Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione

Medie sicurezze: spunti comparativi dagli osservatori di Campania ed Emilia-Romagna

Medie sicurezze: spunti comparativi dagli osservatori di Campania ed Emilia-Romagna

Medie sicurezze: spunti comparativi dagli osservatori di Campania ed Emilia-Romagna

1024 538 Ventesimo rapporto sulle condizioni di detenzione

Valerio Pascali, Luigi Romano, Raffaele Tartaglia 1)

Medie sicurezze: spunti comparativi dagli osservatori di Campania ed Emilia-Romagna

Le sezioni di media sicurezza risultano sistematicamente più affollate: qui si concentrano il disagio e la sofferenza di detenuti stranieri e dei soggetti più emarginati

La media sicurezza tra custodia e trattamento

Il sistema penitenziario è organizzato in circuiti differenziati, normati non da leggi dello Stato ma da circolari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (da qui DAP), che dividono le ‘carriere detentive’ in relazione al reato commesso e ad altre caratteristiche socio-giuridiche. Ciò rileva in virtù del fatto che le condizioni di detenzione non dipendono solo dal numero delle persone ristrette e dalle loro caratteristiche, ma anche da come queste sono ristrette. Il come dipende strettamente dal dove. In tal senso esistono i circuiti cosiddetti di Alta sicurezza, suddivisi in Alta Sicurezza 1 (AS1) destinata a detenuti appartenenti ad associazioni mafiose che hanno ottenuto la possibilità di uscire dal regime del 41BIS, in Alta Sicurezza 2 (AS2) circuito nel quale sono collocati coloro che sono ritenuti responsabili di condotte con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e in Alta Sicurezza 3 (AS3) in cui vengono collocati soggetti facenti parte di organizzazioni nazionali o internazionali dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti. La diversa collocazione nell’uno o nell’altro circuito di AS si basa sul diverso grado di pericolosità attribuito ai soggetti ivi ristretti e risponde ad esigenze di sicurezza. Giova precisare che all’interno dei circuiti appena richiamati è collocata una parte minoritaria della popolazione ristretta, in quanto è in quelli di Media Sicurezza, riservata ai detenuti comuni, che è presente la maggioranza della popolazione detenuta. Le sezioni di media sicurezza risultano sistematicamente più affollate: qui si concentrano il disagio e la sofferenza di detenuti stranieri e dei soggetti più emarginati. In altre parole, è in questo ampio circuito che si riscontrano spesso le condizioni di detenzione più critiche e problematiche.

Il circuito della media sicurezza rappresenta il circuito penitenziario di maggiore rilevanza dal punto di vista del numero di detenuti che vi sono inseriti; ed è quello maggiormente interessato dagli interventi che, sul piano organizzativo, si sono succeduti nel corso degli ultimi anni. L’emergenza sanitaria ha congelato, in ragione delle limitazioni imposte, il processo di riorganizzazione necessario per dare uniformità all’esecuzione della pena detentiva. Il suo progressivo superamento offre, oggi, l’opportunità di procedere a una nuova organizzazione del circuito della media sicurezza al fine di garantire un’esecuzione della pena che sia costituzionalmente orientata e che, sul piano operativo, presenti caratteri omogenei su tutto il territorio nazionale.

Questa è la premessa con cui si apre la circolare n. 3693/6143 del 18 luglio 2022, emanata dal DAP in materia di media sicurezza, che mira a ridisegnare la geografia dei cosiddetti circuiti penitenziari. Tale riorganizzazione prevede differenti tipologie di sezioni così divise: stanze per l’accoglienza, individuate secondo i flussi di ingresso, destinate ad alloggiare le persone detenute provenienti dalla libertà o da altro istituto, ove non sia possibile l’inserimento immediato nelle sezioni ordinarie; sezioni ordinarie (di preparazione al trattamento intensificato) per coloro i quali sono ritenuti incompatibili con «margini di maggiore libertà e autodeterminazione nella vita comunitaria»; sezioni ordinarie a trattamento intensificato, destinate all’assegnazione dei detenuti idonei ad essere ammessi ad attività che implicano maggiori esigenze di movimento e di permanenza fuori dai reparti detentivi; sezioni ex art. 32 d.P.R. 230 del 2000, riservate ai detenuti il cui comportamento richiede standard di sorveglianza e sicurezza elevati; sezioni di isolamento ex art. 33 cui vengono assegnati i detenuti posti in isolamento giudiziario, sanitario o disciplinare.

Il provvedimento, in sostanza, individua sezioni differenziate a seconda del diverso grado di adesione al programma trattamentale, quindi sulla base di una valutazione che tenga conto anche delle capacità del singolo di aderire alle regole della galera2).

Effetto tangibile di tale riorganizzazione è una sostanziale polarizzazione dei circuiti tra sezioni squisitamente custodialistiche, per le quali è prevista l’apertura delle celle per 8 ore al giorno – ma il detenuto è di fatto sottoposto ad un regime chiuso non avendo la possibilità di muoversi liberamente o stazionare all’interno della sezione – e sezioni più improntate al trattamento, all’interno delle quali al detenuto è data maggiore autonomia di movimento ed è consentita una permanenza maggiore fuori dalle celle, pari a non meno di 10 ore al giorno. Come anticipato, la circolare prevede l’inserimento nel circuito della media sicurezza delle sezioni di cui all’art. 32 reg. esec., all’interno delle quali vengono collocati – per almeno sei mesi – i detenuti per i quali l’amministrazione ritiene necessario adottare particolari cautele connesse al pericolo di atti (praticati o subiti) di sopraffazione o aggressione: questi soggetti sono dunque sottoposti a meccanismi di controllo costante e a una significativa limitazione della libertà di movimento. La collocazione della persona nei reparti ex art. 32 non corrisponde ad una sanzione disciplinare, bensì ad un provvedimento amministrativo, non soggetto né ai termini né al controllo giurisdizionale previsti per esempio per l’isolamento disciplinare.

I meccanismi di ascesa e discesa della collocazione del detenuto risultano esclusivamente legati al rispetto delle regole della vita in istituto

La circolare ridefinisce il comparto della media sicurezza con ricadute diverse in ogni ambito regionale. È evidente che una previsione di questo tipo incide significativamente su una differente redistribuzione di risorse dal punto di vista dell’offerta trattamentale e smaschera la sempre presente suddivisione dei detenuti tra “meritevoli” e “recalcitranti”, “trattabili” e “conflittuali”. Infatti, «l’assegnazione dei detenuti costituisce un eccezionale strumento di governo delle dinamiche penitenziarie3)», anche nei termini di un vero e proprio dispositivo di disciplinamento all’interno delle strutture penitenziarie, non certo inventato dalla circolare, ma che ora risulta formalizzato. I meccanismi di ascesa e discesa della collocazione del detenuto risultano esclusivamente legati al rispetto delle regole della vita in istituto, come tra gironi di un “purgatorio detentivo” nel quale viene addirittura introdotto un nuovo gradino più basso, la separazione cautelare utilizzata come step della progressione trattamentale. In sostanza, la riorganizzazione individua nella chiusura delle celle il sistema per «superare il dualismo tra custodia aperta e custodia chiusa», in un contesto nel quale torna a registrarsi un critico ed endemico aumento del sovraffollamento degli istituti che determina, conseguentemente, una drastica riduzione degli spazi vitali per le persone ristrette. In questo senso essa sembra porsi in parziale contraddizione con le disposizioni DAP che – a seguito della sentenza Torreggiani – avevano di fatto esteso l’orario di possibile deambulazione fuori dalle celle quantomeno all’intero comparto della media sicurezza, con evidenti finalità di decompressione. Tali disposizioni, pur evidenziando l’inconsistenza complessiva dell’offerta trattamentale (ossia delle occasioni di valorizzazione del tempo fuori dalle celle) e sollevando critiche da parte di alcune sigle sindacali della polizia penitenziaria che lamentavano un decadimento delle pratiche di controllo e sorveglianza nelle sezioni, avevano in qualche modo “rivoluzionato” la quotidianità detentiva per migliaia di persone private della libertà. Il ridimensionamento selettivo di questo margine di libertà può quindi essere inteso come fondamentalmente regressivo, proprio in una fase nella quale la pressione numerica sul sistema penitenziario evidenzia una tendenza consolidata alla crescita.

La riorganizzazione della detenzione comune in Campania

  • Piano normativo e concretezza della contenzione

Il meccanismo di disciplinamento della circolare si impernia principalmente su una delle declinazioni del principio di premialità. In sostanza il dispositivo prende vita con l’équipe di osservazione e trattamento, la quale seleziona i detenuti a seconda delle problematiche personologiche e delle difficoltà relazionali e, sulla base del principio della progressione trattamentale, li smista nei diversi piani del circuito. Il motore di propulsione della progressione trattamentale, però, può funzionare in ascesa soltanto qualora il rapporto tra pressione interna e offerta trattamentale segni un bilancio positivo, altrimenti la caduta è solo verso il basso, costringendo l’intero assetto regionale a cercare continuamente il punto di equilibrio contenitivo.

Questo ultimo obiettivo è predominante in Campania, soprattutto perché la riorganizzazione della media sicurezza ha nei fatti aumentato il numero dei detenuti in regime a custodia chiusa (a dicembre 2023 erano 3134 secondo la rilevazione del Garante Nazionale) a fronte della percentuale di detenuti in sezioni a custodia aperta passata dal 42,5% nel 2019 al 30,9% nel 2021, per poi crollare al 13,2% nel giugno 20234).

Un’offerta trattamentale e lavorativa insufficiente rispetto alla popolazione reclusa, la quale crea una strozzatura nell’accesso al trattamento avanzato

Tale quadro è generato da un’offerta trattamentale e lavorativa insufficiente rispetto alla popolazione reclusa, la quale crea una strozzatura nell’accesso al trattamento avanzato, aumentando la platea degli ultimi gironi del circuito. Complessivamente nel 2022 il numero di lavoratori assunti da imprese e cooperative esterne è stato 22 su un totale di 6.756. Sulla stessa linea di tendenza scorrono i numeri riscontrati nel 2023, che non segnano discontinuità significative. Riguardo all’offerta lavorativa, nel corso delle visite nel 2023, il nostro osservatorio ha, ad esempio, registrato che nel carcere di Benevento (377 detenuti reclusi a fronte di una capienza regolamentare di 261) soltanto 1 detenuto lavorava per datore esterno. Complessivamente i reclusi lavoranti per imprese e cooperative esterne sono scesi a 20 nel 2023 su una popolazione di oltre 7.000 detenuti.

Per quanto concerne il lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, accantonando il “lavoro parziale” impiegato per i “servizi di istituto” che coinvolge i detenuti in turnazioni brevi e continue per 1.469 posizioni (per la ciclica movimentazione interna il dato risulta sempre falsato), i posti regionali ammontato a 180 per le lavorazioni specifiche (sartoria, vivaio/serra, assemblaggio, riparazione componenti elettronici, autolavaggio, carrozzeria, fabbri, falegnameria, tipografia, produzioni alimentari…); 124 per manutenzione ordinaria dei fabbricati (che corrispondono ad altrettante lavorazioni qualificate) e 70 in art. 21 O.P. per lavori esterni all’istituto ovvero fuori dall’area detentiva. Quindi, un totale di 374 posti su una popolazione detentiva che al 31 dicembre 2023 era di 7.330 unità.

Stessa tendenza emerge dai numeri relativi ai corsi di formazione, 11 in totale attivati nel primo trimestre del 2023 per 130 detenuti partecipati. Chiaramente la distribuzione non è uniforme – non coprendo tutti gli istituti – e non sempre l’attivazione dei corsi comporta l’effettivo svolgimento. Infatti, quando siamo stati in visita alla casa circondariale di Bellizzi Irpino (AV), sono risultati attivi due corsi di formazione (uno per arbitri e l’altro di sartoria) ma non erano ancora partiti concretamente.

In termini generali, il dato dei partecipanti alle attività trattamentali è incerto, difficile da raccogliere. La discontinuità dei “frequentanti” – tendenza che registriamo in molti istituti campani – e l’instabilità dei progetti che si svolgono sono condizioni che non aiutano a raccogliere indicatori stabili. Tuttavia, in ogni istituto campano visitato abbiamo censito disparate tipologie di attività trattamentali, come il corso di catechismo – svolto anche on line durante le fasi più intense della pandemia da Covid-19 – nel carcere di Vallo della Lucania; molti laboratori teatrali, come quello di Exit che ha portato in scena al Teatro comunale di Benevento 6 donne recluse nel carcere sannita; il progetto sportivo di autodifesa svolto dal gruppo Antigone Campania nella casa circondariale di Pozzuoli che ha coinvolto in media 5/6 donne; il corso di yoga nella casa circondariale di Poggioreale. Sono soltanto alcuni esempi.

Tuttavia, confrontandosi con le comunità penitenziarie si raccolgono diversi dubbi e incertezze rispetto alla concreta potenzialità di recupero e risocializzazione che hanno le attività trattamentali. Da un lato si ha l’impressione che tali sforzi siano spesso meramente riempitivi di un quotidiano prettamente incentrato sulla reclusione pura; dall’altro, le attività si prestano con estrema semplicità a meccanismi di oggettivazione della persona destinataria, nonché a dinamiche propriamente istituzionali di reciproca strumentalizzazione tra operatore e detenuto. In ogni caso, rimangono esperienze necessarie anche solo per aprire le istituzioni carcerarie, contrastando la tendenziale opacità di questi spazi.

Il naufragio definitivo della riorganizzazione della media sicurezza emerge con maggiore evidenza quando l’ininfluente offerta trattamentale deve confrontarsi con la progressiva e strutturale “carcerazione di massa”

  • L’eccezione permanente delle sezioni ex art. 32

Il naufragio definitivo della riorganizzazione della media sicurezza emerge con maggiore evidenza quando l’ininfluente offerta trattamentale deve confrontarsi con la progressiva e strutturale “carcerazione di massa” che osserviamo oggi. Dall’aprile al dicembre 2023 siamo passati da 6.790 a oltre 7.300 detenuti, con un tasso di crescita regionale di circa 100 detenuti al mese (tendenza che sembra confermarsi in questo primo quadrimestre del 2024: al 31 marzo si contano infatti 7.514 detenuti)5).

Tale pressione, che in alcuni istituti diventa ancora più asfissiante a causa delle ristrutturazioni che diminuiscono la capienza già sovraffollata, rende completamente inefficaci i dispositivi previsti dalla circolare.

Dalle nostre osservazioni regionali abbiamo verificato in diverse occasioni che i reclusi spesso dimorano in questi spazi anche per un tempo indefinito

Nel contesto così delineato assumono un ruolo centrale le sezioni ex art. 32 d.P.R. 230/2000, ‘Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari’, che la circolare eleva a elementi strutturali nell’economia del circuito della media sicurezza. Cominciammo a registrare in regione Campania le implementazioni di questi reparti nel 2019, non riuscendo a cogliere in quel frangente l’importanza che avrebbero assunto dopo l’emergenza pandemica. La centralità di questi reparti (nel 2022 in aumento in Campania di due unità) è sottolineata direttamente dalla circolare: «l’involuzione del percorso trattamentale potrà prevedere, previa valutazione dell’équipe di osservazione e trattamento, la disposizione di rientro in Sezioni ordinarie, o, quando ne ricorrano le condizioni secondo quanto di seguito previsto, la assegnazione alle Sezioni previste dall’art. 32 reg. esec.». Tali assegnazioni dovrebbero costituire un’eventualità residuale e soprattutto in queste sezioni non dovrebbe realizzarsi la commistione tra chi sconta una sanzione disciplinare e gli altri detenuti assegnati a questi reparti. Tuttavia, dalle nostre osservazioni regionali abbiamo verificato in diverse occasioni che i reclusi spesso dimorano in questi spazi anche per un tempo indefinito, a volte prodromico al trasferimento per ordine e sicurezza, essendo parte di una platea di “ingestibili” sempre più ampia. Quando le possibilità di adesione ai piani trattamentali sono pochissime e il sovraffollamento erode le condizioni minime di vivibilità aumentando la conflittualità interna, questi “spazi ghetto” diventano snodi interessanti per mantenere l’equilibrio.

A fronte del consumo progressivo dei luoghi, le sanzioni disciplinari spesso si scontano in sezione, oppure vengono sospese in attesa di eseguirle in un momento diverso. La pressione antropica impone di raggruppare i soggetti che costantemente destabilizzano la sicurezza dell’istituto, soprattutto se la media sicurezza è progettata sulla base di un’adesione premiale al patto trattamentale. Sembra di assistere ad un cambiamento delle forme di governo e di disciplinamento dell’istituzione, in cui i meccanismi correzionali individualizzati perdono significato (contestazione – provvedimento cautelare – consiglio di disciplina – sanzione…), essendo forse il frutto di uno schema legislativo nato in un contesto storico profondamente diverso. In alcuni contesti l’isolamento dalla sezione rappresenta addirittura un miglioramento delle condizioni di vita, perché segna la fine della condivisione dello spazio del reparto e della cella sovraffollata (chiusa il più delle volte).
Quindi l’impressione è che gli operatori del settore debbano confrontarsi con gruppi aggregati o aggregabili sempre più ampi che affollano un’esecuzione penale dove i singoli rappresentano una dimensione marginale che risalta agli occhi solo quando l’assimilazione nei gruppi non è praticabile.

Nelle nostre visite ci rechiamo spesso in questi reparti in cui permangono anche soggetti non destinatari di una sanzione disciplinare, ma portatori di sofferenze di diversa natura

  • Territori indefiniti

Tali considerazioni aiutano a cogliere le trasformazioni delle camere destinate all’isolamento. Nelle nostre visite ci rechiamo spesso in questi reparti in cui permangono anche soggetti non destinatari di una sanzione disciplinare, ma portatori di sofferenze di diversa natura: perché temono la vita in comune di sezione o per altre ragioni o forme di incompatibilità. Registriamo questa tendenza anche nelle prime visite del 2024: nell’ultima, ad esempio, effettuata nel mese di aprile al carcere di Secondigliano, a fronte della presenza di 13 persone allocate nel reparto di isolamento, solo 2 scontavano una sanzione disciplinare e 5 di esse risultavano in regime ordinario. Nel mese di febbraio abbiamo visitato il carcere di Santa Maria Capua Vetere e anche in tale circostanza, al pian terreno del reparto Danubio (sezione destinata sia all’isolamento disciplinare che alla separazione per motivi cautelari ex art. 32 d.P.R. 230/2000, quindi il medesimo contesto spaziale assolve ad entrambe le funzioni), constatando la presenza di due persone straniere ristrette formalmente – secondo quanto riferito dal personale che accompagnava gli osservatori e le osservatrici – in regime di detenzione ordinaria.

Dunque, all’interno della ridefinizione dello spazio penitenziario della detenzione comune tali luoghi si presentano come zone cuscinetto, offrendo soluzioni stabili e/o momentanee per la gestione di tutto ciò che non riesce rientrare nella complessa circuitazione trattamentale. La rilevanza nevralgica di queste “paludi mobili” interessa tutto il circuito regionale perché attraverso questi spazi gli istituti, oltre al carico strutturale proprio, affrontano e progressivamente disciplinano le improvvise distribuzioni provenienti dagli altri istituti più affollati.

  • Conclusioni

Dunque, provando a tracciare delle linee preliminari conclusive, ci sembra che la circolare non riesca a realizzare i propositi politici dichiarati di una idea di pena improntata sul trattamento individualizzato e sul reinserimento sociale. Questo obiettivo finisce per infrangersi contro l’insufficienza cronica della reale offerta trattamentale regionale, l’allarmante incremento dei tassi di affollamento degli istituti e l’erosione delle condizioni esistenziali minime che registriamo negli istituti di pena. La percezione degli osservatori e delle osservatrici campani\e – che dovrà essere verificata nelle prossime visite e comparata con quella avvertita in altri contesti regionali – è che gli strumenti disposti dalla circolare finiscano per essere piegati all’esigenza di gestire la tensione interna. Quindi, la conservazione dell’ordine e della sicurezza appaiono come obiettivi predominanti nell’agenda penitenziaria.

La riorganizzazione della detenzione comune in Emilia-Romagna

L’Emilia-Romagna conta dieci istituti di pena per adulti sul suo territorio: le case circondariali di Bologna, Ferrara, Modena, Piacenza, Reggio Emilia, Forlì, Ravenna e Rimini, la casa di reclusione di Parma e la casa di lavoro di Castelfranco Emilia. A questi si aggiunge l’istituto penale per minorenni con sede a Bologna.

Quando ci si riferisce al comparto carcerario emiliano-romagnolo bisogna tener presente la fase altamente problematica, riferibile sostanzialmente agli ultimi cinque anni, che sta attraversando. Al centro di questo quinquennio si colloca naturalmente la crisi sanitaria dovuta al Covid-19, che ha sottoposto il sistema a sfide gestionali rilevantissime, concretizzatesi con molteplici restrizioni della quotidianità penitenziaria. Tale scenario è stato il detonatore delle rivolte che hanno investito la regione in maniera drammatica: ci riferiamo ai conflitti violenti che hanno riguardato gli istituti di Bologna, Ferrara, Reggio Emilia e, soprattutto, Modena. Strutture devastate, violenze, forme drammatiche di ripristino dell’ordine interno, 9 decessi di persone private della libertà nel solo carcere di Modena (alcuni dei quali a seguito di trasferimenti fuori regione).

La regione, inoltre, si conferma essere uno dei territori con il più alto numero di presenze, con un trend di graduale ma continua crescita delle persone detenute, confermato dai dati del Ministero della Giustizia: al 31.12.2022 erano 3.407 i detenuti presenti, di cui 153 donne distribuite all’interno delle cinque sezioni femminili di Bologna, Modena, Piacenza, Reggio Emilia e Forlì e 1.660 stranieri. Un anno più tardi si registrano 3.572 detenuti con un incremento pari a 165 unità, tra le quali 151 donne e 1.694 stranieri. La tendenza si conferma anche durante i primi tre mesi del 2024, sia pure con un incremento di pochissime unità. Sempre considerando i dati ufficiali, l’incremento generale delle persone detenute nell’anno 2023 (da 3.407 a 3.572) sfiora il 5%. I riflessi sul tasso di sovraffollamento conducono la regione Emilia-Romagna al 120%, contro il 117.5% della media nazionale.

È in un simile scenario che si innestano le previsioni contenute nella circolare in materia di riorganizzazione della media sicurezza, la cui applicazione all’interno del comparto penitenziario regionale, come osserveremo di seguito attraverso le note sui singoli istituti derivanti dalle ultime visite delle osservatrici e degli osservatori della sede regionale di Antigone, appare disomogenea.

Bologna

Il carcere di Bologna è una casa circondariale che al momento dell’ultima visita ospita 810 persone detenute su una capienza regolamentare di 500 posti. 535 persone hanno una condanna definitiva, 409 sono stranieri/e, 73 sono donne. Al piano terra sono in corso lavori di ristrutturazione finalizzati a dotare le celle di docce al loro interno. Lì sarà collocata la nuova sezione ex art. 32. Prima quei locali erano destinati ai nuovi giunti, oggi spostati al primo piano. In generale, la situazione tra le sezioni risulta particolarmente disomogenea: il “clima” appare più disteso in alcuni reparti a “trattamento avanzato”, mentre una situazione decisamente più problematica si percepisce in alcuni spazi destinati al “trattamento ordinario”, con diverse celle completamente buie e silenziose. Durante la visita si sono riscontrate le prime applicazioni della circolare sulla media sicurezza: nello specifico i detenuti della sezione 1C trascorrono fuori dalle celle solo le 4 ore d’aria previste, così come quelli della sezione GS; quelli della sezione 2B a “trattamento ordinario” e quelli in Alta Sicurezza (sezioni 3C e 3D) hanno 4 ore d’aria e altre 4 ore in cui possono chiedere di uscire dalle celle per andare nelle salette, ma non possono sostare in corridoio.

Ferrara

L’istituto si presenta in condizioni più che discrete, particolare cura è dedicata alla pulizia degli ambienti. La differenziazione dei circuiti che caratterizza l’istituto (media sicurezza, AS2, collaboratori di giustizia, congiunti dei collaboratori di giustizia, “protetti”) rende complessa la gestione delle attività, per via delle istanze di separazione tra i detenuti delle diverse sezioni e del significativo sottorganico di polizia. L’orientamento della direzione sarebbe quello di garantire il trattamento intensificato a tutte le sezioni comuni tranne che “per una o due sezioni che resteranno chiuse”. Sulle sezioni ex art. 32 “volute dal DAP”, si esprimono alcune riserve: “Al di là delle 3 stanze che abbiamo a disposizione, al momento preferiamo applicare il regime ex art. 32 per 3 o 4 giorni alle singole sezioni, se i guai riguardano la maggioranza dei detenuti”.

Piacenza

Al momento dell’ultima visita (19 dicembre 2023), nella Casa Circondariale di Piacenza erano presenti 408 detenuti su 416 posti disponibili. Si tratta di uno dei pochi istituti della Regione non gravato da problemi di sovraffollamento, anche se la disponibilità di posti determina numerosi trasferimenti in ingresso, in special modo a carattere disciplinare. Problematici l’elevato turn over e il gran numero di detenuti giovani e detenuti con condanna definitiva (326). Nell’istituto è presente una sezione femminile di circuito AS che al momento della visita ospitava 19 detenute (18 delle quali in AS3 e 1 in AS2) e una sezione (al suo interno sovraffollata) di detenuti “protetti” (sotto processo o condannati per reati di tipo sessuale). Nel carcere di Piacenza è stata applicata la nuova circolare sulla media sicurezza prevedendo, sia per i detenuti comuni che per i protetti, sotto-circuiti a trattamento avanzato e ordinario con degli spazi residuali dedicati al regime ex art. 32 op.

Reggio Emilia

L’istituto penitenziario di Reggio Emilia è sia casa circondariale che casa di reclusione. Al momento della visita, sono presenti 368 persone detenute, a fronte di una capienza regolamentare di 292 posti. I condannati in via definitiva sono 285 e gli stranieri presenti sono 201 (più del 50% delle presenze). Si tratta di un istituto particolarmente complesso, caratterizzato da una significativa circuitazione, che comprende l’articolazione per la tutela della salute mentale – ATSM (l’unica in Emilia-Romagna dedicata agli uomini, con 43 presenze su 45 posti disponibili), la sezione “Orione” per persone transgender (unica in Emilia-Romagna, che ospita attualmente 10 detenute) e un reparto femminile suddiviso a sua volta in una sezione per detenute comuni e una sezione Z per congiunte di collaboratori di giustizia, che al momento della visita ospitano rispettivamente 9 e 2 persone. Nel corso delle ultime visite dell’osservatorio regionale continua ad apparire in corso di realizzazione la riorganizzazione interna che dovrebbe dare attuazione alla circolare, ritenuta dal personale ascoltato di “difficile applicazione”. Si tratterà, infatti, di una nuova gestione che appare complicata soprattutto per il personale più giovane, abituato al regime a celle aperte. Come è emerso dall’ultima visita di giugno 2023, la nuova circolare non appare ancora applicata e non si rilevano pertanto delle modifiche sostanziali con riferimento alla media sicurezza. In quel momento “in corso” l’apertura la sezione ex art. 32 DPR 203/2000.

Forlì

Il carcere di Forlì è una piccola Casa circondariale collocata in centro città all’interno della Rocca di Rivaldino, risalente alla fine dell’800. Al momento della visita si registrano 147 persone detenute su una capienza regolamentare di 180 posti. Va peraltro considerato che durante la visita un’ala del terzo piano risultava inagibile a causa dei danni da infiltrazioni conseguenti all’alluvione di maggio 2023. L’istituto si compone di una sezione di media sicurezza maschile disposta su tre piani, una sezione per detenuti “protetti” in quanto autori di reati sessuali, una sezione per detenuti prossimi alla liberazione, ammessi al lavoro esterno (ex art. 21 o.p.) e semiliberi e una delle cinque sezioni femminili presenti in regione, che ospita 15 donne. All’interno del penitenziario è stata data attuazione alla circolare e, dunque, è stata individuata una sezione a trattamento ordinario (il primo piano della media sicurezza, dove, al di fuori della eventuale partecipazione alle attività, garantita per otto ore al giorno, le celle rimangono chiuse), mentre il resto dell’istituto (sezione Oasi, Orizzonti, femminile e i piani secondo e terzo della media sicurezza) è a trattamento intensificato e dunque le celle rimangono aperte per almeno otto ore al giorno e permettono libertà di movimento all’interno della sezione. Non è stata istituita una sezione ex art 32.

Ravenna

La Casa circondariale di Ravenna è un istituto di piccole dimensioni, al momento della visita vi sono ristrette 80 persone, di cui 52 condannate in via definitiva. L’istituto ravennate non ha attuato la circolare volta alla riorganizzazione della media sicurezza che dovrebbe essere applicata a partire dal mese di settembre 2023: si prevede di destinare il piano terra (attualmente dedicato perlopiù a condannati in via definitiva) alla sezione a trattamento intensificato e le due sezioni al piano superiore a trattamento ordinario. Non si fa riferimento a spazi da destinare al regime di cui all’art 32.

Rimini

Nel carcere di Rimini al momento della visita del dicembre 2023 sono ristrette 164 persone, di cui 100 condannate in via definitiva. Le persone straniere sono 83. L’istituto si compone di 5 sezioni detentive: la prima e la seconda sezione, benché collocate specularmente sullo stesso piano e con analoga composizione ( perlopiù riservate a detenuti definitivi) si presentano – come di consueto – rispettivamente in pessimo stato e in buone condizioni; la terza sezione è stata individuata da pochi mesi come l’unica sezione a “trattamento ordinario” e dunque le celle sono chiuse ad eccezione degli orari in cui si svolgono le attività; la quarta sezione, collocata al piano terra, è dedicata ai “nuovi giunti” ed è in regime aperto.

Parma

Con 708 presenze il carcere di Parma si conferma il secondo istituto della regione per presenze. L’istituto è suddiviso in tre padiglioni, dei quali uno destinato a detenuti in regime di 41 bis. Nel vecchio padiglione vi sono le sezioni dedicate all’isolamento e alle persone in regime di alta sicurezza (AS2 e AS3), ma anche sue sezioni di media sicurezza. Nel nuovo padiglione solo sezioni di media sicurezza, con ambienti molto luminosi e ben curati. Particolarmente tesa ci è apparsa la situazione nella sezione ex art.32: dotata di ben 25 camere detentive (50 posti letto), è la più grande della regione e riceve nell’ultimo periodo anche detenuti trasferiti da altri istituti: qui, il livello di conflittualità appare molto elevato, con incidenti che si verificherebbero quasi quotidianamente.

Modena

La casa circondariale di Modena nel 2023 registra un vistoso aumento delle presenze: ben 456 persone (80 in più rispetto alla nostra visita precedente di maggio 2022), di cui 268 stranieri. Sono 313 i condannati in via definitiva, ovvero quasi il 70% della popolazione detenuta. Nella sezione femminile erano ristrette 30 donne di cui 23 condannate in via definitiva. La presenza consistente (e in aumento) di persone con condanna definitiva anche lunga ostacola notevolmente la possibilità di fornire un adeguato supporto trattamentale. I detenuti che abbiano dimostrato maggiore capacità di autonomia e di adesione all’offerta trattamentale vengono collocati nelle sezioni a trattamento intensificato, ove vige un regime a celle aperte con più ampia possibilità di movimento. Gli altri vengono quindi collocati all’interno delle sezioni ordinarie. La circolare sulla media sicurezza non ha portato particolari novità all’interno del carcere di Modena. In questo istituto, infatti, era già utilizzato un modello che prevedeva la divisione tra sezioni ordinarie e a trattamento intensificato, mentre la sezione ex art. 32 è già in uso da diversi anni. Da segnalare anche un ulteriore differenziazione del regime ordinario: quello “proprio”, vale a dire chiuso, senza possibilità di transito in sezione, con possibilità di apertura 8 ore al giorno (4 ore d’aria e 4 per la socialità, in cella o nella saletta della socialità) e accesso 1 volta alla settimana al campo sportivo; e quello “intermedio”, con possibilità di apertura di 9 ore al giorno e accesso 2 volte a settimana al campo sportivo.

Conclusioni

Le visite effettuate nel corso del biennio 2022-24 nei penitenziari dell’Emilia-Romagna hanno permesso di individuare alcune applicazioni (tendenzialmente parziali) della circolare DAP che hanno ridimensionato la gestione a “regime aperto” nelle sezioni di media sicurezza. Tale livello di apertura risultava peraltro praticato anche in alcuni comparti destinati all’Alta Sicurezza. A livello generale, la transizione non appare ultimata, né le attività trattamentali risultano significativamente potenziate. Appare qui significativo osservare che le prime sperimentazioni della circolare sono state rilevate proprio all’interno del carcere modenese, dove già dal maggio 2022 – due mesi prima dell’emanazione della circolare in questione – era in atto la riorganizzazione interna dei circuiti tanto da potersi riferire ad un vero e proprio “modello Modena”, caratterizzato da un accesso graduale e su esplicita base premiale ai reparti “aperti” e caratterizzati da un’offerta trattamentale potenziata. Il modello in questione prevede una prima collocazione nella sezione nuovi giunti: all’esito della visita psicologica e sanitaria, lo staff opta per una collocazione diretta nelle sezioni ordinarie o per la permanenza “in accoglienza”. Successivamente l’équipe valuta almeno una volta al mese i criteri di condotta per il trasferimento in sezioni a trattamento intermedio o intensificato ma è possibile anche la retrocessione dal trattamento intensificato per “violazioni reiterate” del patto trattamentale.

Al di là delle mutevoli “vocazioni” dei singoli istituti, bisogna considerare che le condizioni di detenzione e i gradi di afflizione variano a seconda delle tipologie di sezione in cui le persone private della libertà vengono collocate. Queste tipologie erano e restano in parte definite a livello informale, ma attraverso la circolare n. 3693/6143 del 18 luglio 2022 il DAP ha tentato di istituzionalizzare la riorganizzazione del comparto della media sicurezza in senso disciplinare. Questo, che ospita l’ampia maggioranza dei detenuti anche in Emilia-Romagna, sarebbe ora differenziato sulla base di una graduazione tra detenuti considerati più o meno meritevoli di trattamento.

Gli istituti dell’Emilia-Romagna hanno avuto tempo di adeguarsi alla circolare fino a settembre 2023. Come osservatrici e osservatori di Antigone, abbiamo seguito con preoccupazione l’introduzione della circolare, temendo che la sua applicazione avrebbe comportato un cambiamento radicale – all’insegna dell’abbandono e della restrizione – della quotidianità detentiva per una buona parte dei detenuti, ovvero per quelli ospitati nelle sezioni ordinarie del comparto di media sicurezza. Nelle nostre visite – anche di mesi successive alla scadenza appena menzionata – abbiamo pertanto prestato particolare attenzione a questo elemento, riscontrando livelli applicativi piuttosto disomogenei. In altre parole, gli orientamenti informali che riflettono le scelte delle Direzioni e dei Comandi di polizia penitenziaria sembrano in grado di incidere variamente su questo contenuto di riforma, a volte accentuandone il portato regressivo, altre mantenendo spazi e tempi di apertura più consistenti.

References

References
1 Sebbene il presente contributo sia da considerarsi frutto di una riflessione comune, a Valerio Pascali vanno attribuiti i paragrafi 1 e 3, a Raffaele Tartaglia e Luigi Romano il paragrafo 2.
2 G. Torrente (2018), Le regole della galera, L’Harmattan Italia, Torino
3 G. Torrente (2018), Le regole della galera, p.34, L’Harmattan Italia, Torino
4 Cfr. D. de Robert, a cura di, Studio del Garante Nazionale sull’applicazione sperimentale delle nuove direttive per il circuito di media sicurezza on line: https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/dee1ea56980e51510977efddc778c0e0.pdf
5 L’incremento medio è di 67,5 detenuti ogni mese. Rispettivamente maggio +103, giugno +101, luglio +4, agosto +96, settembre +105, ottobre +80, novembre +24, dicembre +27. A nostro avviso queste discontinuità possono comportare difficoltà ancora maggiori di gestione, creando picchi critici di affollamento in un contesto che rimane, in ogni caso, di crescita complessiva.