di isolamento.

Nell’ambito del processo per le violenze avvenute nell’aprile del 2020 presso la Casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere – il più grande processo per totura d’Europa – dodici agenti della polizia penitenziaria sono imputati per cooperazione nell’omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine, di 28 anni, collocato nella sezione di isolamento (reparto Danubio) subito dopo il pestaggio avvenuto a seguito dell’insorgere delle proteste per la gestione dell’emergenza sanitaria causata dal covid-19. Lakimi Hamine venne poi trovato morto il 4 maggio 2020.

E ancora, nel settembre 2023 il Tribunale di Siena ha pubblicato le motivazioni della sentenza di primo grado di condanna di cinque agenti penitenziari per aver inflitto torture a un detenuto tunisino nell’istituto di San Gimignano nel 2018. Anche in questo caso, il luogo delle torture è risultato essere il reparto di isolamento.

Infine Antigone nell’ottobre del 2019 ha presentato un esposto per denunciare la morte del detenuto Sharaf Hassan presso la sezione di isolamento della casa circondariale di Viterbo, per cui attualmente risultano imputati per omicidio colposo il dirigente medico, il medico, il Direttore e un agente dell’istiuto.

Le Linee Guida mirano a colmare il divario tra quanto emerge dalla prassi a livello mondiale e quanto disposto dal diritto internazionale dalla letteratura medica sui danni causati dalla detenzione in isolamento

Le Linee Guida Internazionali sulle Alternative all’Isolamento Penitenziario

La consapevolezza circa le molteplici criticità che presenta l’isolamento penitenziario, oltre ai danni psico-fisici estremamente gravi che può provocare, circa due anni fa ha portato Antigone, in collaborazione con Physicians for Human Rights Israel, a convocare un gruppo di esperti in ambito penitenziario per discutere di isolamento dato che rappresenta uno dei principali fenomeni del carcere contemporaneo a livello globale, ma soprattutto per elaborare delle alternative concrete a questa pratica così antica, quanto dannosa. Il risultato di questo gruppo di lavoro è stata la pubblicazione delle Linee Guida Internazionali sulle Alternative all’Isolamento Penitenziario, accompagnate da un Documento di Contesto. Le Linee Guida mirano a colmare il divario tra quanto emerge dalla prassi a livello mondiale e quanto disposto dal diritto internazionale dalla letteratura medica sui danni causati dalla detenzione in isolamento4), presentando alcune misure che possono contribuire a ridurre e infine abolire questa pratica. Il documento vanta la firma di numerosi esperti, tra cui l’ex Relatore Speciale sulla tortura, il professor Juan Méndez e l’ex presidente del CPT e Garante nazionale delle persone private della libertà personale, il professor Mauro Palma. Le Linee Guida sono già state presentate al CPT al Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Alto Comissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e al Comitato internazionale della Croce Rossa. La diffusione delle Linee Guida e la raccolta di firme mirano a garantire che le sue disposizioni siano adottate dalle istituzioni internazionali, entrando a far parte dei riferimenti di soft law.

Gli esperti che hanno collaborato all’elaborazione delle Linee Guida hanno osservato come le amministrazioni penitenziarie di tutto il mondo ricorrano sempre più spesso all’isolamento per gestire individui con problemi psichiatrici e disabilità mentali. Il ricorso all’isolamento appare connesso all’assenza generale di trattamenti psichiatrici e psicologici e alla mancanza di programmi di riabilitazione ed educazione. L’insufficienza dei servizi sanitari contribuisce al deterioramento dei problemi di salute mentale, mentre la mancanza di programmazione porta all’ozio, all’incapacità di scaricare le tensioni e a sentimenti di disperazione inerenti alla prospettiva di vita successiva al rilascio. Queste conseguenze conducono ad una maggiore violazione delle regole penitenziarie e, di conseguenza, alla violenza (Kupers, 2015) e quindi a un maggiore ricorso all’isolamento.

Da questo quadro emerge come a livello globale le unità di isolamento si stiano progressivamente allontanando dall’ideale riabilitativo, configurandosi come luoghi di deposito privi di ogni pretesa di autotrasformazione per i detenuti che li abitano (Rhodes, 2004, p. 16).

È importante sottolineare che il punto di vista degli esperti nel ragionamento che ha portato alle Linee Guida non guarda al fenomeno dell’isolamento come qualcosa di isolato, ma piuttosto come la conseguenza di carenze strutturali più ampie che affliggono il sistema carcerario

È importante sottolineare che il punto di vista degli esperti nel ragionamento che ha portato alle Linee Guida non guarda al fenomeno dell’isolamento come qualcosa di isolato, ma piuttosto come la conseguenza di carenze strutturali più ampie che affliggono il sistema carcerario. In questo senso, la crescente presenza di individui con disturbi psichiatrici all’interno delle carceri è solo una delle cause che possono contribuire a spiegare la collocazione delle persone in isolamento. Per comprendere appieno le ragioni alla base dell’applicazione dell’isolamento è necessario considerare anche fenomeni sistemici quali il sovraffollamento, la mancanza di un’adeguata assistenza per la salute mentale, l’ approccio punitivo nella gestione degli istituti penitenziari, l’incarcerazione di massa e la criminalizzazione delle popolazioni più vulnerabili.

Le Linee Guida si strutturano in quattro sezioni ed un’appendice: nella prima sezione vengono indicate alcune misure in grado di documentare e monitorare la pratica dell’isolamento, essendo questo il primo passo per comprendere in profondità il fenomeno. Il successivo step consiste nell’evitare l’imposizione dell’isolamento, favorendo l’applicazione di misure alternative, come ad esempio l’esecuzione della sanzione disciplinare presso la cella del detenuto (evitando il trasferimento in un’altra sezione), la separazione del detenuto responsabile dell’alterazione dell’ordine per un massimo di dodici ore e l’utilizzo di tecniche di de-escalation. Modalità alternative devono essere individuate anche per l’isolamento imposto per ragioni di sicurezza, giudiziarie e anche quando è lo stesso detenuto a farne richiesta. Inoltre, nel tentativo di ridurre al minimo l’isolamento, fino ad abolirlo, un ruolo centrale è ricoperto dalla realizzazione di piani di trattamento individualizzati e dalla formazione del personale penitenziario, volta soprattutto a comprendere le particolari circostanze sociali delle persone detenute (Stroppa e Moss, 2023).

Gli effetti della riorganizzazione del circuito di media sicurezza

Sulla scia dell’idea per cui gli spazi dell’isolamento si stanno progressivamente differenziando e moltiplicando, riprendendo l’analisi specifica degli istituti di confine rispetto all’isolamento nel contesto penitenziario italiano, meritano particolare attenzione le cosiddette sezioni ex art. 32 del Regolamento di Esecuzione Penitenziaria (d’ora in poi r.e.). Sempre più spesso, infatti, situazioni di isolamento di fatto si realizzano nelle sezioni ex art. 32, le quali si configurano come una sorta di circuito informale e sono destinate a coloro che “abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni” (art. 32 comma 1 r.e.). Tali sezioni sono state oggetto di intervento da parte della circolare DAP n. 3693/6143 del 18 luglio 2022, che più in generale indica le direttive per il rilancio del regime e del trattamento penitenziario per il circuito della media sicurezza, il quale ospita più del 70% della popolazione detenuta complessiva. La suddetta circolare sancisce una stretta correlazione tra l’andamento trattamentale e la maggiore o minore apertura delle celle, nonostante lo standard di apertura delle celle per almeno otto ore per sia quello previsto dal CPT, come sottolineato dal Garante nazionale (2023).

Nello specifico la circolare, pur prevedendo un minimo di otto ore di apertura nelle sezioni ordinarie e un minimo di dieci nelle sezioni a trattamento intensificato, nel definire il regime penitenziario delle sezioni ex art. 32, si limita a prevedere che sia «garantito quantomeno il tempo di permanenza all’aperto nei limiti ordinamentali previsti dall’art. 10 Ord. Pen.», ovvero una permanenza «all’aria aperta per un tempo non inferiore alle quattro ore al giorno». Sebbene non si stia parlando formalmente di isolamento, risulta evidente una tendenza alla chiusura che caratterizza oggi il sistema penitenziario italiano, in barba ai principi di sorveglianza dinamica che faticosamente si sono imposti a seguito della sentenza Torreggiani. Alla luce delle nuove disposizioni introdotte, la possibilità di accedere al trattamento e, quindi, di partecipare alle attività (studio, lavoro, attività culturali, sportive e ricreative), sembra sempre più configurarsi come un meccanismo premiale (cfr. Mosconi e Pavarini, 1993) e non già come base fondante dell’intero sistema di esecuzione penale.

Le sezioni ex art. 32 sembrano rappresentare per l’amministrazione una sorta di alternativa informale all’isolamento, in grado di sottrarsi ai meccanismi di controllo e di garanzia previsti per l’imposizione di sanzioni disciplinari

La circolare definisce le tipologie di sezioni previste nel circuito di media sicurezza: le stanze per l’accoglienza, per periodi di tempo molto brevi; le sezioni a custodia attenuata; le sezioni di preparazione al trattamento intensificato, che vengono così a rappresentare le sezioni “ordinarie”; le sezioni a trattamento intensificato; le sezioni di isolamento ex art. 33 o.p. e le sezioni ex art. 32 r.e.. Nonostante sicuramente siano caratterizzate da un minor livello di afflittività, le sezioni ex art. 32 sembrano rappresentare per l’amministrazione una sorta di alternativa informale all’isolamento, in grado di sottrarsi ai meccanismi di controllo e di garanzia previsti per l’imposizione di sanzioni disciplinari, come l’isolamento. Infatti, la collocazione in una sezione ex art. 32 r.e. è ricorribile solamente attraverso il rimedio generico ex art. 35 o.p..

Sebbene l’obiettivo dichiarato della circolare sia superare la dualità tra custodia aperta e custodia chiusa, ai fini di garantire il trattamento individualizzato, il modello di chiusura sembra essersi affermato, configurando le occasioni di apertura come una residuale eccezione. Il Garante nazionale ha pubblicato uno studio relativo all’impatto della circolare 3693/6143 sull’organizzazione del circuito di media sicurezza (2023). Dai dati rilevati dal Garante nazionale nei quattro provveditorati in cui è stata avviata la sperimentazione della circolare (Campania, Lombardia, Sicilia e Triveneto) tra il 19 luglio 2022 ed il 22 dicembre 2022 è emerso che le sezioni a custodia aperta sono diminuite di 44 unità, mentre quelle a custodia ordinaria sono aumentate di 79 unità. Il numero complessivo di detenuti assegnati alle sezioni a custodia aperta è complessivamente diminuito di 9.750 unità, essendo passato da un totale di 12.033 del mese di luglio a 2.283 del mese di dicembre, mentre, nello stesso periodo, è aumentato di oltre 7.000 unità il numero di persone detenute ristrette in sezioni a custodia chiusa (+7.074). Nel periodo di sperimentazione, inoltre, sono state aperte 107 sezioni a trattamento intensificato e sono aumentate di 5 unità le sezioni ex articolo 32 r.e. (Garante nazionale, 2023, pp. 20-22).

L’analisi della serie storica dal 2019 al 2023 mostra un andamento crescente delle persone detenute assegnate alle sezioni a custodia chiusa, con un picco nell’anno 2022 e un aumento a giugno 2023 di oltre 5.500 persone (da 17.305 a 23.387) e una parallela diminuzione delle persone assegnate alle sezioni a custodia aperta che sono più che dimezzate, passando da un totale di 32.643 nel 2019 per scendere progressivamente a 28.109 persone nel 2022 e a più che dimezzare nei primi sei mesi del 2023 (con un totale di 13.813 persone) .

Dall’attività di monitoraggio svolta dagli osservatori di Antigone durante il 2023 emerge una situazione piuttosto disomogenea rispetto al livello di implementazione della circolare che mira a riorganizzare il circuito della media sicurezza e, di conseguenza, sul livello di apertura e chiusura delle sezioni. Presso la Casa circondariale di Varese, al momento della visita le celle risultano chiuse in tutte le sezioni. Lo stesso è stato rilevato presso la Casa circondariale di Matera dove le sezioni erano sostanzialmente sempre chiuse eccetto che per le ore d’aria. Anche nella Casa circondariale di Napoli Poggioreale, ad eccezione del padiglione Genova e del piano terra del reparto Firenze, le sezioni risultavano tutte chiuse al momento della visita. Parimenti nella Casa circondariale di Vicenza nelle due sezioni per detenuti comuni presenti nel vecchio padiglione le celle erano tutte chiuse. In una delle due non era neppure prevista la socialità in saletta, ma solo l’ora d’aria.

In merito alle sezioni ex art. 32 r.e. in molti istituti è stato rilevato come tali sezioni si siano adeguate alle direttive della nuova circolare, in altri, invece, tali sezioni sono in fase di abilitazione

In merito alle sezioni ex art. 32 r.e. in molti istituti è stato rilevato come tali sezioni si siano adeguate alle direttive della nuova circolare, in altri, invece, tali sezioni sono in fase di abilitazione. Presso la Casa circondariale di Modena la sezione ex art. 32 r.e. è una sezione chiusa, destinata a coloro che pongono in essere condotte pericolose o che rischiano di esserne destinatari. Esiste la possibilità di fare quattro ore d’aria e quattro ore di socialità ma vi sono spesso problemi di incompatibilità tra detenuti, per cui spesso i detenuti non usufruiscono di questa possibilità. Per quanto attiene la sezione art. 32 della Casa di reclusione di Parma, nel corso della visita è stata registrata una certa perplessità da parte di alcuni agenti di polizia penitenziaria. La sua ampiezza indurrebbe il trasferimento a Parma di molte persone problematiche e riottose, soprattutto a fronte della mancata o ridotta implementazioni di sezioni simili negli altri istituti della regione.

La generale tendenza alla chiusura che si sta verificando nel sistema penitenziario italiano riguarda anche spazi che dovrebbero essere estranei a questa logica; è il caso della sezione dedicata ai nuovi giunti della Casa circondariale Rocco d’Amato di Bologna, in cui le celle sono aperte solamente per quattro ore al giorno. Altri spazi in cui sono state registrate chiusure eccessive, financo situazioni di isolamento di fatto, sono i reparti di infermeria, alcune Articolazioni per la Tutela della Salute Mentale (ATSM), certi settori delle sezioni in cui vengono collocati i detenuti destinatari di un provvedimento di sorveglianza particolare ex 14-bis o.p., per non parlare poi degli ergastolani in isolamento diurno ex art. 72 del Codice Penale, per i quali è previsto l’isolamento a tutti gli effetti, anche dal punto di vista formale.

Con il presente contributo si è tentato di ricostruire i principali luoghi di chiusura all’interno del carcere contemporaneo in Italia; sia quelli formalmente riconosciuti tali (l’isolamento), sia quegli spazi che, per far fronte ad esigenze di gestione delle vulnerabilità della popolazione penitenziaria, sono progressivamente investiti da questa tendenza di chiusura.

Studiando il carcere e monitorando le condizioni di detenzione e lo status dei diritti delle persone private della libertà si ha l’occasione di comprendere le dinamiche proprie di una comunità peculiare, definita, in tutti i sensi ristretta. All’interno degli studi di sociologia carceraria è però ampiamente riconosciuto come il carcere si configuri come un “osservatorio privilegiato” (Vianello, 2021). Ma un osservatorio privilegiato rispetto a cosa? Alla società tutta. I cambiamenti che avvengono all’interno del sistema-prigione solitamente anticipano tendenze, disposizioni e orientamenti che in realtà riguardano e caratterizzano la società “libera”. Anche per questo l’utilizzo dell’isolamento e la diffusione di logiche di chiusura all’interno delle prigioni italiane dovrebbe preoccupare tutti e tutte noi.

Bibliografia

Beetham, D., (1991), The Legitimation of Power, London, Macmillan.

Cullen, B. T., Pretes, E. M., (2000), The Meaning of Marginality: Interpretations and Perceptions in Social Science, The Social Science Journal, 2, pp. 215-29.

Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (2023), Studio del Garante nazionale sull’applicazione sperimentale delle nuove direttive per il circuito di media sicurezza, https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/dee1ea56980e51510977efddc778c0e0.pdf .

Kalika, E., Santorso, S., (a cura di) (2018), Farsi la galera. Spazi e culture del penitenziario, Verona, Ombre corte.

Kupers, T., (2015), A Community Mental Health Model in Corrections, Stanford Law & Policy Review, 26 (119).

Maculan, A., Sterchele L., (2022), The “left” and “right” arm of the prison: Prisonwork and the local legal culture of the penitentiary, Oñati Socio-Legal Series 12 (6), pp. 1492-1517.

Mosconi G., Pavarini M. (1993), Discrezionalità e sentencing giudiziario in Italia. La flessibilità della pena in fase esecutiva nell’attività dei tribunali di sorveglianza, Dei delitti e delle pene, 3, pp. 149-190.

Rhodes, L., A., (2004),. Total confinement. Madness and reason in the maximum security prison, Berkley and Los Angeles, University of California Press.

Rivera Beiras, I. (2023), La cuestión carcelaria. La pena legal y la pena real, Valencia,Tirant lo Blanch.

Stroppa R., Moss D., (2023), Introducing the Internacional Guiding Statement on Alternatives to Solitary Confinement, Torture Journal, 33 (3), pp. 113-119.

Sykes, G., (1971), The society of captives: a study of a maximum security prison, Princeton, Princeton University Press.

Verdolini, V., (2022), L’istituzione reietta. Spazi e dinamiche del carcere in Italia, Roma, Carocci Editore.

Vianello, F., (2021). Sociologia e critica della pena detentiva, Meridiana, 101, pp. 127- 144.

References

References
1 Sul punto si veda il tema del Rapporto: Isolamento ed eventi critici.
2 Su questo tema si veda il contributo: Isolamento ed eventi critici.
3 Un altro elemento che è stato spesso riscontrato in questi casi è la mancata refertazione delle lesioni subite dal detenuto da parte del personale medico.
4 Nelle Linee Guida si legge: “Gli impatti psicologici dell’isolamento spaziano da uno stato di confusione e incapacità di concentrazione ad allucinazioni e paranoia, depressione e ansia, disturbo da stress post-traumatico (PTSD), pensieri suicidi, maggiore rischio autolesivo e suicidario (Shalev, 2008, p. 20; Haney & Lynch, 1997; Haney, 2003, p. 134; Kaba et al., 2014; Reiter et al., 2020). I sintomi fisiologici includono problematiche cardiovascolari e gastrointestinali, emicranie, deterioramento della vista, affaticamento e dolori muscolari (Smith, 2006, p. 477, Strong et al., 2021). L’isolamento, inoltre, provoca e aggrava le disabilità mentali (Raemisch, 2017). Le conseguenze dell’isolamento dipendono da fattori individuali e ambientali e possono iniziare a manifestarsi anche dopo diversi giorni. Può configurarsi l’eventualità che si ripercuotano sugli individui anche molto tempo dopo la conclusione del periodo in isolamento fino a cronicizzarsi, permanendo anche per molti anni (Wildeman & Andersen, 2020; Kupers, 2016, 2017)”.